Sono quanto mai significativi i dati presentati dalla Lega del Filo d’Oro – organizzazione impegnata da più di cinquant’anni sul fronte della sordocecità – in occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare di oggi, 28 febbraio, incentrata – come abbiamo ampiamente riferito in altra parte del giornale – sul tema Con la ricerca le possibilità sono infinite.
Nel 2016, infatti delle 291 persone trattate dalla stessa Lega del Filo d’Oro al proprio Centro Nazionale di Osimo (Ancona), il 34% era affetto da Malattie Rare (il 29% era nato prematuro e il 37% presentava altre patologie), di cui oltre il 60% aveva un’età compresa tra i 5 e i 18 anni, l’11% tra 0 e 4 anni e poco meno del 20% erano adulti con un’età superiore ai 26 anni.
«Le Malattie Rare – ricordano dalla Lega del Filo d’Oro – hanno nomi difficili, colpiscono circa un nato su 2.000, non esistono sufficienti studi clinici, presentano caratteristiche particolari e sono tra le prime cause di sordocecità e pluriminorazioni psicosensoriali. Nel loro insieme, per altro, si tratta di patologie molto numerose: l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima infatti che ne esistano tra 6.000 e 7.000 e che colpiscano complessivamente circa il 3% della popolazione, per un totale che viene stimato tra i 27 e i 36 milioni di persone coinvolte nella sola Unione Europea (circa un milione e 200.000 in Italia)».
Le malattie riscontrate in particolare tra le persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali sono la sindrome di Charge, di cui la Lega del Filo d’Oro è il punto di riferimento nel nostro Paese, anomalia congenita rara che può colpire diverse parti del corpo e coinvolgere, oltre alla struttura oculare e dell’orecchio, il cuore, una o entrambe le cavità nasali, gli organi genitali e causare inoltre un ritardo nella crescita e nello sviluppo e la sindrome di Usher, malattia congenita a causa della quale chi ne è colpito nasce con disabilità uditiva e perde la vista successivamente, per un deterioramento della retina, ben noto come retinite pigmentosa.
Patologie che, com’è ben comprensibile, incidono fortemente sulla qualità di vita sia di chi ne soffre, sia dell’intero nucleo familiare.
«Non esistendo un approccio riabilitativo standard a questi tipi di disabilità – spiegano ancora dall’organizzazione marchigiana – la nostra équipe è impegnata a costruirlo di volta in volta, a seconda dell’utente che arriva al Centro, del grado e della combinazione delle minorazioni, del momento e delle cause della loro insorgenza e anche dell’ambiente socio-familiare. Così per ognuno, dopo un’approfondita analisi delle abilità residue e delle cause principali di sordocecità e pluriminorazioni psicosensoriali, viene messo a punto un piano di intervento riabilitativo personalizzato, attuato sempre con il coinvolgimento delle famiglie, delle istituzioni e dei territori: solo in questo modo, infatti, crediamo si possa realizzare pienamente il reinserimento nella società».
«È importante – dichiara Patrizia Ceccarani, direttore tecnico scientifico della Lega del Filo d’Oro – che attorno ai genitori di bambini affetti da sindromi rare ci sia una rete di professionisti e persone dal volto amico che offrano accoglienza e sostegno, anche perché la famiglia, insieme alla guida di esperti, è cruciale per lo sviluppo di un bambino affetto da queste malattie; pertanto, quando un genitore riesce a comprendere le difficoltà del figlio, si trova nella condizione migliore per prendersene cura e facilitare lo sviluppo delle sue potenzialità».
Un altro elemento certamente decisivo è l’intervento precoce, entro il primo anno di vita, o comunque appena viene raggiunta una diagnosi certa. «Nell’intervento precoce – annota ancora Ceccarani – si cerca di far utilizzare al meglio le risorse residue e di sviluppare strategie alternative. La presa in carico è globale, mirata a far acquisire al piccolo la comunicazione, l’utilizzo dei residui visivi o uditivi e degli altri sensi, lo sviluppo delle abilità motorie, psicomotorie e cognitive, le autonomie personali e il gioco».
Ma quali comportamenti comunicativi possiedono i bimbi con tali problematiche? Come si può sollecitarne l’espressione di bisogni e desideri e in che misura potranno partecipare attivamente e in modo autonomo alla vita sociale? «Sono queste le domande – conclude Ceccarani – a cui risponde il nostro team composto da insegnanti, educatori, operatori e terapisti, che lavorano in modo interdisciplinare, sviluppando trattamenti educativo-riabilitativi personalizzati portati avanti in varie aree e integrati con sedute di fisiochinesiterapia, idrochinesiterapia, musicoterapia, logopedia, deglutologia, orientamento e mobilità. Di volta in volta, infatti, individuiamo per ogni ospite la terapia più adeguata e il linguaggio più adatto, al fine di penetrare quel muro fatto di buio e silenzio in cui vivono le persone sordocieche. Inoltre, da piùdi vent’anni il nostro Comitato Tecnico Scientifico ed Etico svolge un’intensa attività di ricerca riabilitativa, per valutare gli interventi più efficaci da mettere in atto». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Marco Simonelli (m.simonelli@inc-comunicazione.it).