Sul tema della continuità didattica riguardante gli alunni e studenti con disabilità, di cui si parla all’articolo 12 del neonato Schema di Decreto Legislativo recante norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità (Atto del Governo n. 378), chi scrive ha già espresso tutte le sue perplessità in un precedente contributo, apparso su queste stesse pagine. Qui intendo invece soffermarmi sulle lacunose prestazioni essenziali previste dall’articolo 3 di quello Schema di Decreto (Prestazioni e competenze) e sui carenti criteri di valutazione (o indicatori di qualità) stabiliti dal successivo articolo 4 (Valutazione della qualità dell’inclusione scolastica).
Al riguardo, mi permetto di avanzare alcune proposte migliorative al testo, che potrebbero essere sottoposte dalle Federazioni FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) e FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) alle competenti Commissioni Parlamentari che lo esamineranno entro i prossimi sessanta giorni, prima della pubblicazione definitiva del Decreto.
L’articolo 3, dunque, intende individuare le prestazioni essenziali per l’inclusione scolastica, effettuando una ricognizione dei compiti già assegnati, a normativa vigente, a ciascun Ente istituzionalmente preposto a garantire il diritto-dovere all’istruzione degli alunni e degli studenti con disabilità. In virtù dell’attuale assetto di riparto delle competenze – come tracciato dal vigente Titolo V della Costituzione – le funzioni dei vari Enti coinvolti nel processo di inclusione vengono ripartite nel seguente modo:
Allo Stato competono:
«1. L’assegnazione, per il tramite dell’Amministrazione Scolastica, dei docenti per il sostegno didattico, al fine di assicurare il diritto all’educazione e all’istruzione degli alunni e degli studenti con disabilità». Qui suggerirei di scrivere «l’assegnazione sin dall’inizio dell’anno scolastico…». Mi sembra il minimo!
«2. L’assegnazione, per il tramite dell’Amministrazione scolastica, del personale ausiliario nella scuola statale, per lo svolgimento dei compiti di assistenza previsti dal profilo professionale, ai sensi della normativa vigente».
«3. La costituzione delle sezioni per la scuola dell’infanzia e delle classi prime per ciascun grado di istruzione, in modo da consentire, di norma, la presenza di non più di 22 alunni ove siano presenti studenti con disabilità certificata, fermo restando il numero minimo di alunni o studenti per classe, ai sensi della normativa vigente». Qui modificherei immediatamente l’espressione «di norma la presenza di non più di 22 alunni ove siano presenti studenti con disabilità certificata», che sconfessa e non tiene conto del sacrosanto articolo 5 del DPR (Decreto del Presidente della Repubblica) 81/09, con la più efficace e legittima «solo in via eccezionale la presenza di 22 alunni ove siano presenti studenti con disabilità certificata».
«4. La definizione dell’organico del personale ATA (Ausiliare, Tecnico, Amministrativo), tenendo conto, in sede di riparto delle risorse professionali, della presenza di alunni e di studenti con disabilità certificata presso ciascuna istituzione scolastica statale, anche in deroga ai vincoli numerici, come previsto dalle disposizioni vigenti».
«5. Assegnare alle istituzioni scolastiche paritarie un contributo economico, parametrato al numero degli alunni e degli studenti con disabilità certificata frequentanti, finalizzato all’inclusione scolastica degli stessi, ai sensi della legislazione vigente». Qui integrerei altre due prestazioni essenziali in capo allo Stato in materia di inclusione scolastica degli alunni/studenti con disabilità visiva e cioè: 6. L’istituzione da parte del Ministero della figura dell’“esperto in scienze tiflologiche” o, quanto meno, di una figura che possieda competenze di base in tiflopedagogia e tiflodidattica, al fine di assicurare il diritto all’educazione e all’istruzione degli alunni/studenti con disabilità visiva. 7. L’istituzione da parte del Ministero di uno “Sportello di Consulenza” per le principali tipologie di disabilità, presso i CTS (Centri Territoriali di Supporto) esistenti su tutto il territorio nazionale, per fornire informazioni e assistenza di base agli alunni/studenti con disabilità e alle loro famiglie, da realizzare attraverso apposite convenzioni con le Associazioni più rappresentative di persone con disabilità (FAND, FISH, UICI ecc.).
«Alle Regioni – recita poi l’articolo 3 dello Schema di Decreto -, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, compete assicurare la progressiva uniformità su tutto il territorio nazionale della definizione dei profili professionali del personale destinato all’assistenza educativa e all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale, anche attraverso la previsione di specifici percorsi formativi propedeutici allo svolgimento dei compiti assegnati, fermi restando gli àmbiti di competenza della Contrattazione Collettiva e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente». Alla previsione di specifici percorsi formativi, io qui integrerei l’attributo «universitari», se si vuole veramente una formazione di qualità di tali operatori.
«Agli Enti Locali – conclude l’articolo 3-, ferma restando la ripartizione delle competenze prevista dall’articolo 1, comma 85 e seguenti della Legge 56/14, competono: a) l’assegnazione del personale dedicato all’assistenza educativa e all’assistenza per l’autonomia e per la comunicazione personale, come previsto dall’articolo 13, comma 3, della Legge 104/92; b) i servizi per il trasporto per l’inclusione scolastica come garantiti dall’articolo 8, comma 1, lettera c) della Legge 104/92 e dall’articolo 139, comma 1, lettera c) del Decreto Legislativo 112/98; c) l’accessibilità e la fruibilità degli spazi fisici delle istituzioni scolastiche statali di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c), e all’articolo 24 della Legge 104/92». Qui aggiungerei un’altra prestazione essenziale in capo agli Enti Locali in materia di inclusione scolastica, vale a dire: d) la creazione da parte degli Enti Locali, nell’àmbito della programmazione regionale e in convenzione con l’UICI [Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, N.d.R.] e degli Enti ad essa collegati, di un Centro di Consulenza Tiflodidattica (ove possibile per ogni Provincia o Città Metropolitana, o comunque almeno uno per Regione), in modo da favorire la costituzione di una rete tra tutti gli Enti e le strutture deputati al processo di inclusione scolastica degli studenti minorati della vista del territorio.
Da ultimo, l’articolo 3 definisce una prestazione comune a ciascuno degli Enti istituzionalmente preposti alla garanzia dell’inclusione scolastica, «nell’àmbito della strumentazione didattica, stabilendo cioè la garanzia in capo allo Stato (istituzioni scolastiche), alle Regioni (diritto allo studio) e agli Enti Locali (erogazione dei sussidi didattici) dell’accessibilità e della fruibilità di strumentazioni tecnologiche e digitali nell’àmbito della didattica, oggi indispensabili per l’apprendimento degli alunni e degli studenti con determinate tipologie di disabilità, quali ad esempio quelle sensoriali». Io aggiungerei all’accessibilità e alla fruibilità anche la qualità e l’efficienza delle strumentazioni tecnologiche e digitali nell’ambito della didattica, e a tali strumentazioni integrerei ovviamente pure i testi scolastici in formato “accessibile”, resi disponibili sin dall’inizio dell’anno scolastico. Infatti, sembra davvero strano che il Legislatore non abbia pensato a tale “prestazione essenziale”, considerate le attuali carenze del sistema su questo specifico aspetto.
E veniamo all’articolo 4, quello sulla Valutazione della qualità dell’inclusione scolastica, che intende appunto qualificare l’inclusione quale elemento portante dei processi di valutazione e di autovalutazione delle scuole, nell’ambito del Sistema Nazionale di Valutazione, come disciplinato dal DPR 80/13.
Al comma 2 vengono introdotti i criteri relativi al processo di valutazione e autovalutazione delle Istituzioni scolastiche, statali e paritarie, in tema di inclusione. Obiettivo della norma è quindi quello di identificare dei criteri che consentano alle scuole di valutare la propria azione inclusiva, di misurarla e di apportare le opportune strategie per migliorarla o consolidarla. I criteri identificati (o indicatori di qualità) sono i seguenti:
«a) qualità del Piano per l’Inclusione scolastica (PAI); b) realizzazione di processi di personalizzazione, individualizzazione e differenziazione dei percorsi di educazione, istruzione e formazione, definiti e attivati dalla scuola, in funzione delle caratteristiche specifiche degli alunni e degli studenti, al fine di garantirne il successo formativo; c) livello di coinvolgimento dei diversi soggetti nell’elaborazione del Piano per l’Inclusione e nell’attuazione dei processi di inclusione; d) realizzazione di iniziative finalizzate alla valorizzazione delle competenze professionali del personale scolastico, incluse le specifiche attività formative; e) utilizzo di strumenti e criteri condivisi per la valutazione dei risultati di apprendimento degli alunni e degli studenti, anche attraverso il riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione; f) grado di accessibilità e di fruibilità delle risorse, delle attrezzature, delle strutture e degli spazi».
Da parte mia aggiungerei pure gli ulteriori indispensabili indicatori di qualità:
g) la periodica manutenzione tecnica dei sussidi didattici e delle tecnologie assistive delle scuole di ogni ordine e grado, per assicurarne le condizioni di funzionalità, l’aggiornamento costante e l’efficienza dello stato strutturale;
h) l’obbligo del rilascio da parte del venditore alle scuole, agli Enti Locali, alle ASL e ai privati di una “garanzia” contenente le seguenti informazioni relative agli strumenti tecnologici, tiflotecnici e ai sussidi didattici a supporto degli alunni/studenti con disabilità: costruttore, costo, anno di produzione, eventuale venditore e, ovviamente, anche il libretto delle istruzioni trascritto in formato accessibile. Tale “documento d’identità” delle attrezzature assistive e dei sussidi didattici dovrebbe costituire il loro certificato di qualità;
i) l’effettuazione di azioni finalizzate all’educazione, alla formazione e all’istruzione delle persone con disabilità visiva, che tengano conto della condizione di cecità o di ipovisione, volte al successo formativo e al processo inclusivo degli studenti minorati della vista, ciò che sarà specificamente centrato sulla tiflopedagogia, nel metodo e nell’applicazione, e avrà come certificatore dei risultati l’équipe “tiflopsicopedagogica”;
j) la definizione, da parte delle Istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, di un Piano Annuale d’Inclusività (PAI) che sia parte integrante del Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF);
k) l’uniformità, su tutto il territorio nazionale, della definizione dei profili professionali del personale destinato all’accompagnamento, alla comunicazione e all’assistenza specialistica degli alunni con disabilità (l’assistente all’autonomia e alla comunicazione e l’esperto in scienze tiflologiche), attraverso l’individuazione di specifici percorsi formativi universitari, propedeutici allo svolgimento dei compiti assegnati;
l) la realizzazione del progetto di inclusione/globale di vita da parte delle Istituzioni scolastiche, con l’individuazione della tipologia di figure di riferimento e/o supporto dell’alunno/studente con disabilità, deputate alla sua redazione e presa in carico;
m) la stesura di un Programma di Orientamento Scolastico e Professionale dell’alunno/studente con disabilità e l’individuazione della tipologia di figure professionali incaricate alla sua elaborazione;
n) i rapporti delle Istituzioni scolastiche con le famiglie degli alunni e degli studenti con disabilità;
o) i rapporti interistituzionali delle Istituzioni scolastiche con gli Enti Locali, con le ASL, con le altre scuole e con le Associazioni più rappresentative di e per le persone con disabiltà;
p) i rapporti delle Istituzioni scolastiche con i CTS (Centri Territoriali di Supporto).
Naturalmente, si tratta di un pacchetto di proposte migliorative che dovrà essere condiviso dalle principali Associazioni di e per le persone con disabilità e dalle loro famiglie, oltre ad essere compatibile con le modifiche che potranno essere realisticamente apportate durante la discussione in seno alle competenti Commissioni Parlamentari delle prossime settimane, visto che esse dovranno esprimere soltanto un parere.
Pertanto, lancio un appello all’unità e una sorta di “chiamata alle armi” ai principali esperti di sostegno didattico delle Federazioni FAND e FISH affinché, tutti insieme, si lavori in stretta sinergia e si collabori fattivamente in questi sessanta giorni che ci separano dalla pubblicazione finale del testo, al fine di garantire un’inclusione pienamente di qualità agli alunni/studenti disabili del nostro Paese. La posta in palio è troppo alta per non rischiare.