«Abbiamo riscontrato innumerevoli anomalie nei nuovi LEA Sanitari (Livelli Essenziali di Assistenziali), e per questo siamo ufficialmente a chiederle un’audizione per rimediare a tali dimenticanze e gravissimi errori»: lo scrivono Francesco Diomede e Giuseppe Dodi, presidenti rispettivamente della FINCOPP (Federazione Italiana Incontinenti Disfunzioni del Pavimento Pelvico) e dell’AISTOM (Associazione Italiana Stomizzati), rivolgendosi a Beatrice Lorenzin, ministra della Salute, e aggiungendo che «in caso l’audizione fosse negata, attiveremo dure iniziative di protesta».
La scorsa settimana, lo ricordiamo, avevamo dato spazio nel nostro giornale a un documento sottoscritto dalle stesse FINCOPP e AISTOM, insieme a numerose altre organizzazioni (AILAR-Associazione Italiana Laringectomizzati; AIMAR-Associazione Italiana Malformazioni Ano Rettali; APS-Associazione Pugliese Stomizzati; FAVO Puglia-Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia; Federanziani Senior; FISH Nazionale-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap; FISH Puglia), che si apriva definendo i nuovi LEA come «ben lontani dall’essere esaustivi ed applicabili. Per talune patologie, anzi, sono addirittura peggiorativi».
Oltre poi a una serie di rilievi e contestazioni generali, quel documento conteneva anche alcuni punti direttamente riferiti allo specifico settore seguito dalle Associazioni di Diomede e Dodi.
«Sui dispositivi medici per persone incontinenti e stomizzate – si scriveva ad esempio, riferendosi a pannoloni, cateteri, sacche e placche – non esiste più la libera scelta e gli addetti ai lavori (medici e infermieri) sanno bene le gravi conseguenze igieniche, relazionali e dermatologiche derivanti da tale decisione. Inoltre, è doveroso sapere che non tutti i pazienti possono fruire dell’identico dispositivo medico (stomia e cateteri) e non è affatto vero che le persone colostomizzate con ernia peristomale o prolasso non possano irrigarsi».
E ancora, «per le persone incontinenti, stomizzate, non è più precisato se serva o meno il riconoscimento dell’invalidità civile, come previsto nell’ex Decreto Ministeriale 332/99 (con successive modifiche). Infatti, col vecchio Nomenclatore Tariffario bastava una semplice prescrizione specialistica per ottenere una sacca, un catetere o un pannolone. Inoltre, tali dispositivi si ottenevano entro cinque giorni lavorativi, poiché vitali. Per i pannoloni, poi, sono stranamente spariti gli standard d’assorbenza e di conseguenza ogni azienda di settore è libera di fornire quello che crede e come meglio crede, e, si badi bene, parliamo di oltre 362 milioni di euro all’anno (oltre all’IVA e ai costi della filiera). Una minore assorbenza, però, comporta un maggior consumo di pannoloni e di conseguenza un maggior danno ambientale». Infine, «le continue vessazioni da parte di Regioni, Centrali d’acquisto e ASL in materia di dispositivi medici (sacche, placche, cateteri, irrigatori, pannoloni, traverse ecc.) violano il nuovo codice degli appalti pubblici, codice che dopo quarant’anni pone la “qualità” al primo posto. È da evidenziare infine che con le gare d’appalto è oggi fondato il rischio di un monopolio nazionale».
«Che dire poi – concludeva il documento – della violazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (articolo 26), in materia di qualità delle protesi motorie e dei dispositivi medici?». (S.B.)
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