A volte abbiamo l’oro sotto i piedi e non lo sappiamo riconoscere…
1. La progettazione di un intervento didattico
Nel progettare un’azione didattica, l’insegnante rivolge inizialmente la sua attenzione all’argomento da trattare, ai ragazzi destinatari del suo intervento, alla sostenibilità del percorso e alle eventuali collaborazioni con i colleghi. In seguito si occupa degli strumenti da utilizzare: un libro o più libri, un PC, la rete e una lavagna interattiva multimediale (LIM), quando presente.
Supponiamo che l’insegnante sia interessato ad aprirsi all’innovazione e desideri ad esempio dare spazio a testi digitali, realizzare una presentazione o creare una tavola interattiva alla LIM e infine pubblicare i risultati del suo lavoro; bene, nella più felice delle ipotesi, questo insegnante userà gli strumenti e gli applicativi che troverà, quasi mai facendo attenzione al tipo di sistemi utilizzati, se aperti, liberi e accessibili economicamente, perché gratuiti, piuttosto che software chiusi e coperti da licenza.
L’insegnante, di solito, utilizza quanto presente a scuola e nel 90% dei casi trova a disposizione un sistema con applicativi proprietari di qualche versione e conduce i ragazzi verso attività che richiedono un software con licenza, in modo ovviamente inconsapevole, contribuendo così ad ampliare i clienti di quell’azienda e consolidando con il proprio lavoro la posizione di mercato dominante. Raramente, infatti, l’insegnante si preoccupa della tipologia di strumenti che usa, dando per scontato che tutto va bene se:
° trova a scuola i programmi che usa abitualmente, ad esempio PowerPoint, Word o Excel;
° i software sono già installati e funzionanti;
° non deve richiedere alcuno strumento o integrazione di applicativi alla scuola per realizzare la propria intenzione didattica.
Quasi sempre, quindi, l’insegnante manca di quella sensibilità e attenzione agli strumenti che utilizza per la sua didattica, specie se coinvolgono le nuove tecnologie. Una sensibilità che gli consentirebbe invece di valutare cosa sta usando, se si tratta di applicativi accessibili e liberi e, nel caso, di chiedere al Dirigente Scolastico l’installazione di software fruibili, accessibili a tutti e gratuiti, come accadrebbe ad esempio con gli applicativi Open Source e Freeware.
2. Importanza del software libero nella didattica
Il software libero è sinonimo di inclusione e partecipazione perché consente l’utilizzo libero da parte degli alunni (per citarne uno, LibreOffice è scaricabile dalla rete per qualsiasi sistema operativo Windows, MAC e Linux) e ad esempio con Impress o Writer è possibile realizzare una presentazione o un testo che tutti possono vedere, modificare e salvare in vari formati. I file realizzati possono essere elaborati a scuola, ma anche a casa, per poi tornare a scuola senza mai interrompere la catena di manipolazione dell’elaborato.
Il software libero è partecipazione in quanto sinonimo di libertà e longevità dei formati finali. Esso infatti non ha un piano industriale che ne preveda l’obsolescenza entro un paio d’anni, in modo tale che – contrariamente a un software proprietario – un documento “libero” può essere scritto, riletto e manipolato anche dopo trent’anni, perché è nel suo interesse dialogare con altri applicativi anche proprietari, senza obbedire alla legge del mercato.
Il software libero, inoltre, è sinonimo di accessibilità economica al sapere digitale, in quanto consente di risparmiare risorse economiche pur garantendo la totalità delle funzioni (scrivere, presentare o vedere un film con il lettore multimediale VLC). L’economia di mercato, infatti, rappresenta un ostacolo all’accessibilità informatica, una barriera che frena la fruizione delle competenze digitali nella Pubblica Amministrazione, da parte dei privati cittadini e delle famiglie, che sono costretti a procurarsi gli applicativi necessari per poter svolgere ricerche o altre attività: spese, queste, che si assommano a quelle dei libri. Generalmente i genitori – quando un professore richiede un software per la scuola nei PC dei ragazzi a casa – lo acquistano o lo “piratano”, e questa azione che la scuola spinge a fare non è certo positiva: sono rari gli insegnanti che assegnano i compiti e distribuiscono i software per eseguirli.
Il software libero, infine, è sinonimo di autonomia per tutti gli alunni con disabilità. In tal senso è sufficiente fare riferimento ad Araword per la CAA (Comunicazione Aumentativa e Alternativa), adesso anche per tablet (e quindi Comunicazione Aumentativa portatile) o a eViacam per gestire il PC con il semplice movimento del naso a costo zero! Sarebbe pertanto sufficiente adottare questi applicativi anche per Windows, MAC e Linux, per sostenere l’autonomia degli utenti.
Eppure, in Italia – nelle scuole e nella Pubblica Amministrazione – il software libero non viene utilizzato massicciamente perché mancano direttive chiare che ne promuovano l’uso, ad eccezione di quanto accade, ad esempio, nella Provincia Autonoma di Trento (si vedano due Direttive Provinciale sul software didattico a questo e a questo link. Proprio in tempi recenti, tuttavia, le Forze Armate Italiane sono passate a LibreOffice, probabilmente per garantire l’uniformità dei formati di lettura e risparmiare sul budget. La scuola, invece, resta ferma su questi temi, giacché non si vede affatto nelle norme una decisa promozione del software libero, gratuito; anzi, nelle azioni divulgative spesso si favoriscono le multinazionali e si affida la formazione proprio a quelle software house che poi venderanno pacchetti software “a valanga”fra gli studenti e gli insegnanti. E nemmeno nel testo della Legge 107/15, la cosiddetta Buona Scuola, vi è un’esplicita apertura a privilegiare soluzioni Open Source nella didattica, lasciando campo libero al mercato e alla sensibilità dei Dirigenti.
3. Innovazione e inclusione a scuola: le nuove tecnologie
Oggi l’inclusione a scuola, la partecipazione e l’innovazione non possono essere sminuite dagli ostacoli tecnologici legati all’incompatibilità dei formati e alla mancanza di dialogo degli applicativi. Eppure, in questo caso l’informatica – che è un evidente strumento di innovazione e promozione – può trasformarsi proprio in un ostacolo costoso e di breve durata, che porta a rottamare in fretta PC e applicativi con le loro licenze.
Alla dispersione dei software, si affianca poi lo spreco delle competenze e delle risorse necessarie a formare i docenti su specifici software, come è accaduto per le LIM (Lavagne Interattive Multimediali), con le nuove versioni dei software, così diverse dalle precedenti, che obbligano le scuole a promuovere nuovi corsi che conducano i docenti all’operatività in classe.
Tutto ciò ci riporta a un vecchio canale educativo, quello della cosiddetta “scuola frontale e trasmissiva”, quando invece si dispone di un sistema ultramoderno come la LIM, per il quale basterebbe promuovere un software libero come Open-Sankorè – sviluppato grazie al Ministero della Pubblica Istruzione Francesce – che consentirebbe alla didattica di arrivare direttamente dalla LIM al PC dei ragazzi, i quali potrebbero installarselo e collaborare con l’insegnante sulla stessa LIM, dal muro al banco! Questa sì sarebbe innovazione!
4. I software Open Source
In sostanza, quando si parla di applicativi liberi per la didattica si parla di:
° Libreoffice, utile per scrivere, presentare, calcolare, creare PDF.
° Firefox per navigare in internet e scaricare audio, video o testi, dialogare a distanza e molto altro ancora.
° Audacity per creare audiolezioni.
° CamStudio per creare videoclip.
° CMAPP per creare mappe concettuali.
°Open-Sankorè per gestire, come accennato, le Lavagne Interattive Multimediali, ma tutte utilizzabili su qualsiasi PC, sia esso Windows, MAC o Linux Ubuntu o So.Di.Linux.
5. Creazione dei software liberi: mantenimento e scopi
Il software Open Source di solito non nasce in aziende, ma è finanziato da fondazioni, università, centri di ricerca (vedi CMAPP o Araword, LibreOffice, Mozilla e Firefox) e si mantiene in vita perché le comunità ne apprezzano la funzionalità e ne finanziano spontaneamente lo sviluppo.
Può accadere che gli sviluppatori ricevano fondi da crowfunding [raccolte fondi in web, N.d.R.] o da Istituzioni che da quei software traggono dei vantaggi (ad esempio Mozilla, Firefox, Thunderbird, LibreOffice e tanti altri), o ancora da importanti aziende che usano i software e che vogliono migliorarne le funzioni di compatibilità o svilupparne di nuove.
6. Sistemi Open Source liberi e alternativi a Windows
Il sistema operativo, va ricordato, è quell’insieme di istruzioni di cui ha bisogno la macchina per funzionare. Gli applicativi o software sono le istruzioni specifiche per disegnare, scrivere o altro, ma, contrariamente ai sistemi operativi, non sono necessari alla macchina per fornire servizi.
Quando compriamo un PC, il sistema operativo è installato e lo paghiamo senza saperlo (di solito è Windows), e poi i programmi, dopo il periodo di prova dei priomi tre mesi, possono ovviamente funzionare solo acquistando la licenza.
Anche sui sistemi operativi mancano informazioni e la Pubblica Amministrazione e i docenti usano quanto disponibile in loco, senza verificare se esistano alternative a Windows valide e praticabili, che non necessitano di grandi sforzi per essere adottate.
I PC FreeDOS, ad esempio, senza sistema operativo installato e quindi senza licenze a tempo, sono PC che costano meno e se allestiti di un sistema operativo gratuito, stabile e senza virus, possono consentire un notevole risparmio economico (Linux Ubuntu, So.Di.Linux sono sistemi già allesti con applicativi, esenti da virus, che permettono il totale dialogo con altri sistemi – anche proprietari – di Windows e MAC).
Installare un sistema Linux richiede circa venti minuti di lavoro e un breve ciclo di manutenzione; poi, per cinque o sei anni, non è richiesto altro intervento. Infatti, Ubuntu e So.Di.Linux (quest’ultimo è una Ubuntu derivata) hanno cicli di aggiornamento di cinque anni con le versioni LTS, cioè un tempo inaudito per i sistemi proprietari e i loro piani industriali.
Oggi, dunque, ci sono alternative raffinate e blasonate a Windows, utilizzate da Amministrazioni e Governi (perfino il Dipartimento della Difesa Americano usa LINUX per i server). Parliamo, per dirne alcune, dei già più volte citati Ubuntu e So.Di.Linux, ma anche di Debian o Red Hat.
Del gruppo di sviluppo di So.Di.Linux, tra l’altro, fanno parte ora anche dei docenti, consentendo di parlare di un sistema operativo allestito con software uscito dalla fase di sperimentazione e ricerca, e sviluppato tenendo conto delle esigenze che vengono dalle scuole. A ciò è dedicato il prossimo paragrafo di questo approfondimento.
7. So.Di.Linux e le potenzialità per la didattica
Soffermiamoci dunque su So.Di.Linux (che sta per “Software Didattico per Linux), sistema operativo basato su una piattaforma Ubuntu e completamente allestito con software libero per la didattica e l’inclusione delle disabilità a scuola e per il loro tempo libero. Esso nasce nel 2003 come progetto di ricerca presso l’Istituto per le Tecnologie Didattiche (ITD) del CNR (se ne veda un video a questo link), con il finanziamento dell’AICA (Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico). Grazie poi alla collaborazione negli ultimi anni da parte del mondo della ricerca, della scuola e di alcuni Centri Territoriali di Supporto, impegnati a migliorare, promuovere e divulgare soluzioni libere, aperte e partecipate nella gestione della quotidianità della classe e nelle azioni di inclusione delle disabilità, accade che a distanza di quattordici anni tale sistema si sia evoluto al punto tale che la sua usabilità e il parco software rivolto alla didattica e alle autonomie delle disabilità non abbia nulla da invidiare a qualsiasi sistema proprietario. Gratuito e installabile nelle sue diverse versioni scaricabili su qualsiasi PC (anche datato), evita anche la rottamazione del parco macchine delle scuole.
L’interfaccia ricorda un MAC con la barra in alto e il menù mobile in basso, ma quel che non appare al giudizio grafico sta nelle potenzialità di questo sistema, pensato in particolare per la scuola dell’obbligo e con il compito specifico di supportare la didattica rivolta appunto al mondo della disabilità. I software contenuti sono in gran parte pluripiattaforma (gli stessi – liberi – che si trovano per Windows e MAC) e al suo interno sono state implementate molte facilitazioni, che possono portare gli insegnanti a creare videolezioni e registrazioni audio o a gestire le LIM molto semplicemente.
E ancora, sempre con So.Di.Linux è possibile personalizzare l’interfaccia grafica per le disabilità cognitive gravi, gestire tavoli interattivi, dettare al PC, usare sintesi vocali, facilitare l’accesso alla macchina modellando l’uso del mouse, della tastiera e degli ausili di comando. A tal proposito, per ulteriori approfondimenti, si consiglia la visita del sito dedicato e in particolare la pagina riguardante il già citato software per la Comunicazione Aumentativa e Alternativa Araword, che grazie a un finanziamento del Ministero dell’Istruzione, è stato migliorato e reso parlante con molte funzioni aggiunte. Allo stato attuale, per altro, Araword è ancora in fase di sviluppo, grazie a fondi raccolti tramite un crowfunding [raccolta fondi nel web, N.d.R.] di Italian Linux Society.
8. Un kit di software liberi
Il Kit_PC_DSA è una raccolta di applicativi scaricabile dalla rete (realizzata da uno degli Autori del presente approfondimento [Francesco Fusillo, N.d.R.]), già organizzati e installabili per allestire i PC degli alunni con DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento), con tanto di videoguide che aiutano gli studenti ad appropriarsi delle competenze necessarie ad utilizzare quegli stessi software. In sostanza, però, il Kit_PC_DSA permette di allestire tutti i PC e di disporre di una macchina perfettamente in grado di offrire servizi al pari di quanto fornito dagli applicativi proprietari.
Recentemente, inoltre, è stato pubblicato online EASY-DIDA, un sistema che raccoglie in una chiavetta USB tutto il necessario per la didattica facile, installabile e portatile. In tal modo, i programmi sono disponibili senza necessità di ulteriori installazioni, gratuiti, liberi e distribuibili (EASY-DIDA si può scaricare gratuitamente).
Per realizzare EASY-DIDA, si sono sfruttate le conoscenze maturate nel campo dell’Open Source rispetto a So.Di.Linux e i software elencati sono multipiattaforma e capaci di facilitare la didattica, facendo conoscere applicativi che “girano” su Windows, ma anche su MAC e Linux.
Si può concludere dunque ribadendo che solo con la rimozione degli ostacoli digitali si riuscirà a migliorare l’andamento delle normali mattinate scolastiche e si fornirà all’alunno con disabilità visiva una presentazione che potrà “vedere”, all’ipoacuso un videoclip che potrà studiare e all’ipovedente un’audiolezione, perché anche loro a casa avranno gli stessi applicativi che permetteranno di non interrompere il dialogo didattico.
9. La nuova Legge sull’inclusione
A questo punto l’augurio è che nella versione della nuova Legge sull’inclusione che si sta dibattendo si parli di software libero e di finanziamenti ai centri di ricerca che lo sviluppano. Non è infatti possibile che un software come Araword, finanziato in Spagna, diffuso in tutta Europa e adottato anche in Italia da molti logopedisti e neuropsichiatri per la Comunicazione Aumentativa e Alternativa, si esaurisca perché nessuno lo tiene aggiornato.
A nostro modo di vedere il Ministero avrebbe il dovere di supportare alcune piste di lavoro e di ricerca che sono al servizio disinteressato dei bisogni speciali, e anche il dovere di finanziare l’ITD del CNR che si occupa di scuola e ci aggiorna su quello che è efficace e valido.
Questi argomenti, va detto chiaramente, non hanno nulla contro il software proprietario utile e necessario per la disabilità o la didattica. Si tratta infatti di risorse importanti che coprono le mancanze di completezza nel mondo Open Source, su fronti anche particolari di intervento, e tuttavia, per la stragrande maggioranza delle necessità didattiche, oggi abbiamo soluzioni low cost e Open Source per tutti i motivi sopra descritti. Crediamo dunque che la nuova Legge dovrebbe promuovere questi strumenti e favorirne l’utilizzo, in particolare attraverso i Centri Territoriali di Supporto e quelli per l’Inclusione, i Centri di Supporto per le Nuove Tecnologie e la Formazione del Personale. Per fare ciò, il Ministero dovrebbe emanare una nota che riconoscesse l’utilità del software libero nella didattica, ciò che porterebbe molti Dirigenti Scolastici ad essere un po’ più decisi nell’impedire spese inutili di applicativi per le scuole, spese che potrebbero invece servire a migliorare il parco macchine, ad acquistare ausili, a pagare assistenti o servizi essenziali. In tal senso, sarebbe interessante che il Ministero valutasse quante risorse economiche vengono disperse in licenze di applicativi che hanno corrispondenti nel mondo del software libero. Un po’ come accade per i farmaci “blasonati” e per quelli generici.
Per adesso l’importanza dell’utilizzo del software libero nella didattica è una sensibilità che sta crescendo dal basso, da parte di Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi, Dirigenti Scolastici e anche di molti insegnanti che hanno compreso il problema creato dall’utilizzo dell’ultima versione di un programma proprietario a scuola.
Purtroppo, siccome le risorse economiche che si spendono nelle scuole sono pubbliche, si fa prima a comperare una licenza, piuttosto che adeguarsi all’uso di LibreOffice, di CMAPP per le mappe concettuali o di Open-Sankorè per allestire una Lavagna Interattiva Multimediale. La speranza, ribadiamo quindi, è che la nuova Legge sull’inclusione tenga conto anche del tipo di strumenti che entrano nelle scuole e che il Ministero si faccia carico della ricerca su alcuni software e applicativi che già ci sono, ma che vanno mantenuti e aggiornati a favore degli alunni, delle famiglie e delle fasce deboli.
Ricchi, poveri, BES (Bisogni Educativi Speciali), DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento), borderline, psicofisici, neurosensoriali, e tutti gli altri “diversamente normali”, hanno il diritto di crescere nel sapere e di avere pari opportunità (articolo 3 della Costituzione Italiana), facendo sì che, come diceva don Lorenzo Milani, «la scuola non sia un ospedale che cura i sani e ammazza i malati». E il software libero utilizzato a scuola va in questa direzione, creando partecipazione e inclusione.
Minima manutenzione, massima efficacia
Come espresso nel presente approfondimento, quasi mai gli insegnanti si occupano di valutare l’interoperabilità, la gratuità, la possibilità di distribuire il software e, nei corsi di aggiornamento per animatori digitali o per il sostegno, è veramente difficile sentir parlare di questi argomenti. E tuttavia, parlare di didattica inclusiva senza parlare di strumenti e competenze informatiche oggi è decisamente riduttivo.
Come operatore del Centro Territoriale di Supporto di Verona dal 2006, chi scrive [Francesco Fusillo, N.d.R.] ha sempre anteposto a tutti i suoi impegni la necessità di informare sulle opportunità del software libero per la didattica e l’inclusione, riuscendo, a distanza di anni, a trasmettere questo messaggio di attenzione a tanti colleghi, genitori e associazioni.
Utilizzare un sistema operativo come So.Di.Linux per creare una postazione per scuola a distanza o in ospedale vuol dire approntare un sistema che richiede una minima manutenzione a fronte della massima efficacia. Un ragazzo con gravi disabilità motorie, ad esempio, dotato di un PC senza bisogno di manutenzione, può avere la sicurezza di non restare solo con il suo problema, ma di ottenere stabilità e completezza con i sistemi applicativi LINUX e So.Di.Linux. In tal senso, ricordo di essere riuscito a installare rapidamente un postazione in classe con So.Di.Linux, per una bimba malata di 8 anni, che in qualunque luogo si trovasse – a casa, in terapia intensiva o in casa di cura – poteva utilizzare il PC del papà per sentirsi ancora in classe, alzarsi dal letto, pettinarsi, vestirsi e iniziare la sua vita di relazioni a distanza. In questa maniera, tutti i giorni lei vedeva i compagni e i compagni vedevano lei, che seguiva la lavagna e la maestra.
Si è trattato di un’esperienza toccante, utile a riflettere su un dato di fatto, ovvero che tutte le scuole e gli istituti dovrebbero avere un kit per queste emergenze (scuola in ospedale o a distanza), sempre pronto per essere adoperato. Quella postazione con So.Di.Linux funziona ancora e per sei mesi non si è mai bloccata (questa è l’affidabilità dei sistemi Linux Ubuntu), con le maestre che non hanno mai avuto problemi ad inviare schede e compiti e che non si sono imbattute in alcun intoppo audio o video. Il risultato è stato che la bimba non ha subito traumi da ospedalizzazione e appena le cose sono andate un po’ meglio, è potuta rientrare a scuola, serena e senza dover sostenere terapie psicologiche e riabilitative. (Francesco Fusillo)