Nei giorni scorsi, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha votato all’unanimità a favore di Ehlena Fry, una tredicenne del Michigan affetta da una forma di paralisi cerebrale che ne limita fortemente la mobilità. Per questo Ehlena ha bisogno del suo cane guida Wonder, che le facilita gli spostamenti, aprendole le porte e prendendole gli oggetti. Ma la scuola che frequentava la ragazza aveva proibito la presenza dell’animale al proprio interno e quindi la famiglia aveva avviato nel 2012 una causa legale, citando la violazione dell’ADA (Americans with Disabilities Act), Legge che autorizza l’assistenza da parte di animali in qualsiasi Istituzione.
Il lieto fine di questa triste vicenda fa ben sperare che anche nella “civilissima” Italia venga reso concretamente esigibile il diritto di accesso con il cane guida nei luoghi pubblici da parte delle persone con disabilità visiva, riconosciuto per legge. Infatti, com’è ben noto, in tema di autonomia e mobilità delle persone con minorazione della vista, possiamo contare nel nostro Paese su Leggi tra le migliori a livello europeo. Peccato, però, che troppo spesso non si riesca poi ad applicarle in maniera davvero compiuta. E questo fa sì che in realtà non ci sia una vera integrazione, con conseguenti difficoltà da parte dei non vedenti e ipovedenti a raggiungere apprezzabili livelli di autonomia e di inclusione.
Eppure, la normativa non lascia adito a dubbi. La materia, infatti, è regolamentata dalla Legge 37/74, poi integrata e modificata dalla Legge 376/88 e infine dalla Legge 60/06. In particolare, la Legge 37/74 stabilisce che il disabile visivo abbia «diritto di farsi accompagnare dal proprio cane guida nei suoi viaggi su ogni mezzo di trasporto pubblico senza dover pagare per l’animale alcun biglietto o sovrattassa». La Legge 376/88 ha aggiunto poi che «al privo della vista è riconosciuto altresì il diritto di accedere agli esercizi aperti al pubblico con il proprio cane guida»; da ultimo, la Legge 60/06 ha precisato che «i responsabili della gestione dei trasporti e i titolari degli esercizi aperti al pubblico che impediscano od ostacolino, direttamente o indirettamente, l’accesso alle persone con disabilità visiva accompagnate dal proprio cane guida» siano «soggetti ad una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da euro 500 a euro 2.500».
Ciò nonostante, sulle più disparate testate giornalistiche e sui siti web si sprecano “ciclicamente” notizie che ci riferiscono di non vedenti ed ipovedenti “rifiutati” dai proprietari di alberghi ed esercizi pubblici e dai conducenti di autobus e taxi, proprio perché accompagnati dal proprio cane guida.
Al di là della violazione delle suddette norme, queste tristi storie hanno l’aggravante della discriminazione, conculcando i princìpi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, delle quali si violano la dignità e il diritto a pari opportunità.
Atti così gravi e dilaganti fanno comprendere quanto la consapevolezza dell’opinione pubblica circa il diritto di accesso e di movimentazione dei cani guida per non vedenti sia ancora molto limitata. È giunto invece finalmente il momento di capire che il cane guida non è solo il “simbolo” della cecità, ma che, al contrario, costituisce per le persone con disabilità visiva un concreto e insostituibile “ausilio” di mobilità e un preziosissimo “compagno” di libertà e inclusione.
Delle battaglie per il diritto all’accesso dei cani guida – condotte con forza, oltreché dall’UICI, anche dall’Associazione Blindsight Project – il nostro giornale si è occupato molto spesso in questi anni. Nella colonnina a destra del presente articolo, elenchiamo i contributi da noi pubblicati su questo tema negli ultimi tre anni.