La guerra contro la frammentazione, da combattere sempre e comunque

«Insieme a un progetto come quello del video “AXioMA” di Village for all – scrive Antonio Giuseppe Malafarina – e a tanti altri operatori, siamo qui a combattere la nostra “guerra” contro la frammentazione spesso presente tra organizzazioni che si battono per i medesimi diritti delle persone con disabilità. È una “guerra” che ci fa perdere tutti, noi persone con disabilità, e che combattuta anche con la consapevolezza che sia già persa in partenza»

Vetro in frantumiCombatto una guerra. Una guerra persa. È una guerra che ci fa perdere tutti, noi persone con disabilità. Mi viene in appoggio una campagna di crowdfunding [raccolta fondi nel web, N.d.R.], per la realizzazione di quello che considero vero e proprio “materiale bellico”. Perché l’informazione è materiale bellico. Fa la guerra a colpi di verità.
Proprio per questo credo sia il caso di sostenere la campagna recentemente lanciata dall’organizzazione Village for all (V4A®) per la realizzazione di un video su una nuova prospettiva della disabilità, che va seguito perché propone un messaggio destinato a sorpassare quello che esso stesso si propone di comunicare. E qui la guerra diventa durissima.

Village for all si occupa di turismo per tutti in maniera egregia. «Questa volta – dice Roberto Vitali, che ne è il fondatore e il presidente – abbiamo deciso di realizzare un video strettamente sulla comunicazione, perché occupandoci di comunicare, vediamo la fatica che si fa a parlare con le persone in modo diretto e semplice di disabilità. Si pensa sempre che appartenga a qualcun altro, mentre appartiene a tutti noi».
Il video si chiama AXioMA [se ne legga già ampiamente su queste stesse pagine, N.d.R.], nome che rimanda al concetto di assioma, cioè di assunto che non deve essere dimostrato, che in questo caso è appunto che la disabilità ci riguarda tutti.
Per aiutare Village for all a raccogliere i 20.000 euro necessari alla realizzazione del filmato, si può visitare l’area che si apre cliccando qui sopra. L’idea, ribadisce Vitali, «è che la disabilità fa parte in diversi modi della vita di tutti noi e ha molti aspetti, compresa la disabilità evidente. Vogliamo cercare altri linguaggi, codici di comunicazione, che servano a proporre una visione più inclusiva».

Il punto focale del video, affidato a un gruppo di giovani filmmaker, sta in questa affermazione: «Vogliamo dedicare questo film a tutte le persone che vivono condizioni di presunta inferiorità, siano esse derivanti da difficoltà fisiche o psicologiche che indotte dall’altrui egoismo, cattiveria o ignoranza perché la disabilità è qualche cosa di molto più complesso rispetto a quanto il nostro tessuto culturale ci abbia trasmesso e probabilmente non esiste persona, in questo mondo, che non ne sia stata toccata».
In senso tecnico, la disabilità non può prescindere dalla condizione di salute della persona, altrimenti diventa qualcosa di enorme e incontrollabile, su cui è difficile legiferare e nel merito di cui è veramente improbabile riuscire ad argomentare. Tuttavia che la disabilità riguardi tutti è un concetto portante della nuova visione della disabilità. Che essa ci colga per il fugace lasso di una febbriciattola che ci impedisce di uscire di casa oppure che possiamo venirne a conoscenza dalla testimonianza di vita di una persona con una disabilità gravissima attraverso il passaparola, la scuola, un film o internet è fuori di dubbio.
Molto bene, quindi, esplorare nuove vie di comunicazione e preparare un video come AXioMA. Ma c’è una questione latente che coincide con la guerra cui assisto quotidianamente. E contro la quale mi batto. Indossando la mia “divisa di lungo corso” per una guerra contro la guerra. La guerra madre di tutte le guerre. E se non madre, quantomeno “zia”.

Non so quanti di voi abbiano mai provato a mettere in comunicazione fra di loro delle Associazioni che rappresentano mondi differenti, inutile utilizzare un altro termine perché proprio di mondi differenti si tratta. Le persone paraplegiche quanto si sentono legate a quelle con sindrome di Down? Poco, forse per niente. Quando ci parlo, a meno che non parli con un “tecnico della disabilità”, lo sento. Ma questo è il meno.
L’aspetto inquietante si incontra quando si vedono divisioni all’interno di una stessa categoria (brutto termine, ma funzionale alla comprensione) di persone con disabilità. Nel mondo della sordità è nota la distinzione fra oralisti e segnanti. Fra le Associazioni di persone con sindrome di Down circola voce che non si viva di amore sponsale. E ancora, per quanto riguarda l’autismo c’è chi aborre a suon di scienza e linee guida l’uso della comunicazione facilitata e chi lo ritiene uno strumento utile.
FISH e FAND [rispettivamente Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap e Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità, N.d.R.] non difendono i diritti delle persone con disabilità? Eppure sono due confederazioni, non una. E ad esse afferiscono Associazioni diverse che in alcuni casi si battono per i diritti della stessa categoria di persone con disabilità. È un assurdo. Comprendo che alla base di certe divisioni ci siano motivi fondati, ma che non si trovi un punto d’incontro è un assurdo. È una guerra.

In questo scenario di frammentazione, è difficile portare avanti lotte comuni. E la disparità alimenta le disparità. AXioMA è scritto così per mettere bene in chiaro che al centro del concetto di universalità, e di universalità del disagio, c’è la persona. C’è un “io”. Ma se in questo io non c’è percezione di una comune appartenenza, è lo stesso concetto di universalità che viene messo in crisi.
Chi scrive, insieme ad AXioMA e a tanti altri operatori, siamo qui a combattere la nostra “guerra contro la guerra”. Perché la “zia” di tutte le guerre sulla disabilità, quella “zia” che si chiama frammentazione, va combattuta anche con la consapevolezza di star lottando per una guerra persa.

Riflessioni già apparse in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “La guerra persa che continuiamo a combattere”. Vengono qui riprese, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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