Prendo spunto, con queste mie riflessioni, dalla recente polemica scoppiata tra la senatrice Enza Blundo e le Associazioni dei docenti per il sostegno [se ne legga sia in «La Tecnica della Scuola» , sia in «OrizzonteScuola», N.d.R.] a proposito di una “bozza” di proposta dell’esponente aquilana di Palazzo Madama, volta a “formalizzare” nelle scuole italiane la figura del “pedagogista professionale”.
A tal proposito, vorrei approfittare per permettermi di rammentare a Enza Blundo e a tutti gli altri Senatori e Senatrici che a Palazzo Madama è stata ultimamente depositata anche una Proposta di Legge finalizzata al recepimento del Disegno di Legge C 2656 (Disciplina delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista), approvato alla Camera nel mese di giugno dello scorso anno e istitutivo delle figure dell’“educatore socio pedagogico” e del “pedagogista”. Rispetto a quella stessa Proposta di Legge, il NIS (Network per l’Inclusione Scolastica) dell’UICI ha recentemente presentato un emendamento mirante all’istituzionalizzazione dei due profili dell’“educatore alla comunicazione per gli alunni con disabilità sensoriali” e del “tiflopedagogista” o “esperto in scienze tiflologiche”.
In questa sede mi preme innanzitutto evidenziare che la proposta del NIS dell’UICI non intende assolutamente creare ulteriore confusione nel già “caotico e frastagliato modello inclusivo italiano, contrapponendo e sovrapponendo nuove figure professionali agli insegnanti specializzati attualmente in servizio. Il nostro principale scopo è, al contrario, fare un po’ di ordine nel settore del sostegno, rendendolo più omogeneo e uniforme, e facendo uscire dal limbo della precarietà di ruolo, di funzione ed economica, operatori quali appunto gli “assistenti alla comunicazione” (ex articolo 13, comma 3 della Legge 104/92) e i “tiflologi”, che già da tempo lavorano a favore del processo di inclusione scolastica degli alunni/studenti con disabilità, senza però un effettivo riconoscimento giuridico da parte del Ministero.
Per queste due figure professionali, tra l’altro, il NIS sta finalmente pensando anche a una specifica formazione universitaria, attraverso l’attivazione di appositi Master di Primo e Secondo Livello.
A questo punto immagino già le “levate di scudi” e i commenti “inferociti” degli insegnanti per il sostegno di ruolo, dopo la lettura di queste mie riflessioni. Essi grideranno certamente allo scandalo, paventando scenari “apocalittici” e prospettando il rischio della perdita dei loro posti di lavoro, oltre alla possibilità dello scoppio di un’autolesionistica “guerra tra poveri”, in quanto, se “inquadrati” nel sistema scolastico italiano, l’educatore alla comunicazione e l’esperto in scienze tiflologiche dovrebbero contendersi con loro gli esigui posti dell’organico di sostegno delle scuole.
Al riguardo, e a scanso di equivoci, vorrei immediatamente precisare – informando di ciò anche la senatrice Blundo – che l’“istituzionalizzazione” da parte del Ministero delle due figure dell’educatore alla comunicazione e del tiflopedagogista, proposta dal NIS dell’UICI, non cozzerebbe affatto con le attività attualmente svolte dai docenti specializzati nelle singole Istituzioni scolastiche. Essi, infatti – insieme al sopraccitato pedagogista professionale, e ovviamente anche allo psicologo – comporrebbero un’“équipe tiflopsicopedagogica” molto qualificata di “supervisori”, con il compito di coordinare e supportare (e certamente non di sostituire o contrastare) la progettazione degli interventi metodologici dei docenti per il sostegno che, pertanto, risulterebbero in tal modo valorizzati e addirittura rafforzati nella loro specificità didattico-educativa.
All’educatore alla comunicazione e al tiflologo, insomma, non competerebbero né l’insegnamento disciplinare, né la verifica degli apprendimenti dell’alunno con disabilità, ma il dovere di supportare i docenti curricolari e per il sostegno, il Consiglio di Classe e l’intero contesto, suggerendo metodologie e indicazioni didattiche ed educative appropriate, oltreché fornendo gli strumenti volti a rendere efficaci e “inclusivi” gli insegnamenti, sia pur nei limiti consentiti dalla disabilità sensoriale dell’alunno.
La Proposta di Legge presentata dal NIS dell’UICI non è perciò peregrina e ha invece una sua forte ratio pedagogica ed educativa. Tuttavia, non sappiamo che fine abbia fatto, né se sarà mai discussa. Proprio per tale motivo, quindi, facendo leva sulla sensibilità di Enza Blundo e di tutti gli altri Senatori e Senatrici, li invitiamo a voler cortesemente aprire al più presto con noi un confronto su tale proposta, riesumandola finalmente dalle “pastoie” di Palazzo Madama, senza mai dimenticare che sulle delicate questioni riguardanti l’inclusione scolastica, oltre che l’importante dialogo con i docenti per il sostegno, altrettanto opportuno e strategico è, a parere di chi scrive, il coinvolgimento e la partecipazione delle Associazioni di e per disabili e delle loro famiglie.
Infine, qualche breve considerazione sulle ragioni delle attuali carenze del sistema del sostegno italiano. Come ben sapranno gli amici insegnanti specializzati, esse non derivano certo dalla “bozza” di proposta della senatrice Blundo o dalla Proposta di Legge del NIS dell’UICI, di riconoscere finalmente e ufficialmente i profili dell’educatore alla comunicazione e del tiflologo, ma vanno ricercate senza dubbio altrove.
Da quarant’anni siamo ormai a fianco delle famiglie nel seguire l’evoluzione dell’inclusione scolastica e da loro ci arrivano queste forti richieste: maggiore specializzazione dei docenti di sostegno in servizio; formazione specifica iniziale di quelli che lo saranno in futuro; no alla delega al docente di sostegno, grazie a un aggiornamento continuo e obbligatorio di tutto il personale scolastico sulle tematiche della pedagogia speciale e della didattica inclusiva; maggiore continuità del sostegno stesso.
È dal cercare di comprendere le cause di questi punti di debolezza del processo e di dar loro una concreta risposta che sono arrivate in questi giorni di dibattito parlamentare le nostre proposte sostenibili di modifica al neonato Schema di Decreto sull’inclusione del Governo (Atto del Governo n. 378), concordate tra l’altro con la FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali di Persone con Disabilità) e la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
Le odierne criticità del sostegno italiano hanno piuttosto un carattere endemico (quest’anno la mancanza di cattedre si è avvicinata al 50%), con almeno 100.000 alunni con disabilità costretti a cambiare il docente specializzato a causa degli “irrisori” posti in organico di diritto e dell’atavica assenza di un serio e lungimirante piano di stabilizzazione e di assunzione da parte del Ministero dell’Istruzione, che non ne vuole proprio sapere di investire e programmare in modo strutturale nel settore dell’inclusione scolastica.
Sembrerebbe veramente strano che i docenti di sostegno non fossero consapevoli di tali reali problematiche del nostro sistema inclusivo. Se così fosse, mi verrebbe da dire che esista una vera e propria frattura tra chi opera professionalmente nel mondo della scuola e chi invece ne usufruisce come utente. Una frattura che va assolutamente ricomposta. La professione del docente è infatti prioritariamente una “mission” educativa, che non dev’essere animata solo dalla legittima difesa del proprio posto di lavoro, ma anche e soprattutto dalla tutela del superiore benessere degli alunni e del sacrosanto diritto allo studio di tutti e di ciascuno.