Tempo di bilanci, per il CoorDown, il Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down, dopo la dodicesima edizione della Giornata Mondiale sulla Sindrome di Down, andata in archivio il 21 marzo scorso. Lo sguardo, tuttavia, è già decisamente rivolto al futuro.
«Per il nostro organismo – spiegano innanzitutto dal CoorDown – i risultati sono stati più che positivi. Il breve film #NotSpecialNeeds, realizzato in collaborazione con Publicis New York, ha superato in pochi giorni i sette milioni di visualizzazioni su Facebook ed è diventato uno dei video più condivisi in rete nell’ultima settimana. La campagna da esso veicolata ha fatto sorridere e riflettere, suscitando forti emozioni e alimentando il dibattito in tutto il mondo, a partire da un quesito (“Sono davvero “speciali” i bisogni delle persone con sindrome di Down?) e da una chiara risposta: “No, sono bisogni umani!”, ovvero gli stessi di chiunque altro, a cominciare dall’istruzione, dal lavoro, dalle opportunità. Le persone con disabilità possono richiedere differenti strategie, adeguamenti o supporti – a volta un’assistenza significativa – ma questo non rende “speciali” i loro bisogni. E tale distinzione non fa riferimento solo a una questione linguistica: quando infatti ci rendiamo conto che le esigenze da soddisfare sono bisogni umani, allora possiamo concentrarci sull’eliminare le barriere che incontra ogni giorno la persona con sindrome di Down, per soddisfare quei bisogni umani ordinari e sul fornire i supporti necessari».
Tali concetti sono stati espressi al meglio da Irene Galli, diciottenne fiorentina con sindrome di Down, che il 21 marzo scorso ha rappresentato il CoorDown alla World Down Syndrome Day Conference di New York, insieme ad Antonella Falugiani, vicepresidente del Coordinamento.
Nel suo intervento alle Nazioni Unite, infatti, Irene ha parlato delle difficoltà che incontra ogni giorno, ha raccontato i sogni e i desideri che coltiva e ha spiegato alla platea, con parole semplici, cosa significhi avere la sindrome di Down e quanto sia difficile viverla dovendosi muovere in una società che non crede nelle sue potenzialità. Irene ha parlato di lavoro e di scuola, di esclusione e di solitudine, ma anche di amore, di affetti e di vita indipendente. «Ancora tante persone non credono che io possa diventare autonoma – ha affermato durante il suo intervento al Palazzo di Vetro -, né credono che sia capace di fare da sola tante cose, come camminare per strada e prendere l’autobus, usare le applicazioni del telefono per spostarmi e utilizzare i soldi, usare la lavatrice, cucinare o pulire la casa. Oggi sono qui perché vorrei dire a tutti che noi non siamo incapaci, bisogna darci l’opportunità di imparare, di fare progetti, di partecipare alla vita della comunità e di avere un ruolo nella società».
«Ed è proprio dalle parole di Irene – viene sottolineato dal CoorDown – che vogliamo ripartire: intendiamo favorire la partecipazione e la piena inclusione sociale delle persone con sindrome di Down, dando loro una voce autonoma in tutte le occasioni possibili, sia all’interno delle Associazioni, sia ai tavoli istituzionali dove saremo chiamati al confronto». (S.B.)
L’intervento completo di Irene Galli alle Nazioni Unite è disponibile a questo link. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa CoorDown (Federico De Cesare Viola), ufficiostampa@coordown.it.
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