La Relazione Annuale al Parlamento 2017 del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale costituisce il risultato del primo anno di attività di questa nuova Istituzione, voluta allo scopo di costruire un sistema di prevenzione delle violazioni dei diritti umani in quei luoghi dove appunto le persone siano private della libertà personale o dove tale libertà sia fortemente limitata.
Istituito tramite la Legge 10/14 (conversione del Decreto Legge 146/13), il Garante agisce anche quale National Preventive Mechanism delle Nazioni Unite, ovvero come organismo nazionale di prevenzione a seguito della ratifica da parte dell’Italia del Protocollo Opzionale alla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.
In sostanza, i compiti di tale figura consistono nell’esame regolare delle situazioni dove le persone siano appunto private della loro libertà personale e dalla verifica che in questi luoghi il trattamento di chi vi è accolto non sia inumano, crudele e degradante.
Concretamente, il Garante agisce di propria iniziativa e autonomamente può visitare quegli stessi luoghi, con libertà di accesso non annunciato, può accedere senza riserva alle informazioni e alle persone, con le quali ha facoltà di svolgere colloqui riservati senza controllo visivo e audio. A seguito di queste visite, formula delle Raccomandazioni alle Autorità competenti, definendo così un sistema di standard da rispettare. I rapporti sia sui controlli che sulle visite sono pubblici.
Tra i vari importanti aspetti legati al ruolo svolto da questa figura, vi è che tra i luoghi di sua competenza vanno annoverati anche quelli dove esservi ospitati non è in genere percepito come una privazione della libertà personale. Un tema, quindi, strettamente connesso alla condizione di vita di troppe persone con disabilità. Non a caso, nella sua Relazione 2017, il Garante dichiara che «l’ambito della privazione della libertà nel contesto sanitario e delle “social care home” [letteralmente “case di cura sociale”, in realtà “strutture residenziali”, N.d.R.] sarà pienamente sviluppato dal Garante Nazionale nel corso del nuovo anno».
Nel capitolo intitolato Libertà e salute – Problemi aperti, per altro, vengono già elencate le linee di azione individuate e i primi passi già compiuti per il monitoraggio di una serie di situazioni e di strutture. A tal proposito vale sicuramente la pena citare testualmente quanto scritto nella parte riguardante il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO): «Al fine di eseguire il mandato attribuito dalla norma – di monitoraggio dell’effettivo godimento dei diritti delle persone ricoverate anche in modo inizialmente volontario e divenuto di fatto involontario – il Garante Nazionale ha aperto il dialogo con alcuni interlocutori istituzionali. L’obiettivo è la costituzione di tavoli di confronto per l’avvio di politiche sociali e sanitarie basate su una strategia comune di prevenzione degli abusi e delle violazioni dei diritti fondamentali, per l’individuazione di una rete locale che realizzi una mappatura delle strutture residenziali, per il consolidamento e la disseminazione di buone prassi».
Rispetto poi agli Standard per il trattamento involontario, «i criteri di un’azione di monitoraggio del trattamento devono essere ricavati dalla Convention on the Rights of Persons with Disabilities (UN -CRPD) [Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, N.d.R.], ovvero «che il paziente abbia il diritto a essere curato in un ambiente la cui restrittività sia ridotta al minimo e con un trattamento che altresì riduca al minimo le intrusioni nella sfera della fisicità, della limitazione di movimento e soprattutto della necessità contenitiva [grassetto nostro in questa e nelle altre citazioni, N.d.R.]».
Con molta lucidità, quindi, nel paragrafo intitolato Avviare il monitoraggio di situazioni residenziali restrittive della libertà, il Garante denuncia la condizione di quelle persone che anche in virtù della loro «“incapacitazione” legale, sono costrette a vivere una quotidianità di privazione della libertà personale. Decisioni adottate per tutelarle, per accudirle, ma pur sempre privandole della possibilità di decidere liberamente di eventualmente lasciare la struttura in cui sono accolte. Il controllo su queste situazioni è parte del complessivo controllo sulla tutela dei diritti delle persone che, per motivi vari, sono di fatto private dell’autonoma decisione circa il proprio libero muoversi».
Anche nel paragrafo successivo, esplicitamente dedicato al tema La disabilità e lo schema legislativo internazionale, il Garante centra il cuore del problema, scrivendo che «le persone con disabilità sono spesso oggetto di esclusione e di discriminazione causate dalla disparità di accesso a opportunità educative, culturali, di lavoro, di cura e di servizi. A volte sono soggette a vere e proprie forme di segregazione e di isolamento per il mancato riconoscimento dell’uguale importanza dei loro bisogni e, conseguentemente, dei loro diritti».
Tutte queste sono considerazioni e iniziative che vanno certamente ascritte alla volontà del nostro Paese di inserire queste situazioni in un quadro di protezione e tutela dei diritti umani delle persone con disabilità e in particolare di quelle che presentano disabilità intellettiva e psicosociale. Ma è anche il risultato della pressione svolta dal movimento delle Associazioni di persone con disabilità e delle loro famiglie nei confronti del Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che verifica l’applicazione della Convenzione e che lo scorso anno ha chiesto con forza all’Italia di inserire senza indugio, nei compiti del Garante, le visite alle strutture psichiatriche o ad altre strutture residenziali per persone con disabilità, specialmente quelle con disabilità intellettive o psicosociali, riferendo successivamente sulla loro condizione (punto 42 delle Osservazioni Conclusive del Comitato all’Italia: «Il Comitato raccomanda che il Meccanismo Nazionale di Prevenzione visiti immediatamente gli istituti psichiatrici o altre strutture residenziali per persone con disabilità, specialmente quelle con disabilità intellettiva o psicosociali, e riferisca sulla loro condizione»).
Dopo questa Relazione al Parlamento, dunque, toccherà al Governo agire affinché le Raccomandazioni del Garante vengano applicate.
Alle Associazioni di persone con disabilità e delle loro famiglie spetta invece il compito di premere sull’Esecutivo stesso e su tutte le articolazioni governative, perché venga adeguatamente attuato sia quanto richiesto dal Garante, sia dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.