La drammatica storia del giovane Fabo, che ha ottenuto il suicidio assistito in una clinica svizzera, dopo essere rimasto completamente paralizzato e avere perso la vista in seguito a un incidente stradale, spero costituisca uno stimolo per affrontare i problemi delle tante persone con gravissima disabilità che vivono nel nostro Paese.
Questi Cittadini ritengo debbano avere il diritto di decidere liberamente del loro futuro, ma legalizzare l’eutanasia, come è già avvenuto in altri Paesi, non può essere l’unico obiettivo da perseguire.
Questi Ragazzi debbono essere aiutati soprattutto a vivere e per questo c’è la necessità di non farli sentire soli, di tutelarne i diritti, di offrire loro delle opportunità, di dare loro una speranza, di garantire loro una vita dignitosa e un’inclusione sociale, di investire in ricerca e assistenza.
Non vengono istigati al suicidio dai Radicali, ma da chi li ignora, da chi in questi ultimi anni di politiche di austerità ha cercato di tagliare persino i pochi fondi di cui possono disporre nel disinteresse di molti, da chi non ha garantito la necessaria assistenza sanitaria e sociale, da chi ha ignorato le proposte di realizzare in Italia strutture all’avanguardia già sperimentate in altri Paesi.
A volte la preoccupazione delle Pubbliche Amministrazioni Centrali e Locali è purtroppo quella di costruire opere pubbliche di dubbia utilità sociale, ignorando il disagio estremo di chi soffre ed è incapace di condurre una vita autonoma.
Queste Persone avrebbero bisogno di essere assistite in centri che offrano servizi all’avanguardia e non localizzati a oltre mille chilometri distanza, di godere di servizi domiciliari, di potersi spostare autonomamente senza incontrare dovunque barriere architettoniche, che costituiscono non solo ostacoli, ma una mancanza di rispetto e una discriminazione nei loro confronti, nel più totale disprezzo delle leggi esistenti.
Si è arrivati al punto di costringere a protestare al freddo sulle loro sedie a rotelle persone affette da gravi patologie, addirittura collegate a respiratori artificiali. Hanno dovuto rischiare la vita pur di ottenere il riconoscimento dei loro diritti e un’assistenza indispensabile per la loro sopravvivenza.
Si prenda come modello la Svizzera non solo per i centri per l’eutanasia, ma anche per le strutture all’avanguardia nel mondo che assistono e favoriscono il reinserimento sociale delle persone con gravissime disabilità, per contrastare la loro disperazione e ridurre il numero dei loro suicidi.
L’estrema decisione di Fabo, da rispettare e comprendere, spero che almeno riesca a sollecitare una riflessione e una modifica degli atteggiamenti in coloro i quali, a tutti i livelli, hanno il potere di ridurre il numero di altri casi simili.
Padre di un giovane con grave disabilità.
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