Sono tre i giovani con disabilità intellettiva, due dei quali con sindrome di Down, assunti a tempo indeterminato dalla Società Dimar nello scorso mese di dicembre, in altrettante strutture della Provincia di Cuneo: Carina (32 anni) è stata assunta in un ipermercato di Alba, Fabio (26 anni) in un ipermercato di Bra, mentre Giorgio (20 anni) in un supermercato ad insegna Mercatò a Fossano.
Azienda con oltre 3.500 dipendenti, con sede a Cherasco (Cuneo), Dimar ha non solo sposato appieno la dimensione culturale dell’inserimento, ma ha voluto rilanciare attraverso il progetto denominato Dialogare con la disabilità: il valore della diversità, che ha fatto della buona riuscita dei giovani lavoratori un obiettivo aziendale.
I tre giovani avevano iniziato con un tirocinio attivato all’interno del Progetto VelA-Verso l’Autonomia, promosso, quest’ultimo, dalla Fondazione CRC (Cassa di Risparmio di Cuneo) e attuato dal Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino [se ne legga nel box in calce, N.d.R.], ed ora proseguono come lavoratori, con la supervisione e l’accompagnamento del Dipartimento stesso, che segue il follow-up dei progetti avviati. In particolare, ciascuna persona è stata seguita da un tutor, ognuno dei quali coordinato in un’équipe psicopedagogica.
Attraverso la collaborazione con la Società Dimar, gli inserimenti hanno sperimentato un modello basato non sui prerequisiti o sulla valutazione del giovane, ma sulla possibilità di formare e modificare i contesti lavorativi in termini di accessibilità, per mettere tutti i giovani con disabilità intellettiva in condizione di esprimere al meglio le loro potenzialità.
Nei percorsi di vita indipendente, in attuazione dell’articolo 19 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, portati avanti con il citato Progetto VelA, il lavoro ha avuto un ruolo fondamentale, catalizzando sogni e aspirazioni adulte. Di questo percorso Dimar è stata resa partecipe in modo sostanziale, riuscendo con successo ad allargare lo sguardo dalle competenze possedute o mancanti, per essere accompagnata a considerare il giovane inserito nella sua interezza e focalizzandosi in particolare sull’importanza che il lavoro avrebbe avuto nel suo personale percorso verso l’adultità.
L’accompagnamento ad opera del tutor educativo fornito dal progetto si è svolto certamente anche al fianco del giovane, ma ci si è concentrati in maniera particolare sul lavoro di modifica degli spazi, di messa a punto di sistemi iconografici, sulle strategie comunicative e sulla mediazione con i colleghi. Obiettivo del percorso di inserimento, infatti, non era quello di testare le capacità lavorative del ragazzo, ma di abituare i colleghi e le aziende a considerare l’intero ambiente lavorativo come aspetto prevalentemente influente, ai fini della possibilità del giovane con disabilità di essere un buon lavoratore.
Gli accompagnamenti, dunque, hanno visto un dialogo continuo e fluido tra azienda, lavoratori già assunti, famiglia e tutor lavorativo, volto a favorire l’inserimento del giovane, ma anche e soprattutto ad accompagnare un cambiamento culturale e di immaginario rispetto alle persone con disabilità intellettiva, che ricadesse sull’azienda e restasse patrimonio per il futuro.
Il tutor, quindi, si è mosso prevalentemente all’insegna di un lavoro “sullo sguardo”: spostando cioè il focus dalle competenze del tirocinante al contesto, insegnando ai colleghi a guardare il lavoratore come a un giovane adulto, facendo richieste adeguate, ma sempre autentiche. A tutti i colleghi, inoltre, sono stati offerti incontri formativi secondo piani personalizzati costruiti sulla base delle richieste e delle specificità di ogni contesto e il tutor ha supportato l’azienda – di concerto con gli altri lavoratori – nell’adattamento o nella costruzione di una mansione che fosse utile, effettiva e realizzabile.
Per sostenere il processo, va ricordato in conclusione, è stato messo a punto uno strumento dalle finalità sia di ricerca che operative, che in questi mesi il gruppo di lavoro sta sperimentando in altre aziende che lo hanno richiesto. Nel dettaglio, la metodologia è stata testata nel 2016 presso altre otto aziende del territorio cuneese (una lavanderia, una casa di riposo, un’azienda agricola, un self service, una cucina, due uffici e un distributore di vini), attraverso il tirocinio di otto giovani, di cui cinque sono stati contrattualizzati al termine dei sei mesi di prova.
E del resto, aiutare l’azienda a riflettere sul contesto, e non soltanto a mettere a fuoco le capacità e le incapacità della persona, appare deicsamente un risultato vincente: le aziende, infatti, sono state molto soddisfatte dei percorsi e ben lo dimostra il caso di Dimar, che ha assunto a tempo indeterminato tre tirocinanti su tre. «Siamo molto soddisfatti e orgogliosi – sottolinea in tal senso Clara Rocca, responsabile delle Risorse Umane di Dimar – del percorso condiviso con Carina, Fabio e Giorgio. La Dimar dell’era 3.0 mette la persona al centro, lavora per non lasciare indietro nessuno nell’ottica della promozione e sostegno del talento di ciascuno. Quando l’azienda, le istituzioni e il territorio lavorano in sinergia verso un obiettivo comune, si possono generare traguardi importanti, che contribuiscono all’evoluzione della persona, delle aziende e del Paese. Un risultato di grande valore per tutti».
Il nostro giornale ha seguito passo dopo passo il Progetto VelaA-Verso l’Autonomia, promosso nel 2014 dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo (CRC) e attuato dal Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino. Nella colonnina qui in alto a destra sono elencati i vari contributi da noi pubblicati, tra i quali suggeriamo in particolare Continua quel percorso verso l’autonomia, dedicato all’evento durante il quale, nel mese di dicembre del 2016, sono stati presentati i risultati dell’iniziativa.