Nelle ultime settimane la carta stampata, quella digitale, radiofonica e televisiva hanno inondato le nostre case di troppe riflessioni/teorie più o meno comprensibili, talvolta astruse, attorno all’argomento scuola e inclusione scolastica. La verità è che – se di verità si può parlare – volevamo l’inclusione scolastica, ma di fatto abbiamo trovato l’impreparazione e l’emarginazione, e non solo della scuola, cui tutti affidano responsabilità strutturali organizzative, didattiche, educative nonché professionali; infatti, non può essere solo la scuola a farsi carico del processo inclusivo: esso appartiene, in termini di “responsabilità sociale e di cittadinanza”, ad Associazioni storiche come l’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), a Federazioni Nazionali come la FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) e la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), alla classe politica, al territorio con tutte le sue caratteristiche culturali, sociali, economiche e ambientali, alle famiglie, ai compagni di classe e di scuola degli alunni con disabilità.
Non mancheremo dunque di far sentire la nostra voce, il nostro peso politico in un frangente come questo, che potrebbe rappresentare la vittoria della luce della ragione sulla cecità del politico che ignora le reali richieste delle Associazioni.
Il concetto di scuola inclusiva ha subìto un’evoluzione storico-culturale rispetto alle Leggi 118/71 e 517/77: la prima propose una parziale apertura verso la scuola di tutti, la seconda il modello di scolarizzazione che vedeva gli alunni delle “classi speciali” fare ingresso nella scuola di tutti per tutti, definitivamente. Oggi tale modello, fortemente sottoposto a critiche laceranti e talvolta a giudizi positivi, si conferma in tutta la sua fragilità sociale, politica, didattica ed educativa, oltreché e, non è poco, economica; tuttavia resta il valore didattico-educativo, sia per l’istruzione che per la formazione, il più coerente all’idea di inclusione scolastica.
L’inclusione scolastica, perché sia efficace, deve coinvolgere tutte le componenti della scuola, al fine di evitare che, a determinare il processo dell’inclusione stessa, sia il Giudice, come di recente è stato scritto su queste stesse pagine da una voce autorevole come quella di Luciano Paschetta. Pertanto, l’inclusione non dev’essere delegata al solo docente di sostegno, ma anche ai dirigenti scolastici, agli altri docenti, al personale ATA (Ausiliario Tecnico Amministrativo), agli studenti, alle famiglie e a tutti gli operatori istituzionali incaricati del perseguimento di tale obiettivo e che vivono l’esperienza inclusiva in termini di “supporto” dell’alunno/studente con disabilità, qualificandola quale impegno fondamentale per tutte le risorse umane e professionali che operano nella scuola.
Di fronte ora allo Schema di Decreto Legislativo recante norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità (Atto del Governo n. 378), approvato lo scorso 14 gennaio, sottoposto al Parere Parlamentare, e che tanto sta facendo discutere in questi giorni, vorrei proporre in sintesi alcuni dei punti essenziali su cui l’UICI intende strutturare la propria strategia politica associativa, salvo ulteriori contributi che potranno emergere durante i lavori della Commissione Nazionale Istruzione e Formazione della stessa UICI.
Dallo schema di Decreto, dunque, leggiamo:
Capo II – Prestazioni e indicatori di qualità dell’inclusione, articolo 3 (Prestazioni e competenze), comma 2, lettere d) ed e): «d) [Lo Stato provvede, per il tramite dell’Amministrazione scolastica] alla costituzione delle sezioni per la scuola dell’infanzia e delle classi prime per ciascun grado di istruzione, in modo da consentire, di norma, la presenza di non più di 22 alunni ove siano presenti studenti con disabilità certificata, fermo restando il numero minimo di alunni o studenti per classe, ai sensi della normativa vigente; e) ad assegnare alle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione un contributo economico, parametrato al numero degli alunni e studenti con disabilità accolti e della percentuale di alunni con disabilità rispetto al numero complessivo degli alunni frequentanti».
L’idea è quella di informare il territorio circa l’opportunità di formulare preventivamente un documento, nei tempi dell’Istituzione scolastica, che consenta al singolo istituto o complesso scolastico di ottenere le risorse umane ed economiche fondamentali per l’inclusione scolastica degli alunni/studenti. Il documento andrà inviato al GIT (Gruppo Inclusione Territoriale), che lo invierà a propria volta all’Ufficio Scolastico Regionale e quest’ultimo al Ministero, come da articolo 7, comma 2.
Capo V – Programmazione e progettazione dell’inclusione, Articolo 12 (Ruoli per il sostegno didattico), comma 2 e articolo 11 (Il Piano Educativo Individualizzato), comma 2.
Qui va ritenuta probabilmente superflua e scontata la considerazione secondo cui la garanzia dei dieci anni di permanenza sul posto, da parte del docente di sostegno, sia piuttosto fantasiosa se non irreale, se non esclusivamente che per gli aspetti amministrativi, di carriera scolastica e sindacale, senza dunque agire positivamente rispetto alla continuità didattica ed educativa di cui si parla nell’articolo 16, comma 1, all’interno del Capo VII (Ulteriori disposizioni), che recita: «La continuità educativa e didattica per gli alunni e gli studenti con disabilità certificata è garantita dal personale della scuola, dal piano di inclusione e dal progetto educativo individualizzato».
A seguire, un altro tema assai caldo e quanto mai significativo dal punto di vista della socializzazione da parte dell’alunno cieco e per la sua e altrui inclusione sociale, è quello dell’alternanza scuola-lavoro, cui fa riferimento il citato articolo 11 comma 2. Quest’ultimo, infatti, nei contenuti e nelle modalità di approvazione del Piano Educativo Individualizzato, evidenzia appunto la necessità di garantire lo svolgimento dei percorsi di alternanza scuola-lavoro anche per l’alunno/studente con disabilità. D’altro canto, sin troppo spesso gli alunni con disabilità, e nella fattispecie con minorazione sensoriale, vengono esclusi dalle attività pur obbligatorie in linea generale per tutti gli alunni.
Capo VI – Formazione iniziale dei docenti per il sostegno didattico, ove agli articoli 13 e 14 si prevede il corso in Pedagogia e Didattica Speciale per acquisire la specializzazione per attività di sostegno didattico a favore di alunni con disabilità nella scuola dell’infanzia, di quella primaria e della secondaria di primo e secondo grado. La formazione sarà annuale e consentirà il riconoscimento di 60 Crediti Formativi Universitari (CFU).
Qui si nota, con una certa perplessità, che tali momenti formativi saranno patrimonio dei corsi di Didattica e Pedagogia Speciale e ciò significa che le Scienze Tiflologiche hanno la loro ragion d’essere (di tipo formativo e didattico), entro l’area non della specializzazione o della specificità, ma in quella “speciale”. La didattica del Braille, dunque, che verrà ad esempio impartita a un alunno non vedente, avrà ancora il carattere di “attività speciale”.
Al già citato Capo VII (Ulteriori disposizioni), infine, troviamo anche l’articolo 17, che istituisce finalmente l’Osservatorio Permanente per l’Inclusione Scolastica. Al comma 2, lettera d) se ne elencano gli scopi: «proposte di sperimentazione in materia di innovazione metodo logico-didattica e disciplinare».
In conclusione, chi scrive intende proporre alla Commissione Nazionale per l’Istruzione e la Formazione dell’UICI, in uno spirito di condivisione e quale base di confronto, i seguenti obiettivi politici, con l’auspicio che possano diventare piano tecnico e operativo per rilanciare il ruolo di leader della stessa UICI in materia di istruzione e formazione, di didattica e di educazione, con l’immancabile apporto delle scienze tiflogiche: a) un’ ipotesi di piano politico e tecnico da discutere attorno a un ipotetico tavolo di confronto tra la Conferenza Stato-Regioni, l’UICI/FAND, la FISH e il NIS (Network per l’Inclusione Scolastica dell’UICI); b) un documento tecnico-politico, quale proposta da discutersi al tavolo dell’Osservatorio Permanente per l’Inclusione Scolastica e da condividersi con le Associazioni afferenti le disabilità sensoriali; c) la pianificazione di strategie operative e strutturali da condividersi in accordo con i Consigli Regionali dell’UICI, al fine di formare e informare adeguatamente, secondo una tempistica idonea, offrendo soluzioni o percorsi di tipo normativo, tecnico e politico, afferenti le scienze tiflologiche.
L’UICI e la scuola
La Commissione Nazionale per l’Istruzione e la Formazione dell’UICI sta attentamente esaminando in questi giorni i ventuno articoli che compongono lo Schema di Decreto Legislativo recante norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità (Atto del Governo n. 378), approvato lo scorso 14 gennaio e sottoposto ora al Parere Parlamentare.
Coordinata da chi scrive e magistralmente operativa, tale Commissione è composta dalla preside Silvana Piscopo, dall’ex dirigente dell’Amministrazione Provinciale di Brescia, da sempre impegnato sull’istruzione, Francesco Busetti, dal professor Giuseppe Lapietra, dalla docente di Storia e Filosofia Daniela Floriduz, nonché referente della Commissione e coordinatrice della Sottocommissione per la tutela degli insegnanti non vedenti. Su proposta di chi scrive, inoltre, la Direzione Nazionale UICI ha accolto la richiesta di nominare quali esperti di Didattica e Pedagogia il professor Giancarlo Abba, consulente tiflologo per l’Istituto dei Ciechi di Milano e il professor Enzo Bizzi, psicopedagogista, esperto in Tiflologia.
Ad affiancare ancora la Commissione nell’analisi del presente Schema di Decreto, vi sono Luciano Paschetta, docente e referente nazionale del Gruppo Scuola della FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) e Marinica Mecca, esperta di istruzione e collaboratrice amministrava del Gruppo di Lavoro.
L’UICI può contare infine sul NIS (Network per l’Inclusione Scolastica), organo tecnico costituitosi per volontà della Presidenza Nazionale dell’UICI stessa nell’aprile del 2016 e che è appoggiato dal Coordinamento degli Enti, ossia la Biblioteca per Ciechi Regina Margherita di Monza, la Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro-Ciechi, l’IRIFOR (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione) e l’UICI medesima.
L’argomento scuola – e nello specifico quello dell’inclusione scolastica – interessa e coinvolge molti dei protagonisti associativi a vari livelli, dalle Commissioni Provinciali delle Sezioni UICI che si occupano di istruzione e formazione, a quelle Regionali, con i responsabili cui sono affidate le competenze e la vicinanza circa le attività e le iniziative che il territorio realizza o che intende realizzare in favore degli alunni con disabilità visiva delle rispettive Regioni. Per questo il ruolo/compito di ogni dirigente dell’UICI, e in particolare di chi si occupa di istruzione e formazione, rappresenta uno degli anelli strategici della catena associativa, nel senso che proprio alle Regioni, ad oggi, è affidata la pianificazione e l’assegnazione delle risorse per l’inclusione scolastica, come da Leggi 208/15 e 232/16. E le risorse destinate per l’assistenza scolastica, per quella post-scolastica e domiciliare, per l’assegnazione dei materiali e degli strumenti, nonché delle tecnologie ad uso degli studenti non vedenti, oltre al trasporto casa-scuola/scuola-casa, rientrano necessariamente in una programmazione economica delicata, che richiede un’attenta attività politica e associativa, da attuarsi alla luce di conoscenze specifiche e competenze strategiche, cui deve seguire altrettanta capacità dialettica, attraverso cui progettare e strutturare interventi che siano condivisi dalle diverse Istituzioni, in primis la Scuola, la Regione, i Comuni e quegli Enti che, in base alla normativa vigente, dovranno o potranno occuparsi dell’assistenza scolastica e post-scolastica per gli alunni con disabilità.
Inoltre, l’informazione e la formazione circa le procedure di iscrizione a scuola del proprio figlio con minorazione visiva – piuttosto che le procedure per l’accertamento e la certificazione della disabilità sensoriale, la richiesta di strumenti e materiali ad uso dell’alunno, il reperimento delle normativa a tutela del figlio, riguardante la garanzia del pieno diritto allo studio – spettano all’UICI e alle Istituzioni, scuola compresa. La famiglia, infatti, avverte troppo spesso quell’isolamento sociale che altro non è se non la mancanza di cultura e di impegno politico da parte dell’intera società; l’UICI, pertanto, ha l’onore e l’onere di accompagnare i genitori, in materia di istruzione, formazione, educazione e autonomia, verso il successo scolastico e sociale, nonché lavorativo e professionale, del proprio figlio, incidendo positivamente sulla politica del Parlamento, del Governo, della Conferenza Stato-Regioni, delle singole Istituzioni Regionali, Provinciali e Comunali. (Marco Condidorio)