Storie vere di atleti, fatte di coraggio e determinazione

di Special Olympics Italia*
Sono quelle dei 2.700 atleti con e senza disabilità intellettiva, provenienti da ogni parte del mondo, tra i quali anche 34 Azzurri, che hanno partecipato in Austria ai Giochi Mondiali Invernali Special Olympics, tutti uniti dalla profonda volontà di dimostrare che lo sport è uno straordinario mezzo, in grado di generare inclusione e di anteporre alle differenti capacità il rispetto comune di ogni sportivo, di ogni essere umano. Tanti atleti che, al di là dei risultati agonistici, hanno preso piena coscienza delle proprie potenzialità, crescendo in autonomia, socialità e apertura al mondo
Giochi Mondiali Invernali Special Olympics, Austria 2017: delegazione italiana
I 34 componenti della squadra azzurra che hanno partecipato ai Giochi Mondiali Invernali Special Olympics in Austria, conquistando complessivamente 13 medaglie d’oro, 9 d’argento e 14 di bronzo

Giulia aveva difficoltà a relazionarsi con i suoi coetanei che tendevano ad isolarla; Mario, cresciuto in campagna in una famiglia di agricoltori, numerosa e semplice, non aveva mai avuto l’opportunità di viaggiare; Luisa credeva che non avrebbe più potuto coltivare la propria passione; Alessandro voleva a tutti i costi seguire la pista del fratello maggiore, istruttore di sci.
Partiamo da loro, e dai loro esempi di vita, storie vere, fatte di coraggio e determinazione, per raccontare i 34 atleti azzurri chiamati a rappresentare l’Italia ai Giochi Mondiali Invernali Special Olympics [se ne legga la presentazione nel nostro giornale, N.d.R.], il grande evento che in Austria, nel marzo scorso, ha coinvolto ben 2.700 atleti con e senza disabilità intellettiva, provenienti da ogni parte del mondo, uniti dalla profonda volontà di dimostrare che lo sport è uno straordinario mezzo, in grado di generare inclusione e di anteporre alle differenti capacità il rispetto comune di ogni atleta, di ogni essere umano; dallo sport, alla vita. Ci sono riusciti!

Sotto gli occhi ammirati di 3.000 volontari, 1.100 tecnici, circa 20.000 spettatori in loco e milioni attraverso i canali televisivi di tutto il mondo, le gare austriache hanno presentato dunque in totale nove discipline degli sport invernali: pattinaggio artistico (tradizionale e unificato); pattinaggio di velocità su ghiaccio; floor hockey (tradizionale e unificato); floorball (tradizionale e unificato); corsa con le racchette da neve; sci alpino; sci nordico; snowboard; stick shooting (derivazione del curling).
Gareggiando “con tutte le forze” – così come recita il giuramento dell’atleta Special Olympics – nello sci alpino, nel nordico, nella corsa con le racchette da neve e nello snowboard, gli Azzurri sono rientrati in Italia con 13 medaglie d’oro, 9 d’argento e 14 di bronzo, ma, al di là dei successi, c’è un traguardo, oltre i gradini di un podio, che è stato sicuramente tagliato. Si trova dentro ad ogni singolo atleta che, attraverso la partecipazione a un evento di tale portata, ha preso piena coscienza delle proprie potenzialità, è cresciuto in autonomia, socialità e apertura al mondo, un mondo sfaccettato, fatto di 106 colori, culture, tanti quanti erano i Paesi partecipanti, uniti sotto un’unica bandiera, quella dell’inclusione.
E così, ai Giochi Mondiali in Austria – come, a dire il vero, in ogni evento di Special Olympics – è molto facile diventare spettatori di gesti altamente improbabili in altri contesti, non solo sportivi: c’è chi gioisce al traguardo all’unisono con l’avversario più vicino, non perché non comprenda il valore di una medaglia, ma perché sa che la sfida da vincere è, prima di tutto, con se stessi. C’è chi, durante la gara, si ferma per aiutare chi si trova in difficoltà e chi, nonostante le proprie difficoltà, vuole terminare ad ogni costo il suo percorso.

Luciano Ragghianti
Nella finale in Austria dei 100 metri di corsa con le racchette da neve, Luciano Ragghianti ha perso l’attrezzatura e anche l’opportunitàdi classificarsi, ma ha voluto ugualmente raggiungere il traguardo con il sorriso

È successo in Austria, ad esempio, a Luciano, atleta azzurro che nella finale dei 100 metri di corsa con le racchette da neve è finito a terra quasi subito perdendo l’attrezzatura. Nella caduta una ciaspola è scivolata via, ma Luciano si è rialzato subito, ha preso sottobraccio la ciaspola più vicina, guardandosi attorno, è corso per recuperare anche l’altra e poi non ha esitato a correre ancora, a piedi, verso il traguardo. Tutto il pubblico che era lì ricorderà quella gara, soprattutto per lui, quell’atleta azzurro alto e smilzo che ha raggiunto comunque il traguardo e lo ha fatto con il sorriso.
Al suo Mondiale Luciano ha perso l’attrezzatura, perdendo anche l’opportunità di classificarsi, ma non ha perso il sorriso e la tenacia, anzi ha dimostrato di essere diventato un uomo e un atleta.
In molti, quel giorno, vedendolo, non hanno trattenuto le lacrime dalla commozione, compreso il padre, che era lì a bordo pista: «L’immagine di Luciano che corre in solitaria, quando ormai gli altri atleti hanno tagliato il traguardo la ricorderò per sempre. Ringrazio tutti di cuore, organizzatori, tecnici e staff, per avergli permesso di raggiungere questo risultato. Sono un papà orgoglioso».

C’è da aggiungere, se vogliamo, un’altra considerazione che, rimanendo in àmbito sportivo, si potrebbe chiamare “il rovescio della medaglia”.
Timothy (Tim) Shriver, presidente di Special Olympics International, ha ribadito in Austria: «Non siamo noi ad accettare queste persone nel nostro mondo, sono piuttosto loro che lasciano noi entrare nel loro universo, regalandoci qualcosa di unico. Basta una sola visita a una gara di Special Olympics, per appassionarsi. È sufficiente scambiare qualche parola con questi atleti, allenarsi con loro per cambiare il mondo». Ecco allora che, a ben guardare, gli agenti principali del cambiamento, del processo di integrazione e di inclusione nella società, sono proprio le persone cosiddette “normodotate” che scelgono di mettersi in gioco per abbattere barriere e pregiudizi di sorta. Le persone con disabilità intellettiva, dal canto loro, tendenzialmente sono già incluse, pronte come sono ad entrare in una squadra sportiva unificata, a mettersi in gioco con spontaneità ed apertura.
A tal proposito, parallelamente ai Giochi in Austria, si è tenuto il Generation Unified Summit, che ha riunito giovani atleti e partner provenienti da tutto il mondo. Per l’Italia Paolo Aquilio e Matteo Gioia dall’Aquila hanno testimoniato come la loro amicizia – nata grazie alla stessa passione per la pallacanestro – abbia poi finito per coinvolgerli nella quotidianità, rendendoli essi stessi primi promotori del cambiamento sul loro territorio.

Paolo Aquilio e Matteo Gioia
Durante il “Generation Unified Summit”, che ha riunito giovani atleti e partner provenienti da tutto il mondo, gli aquilani Paolo Aquilio e Matteo Gioia hanno testimoniato come la loro amicizia, nata grazie alla stessa passione per la pallacanestro, abbia poi finito per coinvolgerli nella quotidianità, rendendoli essi stessi primi promotori del cambiamento sul loro territorio

Giulia, come si diceva all’inizio, aveva difficoltà a relazionarsi con i coetanei: ora è tornata a casa con una medaglia di bronzo nello sci alpino e una copiosa collezione di spillette che ha scambiato con gli atleti di tante nazionalità diverse.
Mario, cresciuto in campagna in una famiglia di agricoltori, non aveva mai avuto l’opportunità di viaggiare: ora è tornato a casa con un quarto posto nei 100 metri di corsa con le racchette da neve, e non vede l’ora di correre ancora.
Luisa, dopo un brutto incidente, temeva che non avrebbe più potuto coltivare la sua passione: ora è tornata a casa con una medaglia d’oro nello slalom, sci alpino, e un sorriso più grande di lei.
Alessandro voleva a tutti i costi seguire la pista del fratello maggiore, istruttore di sci: ora ci è più vicino, perché è tornato a casa con la medaglia d’oro nel Super G.
E poi ancora c’è Daniele che, tra le principali virtù, possiede il desiderio continuo di mettersi alla prova: è tornato a casa con la medaglia d’oro nello sport invernale forse più impegnativo, lo snowboard.
E Luciano? L’atleta azzurro alto e smilzo, oggi continua ad usare la sua arma vincente, il suo sorriso, in un bar di Lucca, dove lavora dietro al bancone. Naturalmente continua ad allenarsi e sogna un’altra opportunità.

E a proposito di altre opportunità, è doveroso ricordare il prossimo evento internazionale, che tra due anni vedrà anche la partecipazione di una delegazione Italiana, in occasione dei Giochi Mondiali Estivi Special Olympics di Abu Dhabi, dal 14 al 21 marzo 2019.
«Non esiste posto migliore o più forte di Abu Dhabi – ha dichiarato Tim Shriver – per invitare il mondo ad unirsi a celebrare lo sport, a celebrare le persone di tutte le culture e per dimostrare che le divisioni possono essere cancellate. Siamo entusiasti all’idea che siano di Special Olympics i primi Giochi Mondiali di questa grandezza organizzati nel Medio Oriente del pianeta».

Componente nazionale del movimento internazionale dello sport praticato da persone con disabilità intellettiva.

Gli Azzurri che hanno partecipato ai Giochi Mondiali Invernali Special Olympics in Austria:
° Sci alpino
: Chiara Anghileri, Peter Paul Blaas, Raffaele Boscolo, Michael Carollo, Giulia Colombi, Alessandro Dressadore, Francesco Dho, Michele Fedi, Simone Mollea, Luisa Polonia, Alice Pozzoni, Andreas Psaier.
° Snowboard: Daniele Carlini, Stefania Moro.
° Racchette da neve: Mauro Boscolo, Sergio Balbis, Marisa Carrozzo, Martina Casagrande, Gianluca Garzetti, Sara Grassi, Mario Maria Palmeri, Adrien Proust, Luciano Ragghianti, Annalisa Zemignan.
° Sci di fondo: Paola Begliardo, Marco Casalini, Mauro Carissimi, Mirco Cavalli, Laura Giambrone, Tobia Kostner, Roberto Lolla, Valter Magatelli, Valentina Pettinacci, Matilde Zipoli.

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