Dal caregiver familiare al “familiare alleato”

«Indipendentemente da una norma che fornisca e definisca gli stanziamenti per la tutela del nucleo familiare nel quale vive una persona con disabilità – scrive Chiara Bonanno, che definisce il caregiver familiare come una figura-ponte di “alleato” delle Istituzioni da una parte, della persona con disabilità dall’altra – occorre mettere in campo degli strumenti che valutino efficacemente i contesti individuali e che individuino selettivamente le risposte più adeguate, attivando, tra le risorse disponibili, quelle che hanno la connotazione di risposta personalizzata a quello specifico contesto»

Due puzzle blu unitiu da un pezzo di puzzle rossoIl presente testo, frutto di un lavoro collettivo, è finalizzato a trovare una soluzione pratica, immediata ed efficace per la tutela del familiare caregiver. Nella prima parte vi si propone una nuova visione di tale figura, coerente con i trattati internazionali sui diritti umani e in particolare con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Sulla base di queste riflessioni viene quindi individuato l’elemento d’urgenza che impone al mondo politico azioni di concreta organizzazione istituzionale, per fornire risposte adeguate alle reali necessità dei cittadini caregiver.
In chiusura si propone un nuovo strumento operativo, frutto di un lungo e laborioso lavoro di studio e confronto tra professionisti e familiari esperti proprio nel contesto di caregiving. (C.B.)

La cura invisibile
Il familiare che per garantire una vita di qualità al proprio congiunto con disabilità se ne prende cura in maniera globale e continuativa condividendone l’esistenza, viene indicato da alcuni anni come caregiver familiare, non trovandosi un’efficace denominazione in italiano che ne descriva il ruolo. Ma è proprio riflettendo sul ruolo di cura del familiare che sono possibili alcune considerazioni. E innanzitutto: perché la dignità di vita della persona con disabilità è diventata, soprattutto negli ultimi anni, solo un “affare di famiglia”?
La dimensione privata e intima dell’amore, dell’affetto, della solidarietà familiare esiste ed è generalmente molto forte e tenace fra la persona caregiver (principalmente una donna nella nostra società) e il familiare assistito. Ma davvero crediamo che una donna, all’interno di un nucleo familiare, si assuma questo compito di cura in modo così totalizzante ed esclusivo solamente per una “scelta d’amore”? Sarebbe una “scelta”, infatti, se ci fossero delle alternative, senza alternative, invece, non c’è possibilità di scelta, ma solo obbligo e costrizione.
Negli ultimi anni le politiche sociali sembrano orientate a considerare le persone con disabilità solamente come “congiunti del caregiver”, cioè solo nel ruolo subalterno di genitori/figli/fratelli/coniugi del familiare che se ne prende cura, dimenticando che le persone con disabilità sono prima di tutto Individui e Cittadini dello Stato italiano. Cittadini che, a causa della loro fragilità, lo Stato dovrebbe sostenere e tutelare nel diritto di vivere come tutti gli altri, a prescindere dal proprio nucleo familiare.
Infatti, la persona con disabilità non appartiene alla famiglia come un “eterno bambino”, né può essere recluso all’interno della famiglia stessa in nome della sua fragilità o dell’amore. La persona con disabilità, va ribadito, è Individuo e Cittadino che appartiene, come tutti, a una fitta rete di relazioni la quale include certamente la famiglia, ma si allarga oltre essa. La sua esistenza è parte e responsabilità della collettività: appartiene alla Società.
È tuttavia pur vero che il compito di un sistema di welfare efficace è quello di utilizzare al meglio la “risorsa” rappresentata dalla famiglia, armonizzandola in una progettualità di dignitosa inclusione della persona con disabilità. Utilizzare, però, non significa sfruttare. Utilizzare significa valorizzare la dedizione e la motivazione del legame affettivo, consentendo allo Stato un grande risparmio in termini economici e al Cittadino con disabilità di sviluppare le proprie potenzialità e le proprie autonomie, evitando la pratica disumana e disumanizzante dell’istituzionalizzazione.

Madre-caregiver con il proprio figlio gravemente disabile

Una madre-caregiver insieme al proprio figlio, persona con grave disabilità

Ma allora qual è il ruolo del caregiver familiare? È un ruolo complesso e delicato, che trascende l’impegno di cura e ad esso si somma. Un ruolo insostituibile, che nessuna badante, nessun operatore potrebbe svolgere. Il caregiver, infatti, non si limita a una costante attività di cura in virtù dell’affetto parentale, il caregiver è “alleato”, è ponte, è crocevia, è snodo e intreccio di scambi, interventi socio-assistenziali, relazioni, responsabilità che si attivano tra tre soggetti:
° Istituzioni-Società
° Alleato
° Persona con disabilità.

Ecco perché la cura familiare valorizzata diventa alleanza” e il caregiver familiare è alleato della persona con disabilità”, ma nel contempo è alleato delle Istituzioni” nel loro importante compito di tutela e assistenza della persona con disabilità. Entrambi – persona con disabilità e Stato – si appoggiano al caregiver e tramite quest’ultimo possono interagire.
È un ruolo che richiama ciascun soggetto alle proprie responsabilità, nell’interesse e secondo la volontà della persona con disabilità.

La cartina di tornasole dell’alleanza
Quando mancano adeguati sostegni e tutele al cittadino con disabilità, anche il suo caregiver viene penalizzato, e viceversa. Lo stato di benessere e salute dell’uno è la cartina di tornasole, l’indicatore dello stato di salute dell’altro, reciprocamente.
Perché – e vogliamo dirlo con forza e in maniera incisiva – lo status di “familiare alleato” è totalmente connesso a quello della persona con disabilità. Quindi, le proposte di “pseudo remunerazione”, di “pseudo professionalizzazione” e/o di “pseudo retribuzione” presenti nelle Delibere Regionali e/o nelle Proposte di Legge relative a questo ruolo “lavorativo”, sono totalmente fuorvianti.

Da cura invisibile ad alleanza efficace
Lo Stato che vuole utilizzare e non sfruttare la risorsa rappresentata dal familiare alleato deve prima di tutto riconoscere che questo “ruolo ponte” assimila il familiare – per un’analoga fragilità sociale e sanitaria – alla stessa persona con disabilità che ovviamente rimane, e deve rimanere, il prioritario oggetto dell’intervento di sostegno. Infatti, è del tutto evidente che chiedere a un familiare di effettuare prestazioni anche di elevata professionalità sanitaria senza garantirgli né riposo notturno, né tregua dal suo impegno con il familiare non autosufficiente, equivale a mettere in pericolo sia la salute del familiare che la salute e la stessa sopravvivenza della persona con disabilità.
A tal proposito, nella tabella in calce vengono indicate una serie di patologie in cui può incorrere frequentemente il caregiver familiare, a causa dell’attività di cura e assistenza in cui è impegnato in modo continuativo.

Ma perché lo Stato dovrebbe tutelare prioritariamente il diritto alla salute del caregiver alleato?
– Perché
la salute è un diritto umano fondamentale, riconosciuto dalla nostra Costituzione.
– Perché non solo è un diritto dell’individuo, ma è anche interesse della collettività.
– Perché è compito dello Stato tutelare e sostenere il cittadino con disabilità e per garantirgli sicurezza sanitaria e sociale nel proprio domicilio, non può ignorare il rischio rappresentato dalle condizioni di stanchezza e malattia del familiare alleato, quando non è messo nella condizione di poter svolgere efficacemente il proprio importantissimo ruolo.
Pertanto lo Stato ha non solo il dovere, ma anche l’interesse e la convenienza nel tutelare il diritto alla salute del proprio alleato.

A questo punto bisogna chiedersi: esiste una soluzione senza “oneri aggiuntivi”? Infatti, nell’attuale contesto politico ed economico che l’Italia sta vivendo, ci rendiamo conto che questa è, purtroppo, la prioritaria domanda che il mondo politico si pone, pur nell’interesse generale di voler comunque fornire una risposta efficace alla cittadinanza.
Ma è possibile tutelare un diritto umano così importante senza ulteriori stanziamenti economici? No. La tutela di un diritto comporta sempre un investimento economico.

Statua di Atlante

«È così inappropriato – si era chiesto a suo tempo su queste stesse pagine Giorgio Genta – paragonare la vita del caregiver familiare a quella di Atlante, il personaggio mitologico condannato dal dio Giove a tenere sulle spalle l’intera volta celeste?»

Attenzione: un investimento non è solo un esborso di denaro pubblico, ma è la risorsa che permette ed è artefice di qualsiasi processo produttivo. Quindi un’efficace proposta politica che abbia per oggetto la tutela dei diritti umani deve prevedere degli investimenti, ma anche una riorganizzazione delle risorse attualmente disponibili. Quest’ultimo è un punto cruciale, perché dalla teoria si passa all’operatività.
Non è del resto per caso che ogni norma e direttiva riguardante l’individuazione di risposte istituzionali alla cittadinanza, possegga la chiara indicazione operativa di ricercare la caratterizzazione del servizio attraverso una costruzione personalizzata/individualizzata rispetto al bisogno, per evitare risposte generalistiche e/o “a pioggia”, che rappresenterebbero solo uno spreco di risorse.
Ecco perché diventa indispensabile, in sede di prossimità istituzionale, riuscire a valutare e definire in maniera univoca ed efficace le situazioni che richiedono interventi urgenti, sia di tipo “strutturale” che di approfondimento diagnostico, per capire “dove” e “cosa” mettere in campo nell’intervento sociale. Definire con precisione il contesto di caregiving nel quale vive la persona con disabilità permetterebbe la precisa individuazione degli obiettivi  nello stanziamento delle risorse.

Ma come fare per individuare il “carico di lavoro” del familiare alleato, contenendo quell’elemento di discrezionalità che, purtroppo, non sempre deriva da un efficace processo professionale, ma più spesso deriva dalla ricerca di un generale consenso politico/elettorale?
Diversi sono i test che vengono utilizzati per “misurare” il livello di stress del familiare alleato, a volte anche correlandolo in maniera impropria alla patologia della persona con disabilità.
Un altro rilevante elemento di criticità dei processi valutativi effettuati nel contesto della persona con disabilità è che difficilmente tali analisi riescono a evidenziare in maniera immediatamente operativa quali siano le azioni da compiere per offrire una risposta realmente individualizzata rispetto al bisogno espresso. Si finisce così per identificare nella “patologia” della persona con disabilità la criticità socio/assistenziale e in un intervento generalizzato e a pioggia la “risposta” al bisogno, in totale controtendenza con le chiare indicazioni espresse a livello internazionale e ben specificate proprio nella citata Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Ciò senza contare che una risposta che perde totalmente la connotazione individualizzata risulta, per forza di cose, inadeguata al contesto, finendo per rappresentare un vero e proprio spreco di risorse della collettività.
Ecco perché ci siamo impegnati nell’elaborazione di un Test a intervista strutturata che, oltre a misurare il “carico di impegno” del familiare alleato, consente anche di individuare gli interventi operativi necessari e prioritari, per mettere in sicurezza il contesto in cui vive la persona con disabilità e il suo nucleo familiare. Questo test, elaborato da Lelio Bizzarri, psicologo esperto nel campo [“firma” presente anche in «Superando.it», N.d.R.], in collaborazione con alcuni familiari alleati con esperienza professionale nelle Istituzioni e nei Servizi Socio-Assistenziali, si propone come uno strumento operativo con il quale organizzare al meglio le risorse disponibili, selezionando quelle realmente necessarie e, quindi, generando un regime virtuoso di interventi socio assistenziali che non grava con ulteriori oneri sulla collettività.

In conclusione, indipendentemente da una norma che fornisca e definisca gli stanziamenti per la tutela del nucleo familiare nel quale vive la persona con disabilità, occorre mettere in campo degli strumenti che valutino efficacemente i contesti individuali e che individuino selettivamente le risposte più adeguate, attivando, tra le risorse disponibili, quelle che hanno la connotazione di risposta personalizzata a quello specifico contesto. Solo così si potranno prevedere degli stanziamenti pubblici che siano reali investimenti nella produzione di maggiore dignità per le persone con disabilità.

Ideatrice del blog La Cura Invisibile, assistente sociale esperta di caregiving familiare.

Rischio salute caregiver familiare

Notti in bianco:
demenza precoce
disturbi psichiatrici
aumento tendenze suicide
obesità e diabete
infarto
infertilità
malformazioni fetali

Sforzi movimentazione da carichi:
dolori cronici
ernie e artrosi della colonna
deformazioni e degenerazioni muscolo-scheletriche di braccia e gambe

Continue condizioni di emergenza e stress:
Post-Traumatic Stress Disorder
disturbi dell’umore
ABA – disturbi alimentari
neoplasie
disturbi cardiovascolari
ipertensione

Annullamento della percezione dei propri bisogni:
patologie non curate
influenza
polmoniti
infezioni cerebrali
stili di vita insalubre

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