«Il 7 gennaio scorso – si legge in una nota diffusa dalla LEDHA, la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – le locandine esposte davanti alle edicole della provincia di Mantova [in gergo giornalistico “civette”, N.d.R.] hanno esposto la testata del quotidiano “La Voce di Mantova” con questo titolo: Mongoli in mongolfiera a fuoco dopo l’atterraggio sui cavi dell’alta tensione. Chiariamo subito un possibile equivoco: le persone vittime dello sfortunato incidente a bordo di una mongolfiera non sono abitanti della Mongolia. Sono cittadini tedeschi e, per inciso, dalle cronache non risulta che nessuno fra questi sia una persona con sindrome di Down. Forse in questo caso nessun titolista avrebbe “osato” usare un termine così offensivo. Nessun problema invece a usare il termine “mongolo” come un semplice dispregiativo. Così come nel linguaggio comune e volgare vengono utilizzati termini come “idiota”, “stupido”, “impedito”. Tutte parole, e non è un caso, che in passato venivano utilizzate per identificare persone con disabilità e che solo successivamente sono diventate insulti».
«Il titolista – proseguono dalla LEDHA – e chi ha successivamente autorizzato la stampa e la diffusione della locandina, non si è posto nessun problema sul fatto che utilizzando la parola “mongoli” migliaia di persone con sindrome di Down potessero essere, ancora una volta, ferite nel profondo e sentirsi indicate come metro di misura della non adeguatezza dei comportamenti sociali. E poco importa che ormai da decenni le persone con disabilità abbiano dimostrato che, nelle giuste condizioni personali, familiari e sociali, possono superare ogni stigma. Possono vivere, gioire e soffrire, lavorare, mettere su casa e famiglia esattamente come tutti gli altri. Nessuna empatia neanche verso questo gruppo di turisti tedeschi. Forse solo un po’ imprudenti».
La Federazione lombarda, dunque, con una presa di posizione condivisa senza riserva alcuna anche da «Superando.it», «esprime tutto il proprio sconcerto nel constatare come ancora oggi – nel 2017 – un quotidiano possa utilizzare il termine “mongoli” in modo dispregiativo e insultante. Quella parola, infatti, non solo ha offeso e ferito migliaia di persone con disabilità. Ma offende gravemente tutti quei genitori che – ogni giorno e tra mille fatiche – combattono per consentire ai loro figli di uscire dagli stereotipi, dall’emarginazione, dalla derisione. Sminuisce il lavoro delle Associazioni impegnate quotidianamente – e con risorse sempre più limitate – per l’inserimento scolastico, sociale e lavorativo delle persone con sindrome di Down e di tutte le persone con disabilità».
In tal senso, un altro punto preme ribadire alla LEDHA, ovvero che «la parola chiave dev’essere sempre e comunque “persona”, persona con sindrome di Down, persona con disabilità. La condizione viene dopo. Sempre. Questa è una delle indicazioni fondamentali che giungono dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità ratificata e quindi Legge dello Stato Italiano [Legge 18/09, N.d.R.]».
«Riteniamo – conclude la nota – che di fronte a quella frase non possano esserci giustificazioni di sorta. Il direttore della testata giornalistica è responsabile anche di quello che viene stampato e diffuso sulle locandine esposte fuori dalle edicole. Per questo chiediamo al direttore responsabile della “Voce di Mantova” di scusarsi pubblicamente e di proporre qualche gesto di riparazione concreta al danno inferto alle persone con disabilità e, in particolare, alle persone con sindrome di Down. Inoltre, come Associazione impegnata per la tutela dei diritti delle persone con disabilità, abbiamo inviato formale segnalazione al Consiglio di Disciplina dell’Ordine dei Giornalisti per chiedere che questo comportamento venga adeguatamente sanzionato. Ci riserviamo infine di valutare se ricorrere o meno in sede legale». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@ledha.it (Ilaria Sesana).