Inclusione: sforzi apprezzabili, ma si poteva e si doveva fare di più

«Il testo definitivo della Delega sull’inclusione scolastica – scrive Gianluca Rapisarda -, licenziato oggi dal Consiglio dei Ministri, accoglie alcuni suggerimenti delle organizzazioni di e per persone con disabilità, e questo è un fatto positivo. Tuttavia, si tratta di un testo “vecchio” dal punto di vista culturale e pedagogico, in quanto non fa esplicito riferimento alla Convenzione ONU e considera ancora “staticamente” la didattica inclusiva come una prerogativa soltanto degli alunni con disabilità e non come una preziosa risorsa al servizio dei bisogni educativi di tutti e di ciascuno»

Particolare di alunno con disabilità in aula scolastica

Il Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto licenziare entro il 17 aprile il testo definitivo della Delega sull’inclusione scolastica, applicativa della Legge 107/15 (cosiddetta La Buona Scuola), ma presumibilmente l’approssimarsi delle vacanze di Pasqua ha fatto accelerare ad oggi, 7 aprile, l’approvazione finale della tanto attesa e sospirata “riforma del sostegno”.
Innanzitutto, appare estremamente positivo che – con le novità introdotte in Consiglio dei Ministri – si rimetta al centro del processo di inclusione scolastica la famiglia, che partecipa a tutte le fasi, dalla formulazione del Profilo di Funzionamento dell’alunno (che sostituisce la Valutazione Diagnostica Funzionale, come chiesto dalle Associazioni), alla quantificazione delle risorse da assegnare.
Su richiesta delle famiglie stesse, poi, il PEI (Piano Educativo Individualizzato) entra a far parte del Profilo di Funzionamento.

Se la prima bozza del testo introduceva dunque la Valutazione Diagnostico Funzionale, che andava a sostituire gli attuali Profilo Dinamico Funzionale e Diagnosi Funzionale, adesso il testo finale – dopo il parere delle Commissioni VII e XII della Camera e VII del Senato – parla di un «profilo di funzionamento secondo i criteri del modello bio-psico-sociale dell’ICF [la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,N.d.R.], ai fini della formulazione del progetto individuale (di cui all’articolo 14 della legge 8 Novembre 2000 n. 328), nonché per la definizione del Piano Educativo Individualizzato (PEI)».
In verità, permane un po’ di confusione, poiché nel PEI non paiono esservi cenni al sostegno didattico (articolo 10), mentre i sostegni – incluso quello didattico – sembrano dover essere contenuti nel Profilo di Funzionamento: a determinare quindi (e a quantificare) le ore di sostegno, sarà, a quanto sembra, l’Unità di Valutazione Multidisciplinare, oggi sì arricchita di componenti rispetto alla sua composizione iniziale, ma comunque non composta dalle persone che effettivamente conoscono il ragazzo e con un assetto prevalentemente medico.

Una delle novità del testo iniziale del Decreto era poi il fatto che la valutazione dell’inclusione scolastica fosse parte integrante della valutazione della scuola, tramite indicatori che l’INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione) andrà a definire: ora, con il Decreto definitivo e grazie all’intervento delle principali Associazioni di e per persone con disabilità, alla stesura di questi indicatori parteciperà anche l’Osservatorio per l’Inclusione Scolastica, istituito presso il Ministero.

E ancora, sono senz’altro apprezzabili gli sforzi delle Commissioni Parlamentari e del Governo circa la formazione iniziale universitaria specifica degli insegnanti per il sostegno della scuola dell’infanzia e primaria, i cui crediti formativi sulla Didattica Inclusiva e sulla Pedagogia Speciale aumenteranno dagli attuali 60 a 120. Resta tuttavia il “rebus” della mancata previsione della medesima formazione iniziale specifica per i docenti di sostegno della scuola superiore di primo e secondo grado, cosicché ritengo che su tale parte del Decreto il ministero debba necessariamente intervenire.

Anche la formazione generalizzata di tutto il personale scolastico sulle singole disabilità, stabilita dal Decreto n. 378, mi pare un po’ lacunosa, in quanto non prevede alcun obbligo di osservarla. A tal proposito, per ovviare a ciò, il recente Piano Triennale di Formazione Obbligatorio per i docenti curricolari e di sostegno in servizio mi sembra un ottimo strumento e una preziosa opportunità da cogliere da parte di tutte le Istituzioni Scolastiche.

Valuto quindi molto positivamente anche il mantenimento a un massimo di venti alunni per classe in presenza di ragazzi con disabilità. Tale disposizione, infatti, recepisce quanto previsto dagli articoli 4 e 5 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 81/09, contrastando il proliferare delle cosiddette “classi pollaio”, tanto deleterie per gli studenti con disabilità. Resta però il fatto che il Decreto non stabilisce l’inderogabilità del numero di venti alunni per classe in presenza di disabili, prevedendo che ciò avvenga soltanto in virtù della generica dicitura «di norma».

Per quanto poi concerne la spinosa questione della continuità, mentre la prima bozza di Decreto prevedeva un vincolo decennale sul sostegno per gli insegnanti, ora invece, a seguito delle raccomandazioni delle Commissioni Parlamentari, il Governo ha ridotto tale vincolo, nelle more «di superarlo definitivamente, al momento di entrata a regime della nuova disciplina della formazione iniziale e del reclutamento degli insegnanti». I contratti a tempo determinato potranno poi essere «reiterati il più possibile», in caso di fruttuoso rapporto docente-alunno e con il consenso delle famiglie.
Sempre in questo àmbito, all’articolo 16 dello Schema iniziale di Decreto n. 378, si è aggiunto ora che «al fine di garantire la continuità didattica durante l’anno scolastico, si applica l’articolo 462 del Testo Unico di cui al Decreto Legislativo n. 297 del 1994»: almeno per tutto l’anno, dunque, l’insegnante di sostegno dovrebbe rimanere lo stesso.
A parere di chi scrive, sulla continuità didattica qualche ombra rimane, e cioè che il neonato Decreto non preveda nulla per contrastare il fatto che più del 40% degli attuali docenti per il sostegno sono supplenti e hanno incarichi precari “in deroga”. Per ovviare a questo, bisognerebbe rivedere i criteri adottati per gli organici dei docenti specializzati, i quali dovrebbero poter transitare dal presente organico di fatto a quello di diritto delle scuole, e prevedere un piano di assunzione serio e strutturale, attraverso appositi Concorsi.
Sempre in merito alla continuità “negata”, ritengo infine che le Commissioni Parlamentari e l’Esecutivo si siano inspiegabilmente dimenticati della raccomandazione contenuta nella medesima Legge della Buona Scuola, che indicava di “vincolare” il docente di sostegno all’intero ciclo d’istruzione dell’alunno con disabilità.

Sono invece positive le mie considerazioni sull’altro tema “caldo” della Delega, e cioè la valutazione degli alunni con disabilità in sede di Esame di Stato. Infatti, l’articolo 12 dello Schema di Decreto n. 384 – sulla valutazione appunto degli alunni con disabilità e DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento), quello che tante perplessità aveva creato – viene modificato: per gli alunni con disabilità certificati, infatti, il Consiglio di Classe o i docenti contitolari della classe stessa, potranno prevedere, per lo svolgimento delle prove standardizzate, misure compensative o dispensative, adattamenti delle prove o anche l’esonero dalle stesse.
All’Esame di Stato che conclude il primo ciclo di istruzione (la licenza di scuola media), il vecchio testo diceva – e qui stava la preoccupazione – che le prove differenziate, «se equipollenti a quelle ordinarie, hanno valore ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del diploma finale». Ora invece, nel nuovo testo licenziato dal Consiglio dei Ministri si legge che «le prove differenziate hanno valore equivalente ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del diploma».

Qualche riflessione, infine, sul comma 4 dell’articolo 3 del Decreto, riguardante la questione dell’assistenza igienico-personale degli allievi con disabilità “a carico” dei collaboratori scolastici, un comma che, non avendo subito modifiche dal Consiglio dei Ministri, farà certamente discutere, perché su di esso ancora non vi è chiarezza. Oggi infatti, solitamente, è il personale specializzato con corsi di formazione da 900 ore ad occuparsi dei bisogni “personali” degli allievi con disabilità, mentre tale supporto da parte dei collaboratori scolastici è facoltativo (tra l’altro con sole 40 ore di formazione, ai sensi dell’articolo 47 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro).
Con l’approvazione definitiva della Delega, dunque, il personale ATA (Ausiliario Tecnico Amministrativo) sarà tenuto ad occuparsi – oltre che delle tante mansioni quotidiane – anche dell’assistenza igienica degli studenti con disabilità, con l’obbligo di partecipare ad iniziative formative nell’ambito del Piano Nazionale, ma senza specificarne né le modalità di svolgimento, né il numero di ore. Come dire che non solo ci rimetteranno i collaboratori scolastici, i quali verranno non adeguatamente formati e oberati di prestazioni aggiuntive, ma soprattutto gli alunni con gravi disabilità, che rischieranno di veder penalizzato il servizio di assistenza personale nei loro confronti, con buona pace di un loro proficuo processo di inclusione.

In definitiva, sono stati certamente apprezzabili gli sforzi delle Commissioni di Camera e Senato e dell’Esecutivo, che hanno accolto taluni suggerimenti provenienti dalle organizzazioni di persone con disabilità e delle loro famiglie, quali il già citato inserimento dell’associazionismo di riferimento tra gli interlocutori dei processi di inclusione scolastica insieme alle famiglie, o anche quello dell’Osservatorio per l’Inclusione Scolastica tra i soggetti che esprimeranno un parere sulla valutazione della qualità dei servizi delle istituzioni scolastiche; e bene, come detto, anche il recepimento della Classificazione ICF.
Tuttavia, a parere di chi scrive, questo testo definitivo è da ritenersi “vecchio” dal punto di vista culturale e pedagogico, in quanto non fa esplicito riferimento all’articolo 24 (Educazione) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e considera ancora “staticamente” la didattica inclusiva come una prerogativa soltanto degli alunni/studenti con disabilità e non come una preziosa risorsa al servizio dei bisogni educativi di tutti e di ciascuno.
L’attenzione alle differenze individuali di ciascun alunno da parte di tutto il contesto e non solo del docente di sostegno per le necessità degli allievi con disabilità: ecco la vera discriminante pedagogica, lo spartiacque su cui insistere per transitare definitivamente dalla vecchia dimensione integrativa della scuola italiana alla nuova cultura dell’inclusione “per tutti” (for all).

Direttore scientifico dell’IRIFOR (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione) dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) (scrivere a: direttorescientifico@irifor.eu, anche per avere il testo definitivo della Delega sull’inclusione licenziato dal Consiglio dei Ministri).

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