In un momento di profonda dinamicità e di contestuale criticità del mercato del lavoro, la notizia della recente sottoscrizione a Roma tra la Direzione Aziendale della multinazionale farmaceutica Merck Serono e le rappresentanze sindacali di settore di CISL, CGIL e UIL, di un accordo per un progetto sperimentale della durata di due anni, volto all’inserimento dei lavoratori con disabilità, con la presenza di uno specifico Osservatorio Aziendale sull’Inclusione Lavorativa e con la nomina di un disability manager [se ne legga già ampiamente anche nel nostro giornale, N.d.R.], non può che destare apprezzamento e soddisfazione, in particolare per l’elemento ispiratore, ossia la ricerca del benessere dei lavoratori in azienda.
Si tratta della prima azienda in Italia che nell’adozione di politiche di Disability Management (1) (orientamento gestionale che si focalizza sulla persona con disabilità e sulla sua valorizzazione, con l’obiettivo di adattare l’organizzazione al fine di accoglierla e gestirne i bisogni), ha seguito le indicazioni dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
La buona prassi
Il progetto di Merck Serono rappresenta una proposta strutturata di azioni e di interventi frutto di un gioco di squadra tra azienda, sindacati, lavoratori e professionisti e di una cultura inclusiva delle persone con disabilità, garantiti dalla presenza di un Osservatorio Tecnico Aziendale sull’inclusione lavorativa, ossia di un organismo paritetico bilaterale aziendale. In sintesi: l’optimum della politica di Disability Management, senza nulla togliere alle buone prassi di IBM, TIM, Intesa San Paolo, Gruppo Hera ed altri (2), che con le loro divisioni dedicate hanno rappresentato i primi esempi pratici in azienda di introduzione della figura del disability manager e di azioni di Disability Management.
L’incertezza interpretativa e le indicazioni della SIDIMA
La positività di quel progetto deriva anche dal fatto che iniziative del genere avvengono in un contesto normativo in cui, ad oggi, le nuove linee del collocamento mirato previste dalla riforma del lavoro (il cosiddetto Jobs Act: Decreto Legislativo 151/15, articolo 11), per la «costruzione di una rete integrata (accordi territoriali con sindacati e organizzazione datoriali) capace di migliorare il sistema di inserimento lavorativo delle persone con disabilità, di sostenere la predisposizione di progetti di collocamento mirati e di valorizzare (anche attraverso incentivi economici), e per regolare le figure del disability manager e dell’osservatorio aziendale sulla disabilità», annunciate ormai da tempo come imminenti, non sono state ancora pubblicate, creando incertezza interpretativa sulla figura professionale del disability manager.
E anche il settore pubblico – seppure pioniere nell’inserimento di tale figura professionale – non è esente da tali difficoltà interpretative: infatti, dal primo ed esemplare caso dell’ORAS (Ospedale Riabilitativo ad Alta Specializzazione) di Motta di Livenza, in provincia di Treviso – dove dal 2010 un architetto disability manager trova soluzioni per agevolare l’autonomia di ciascun paziente, anche dopo le dimissioni (3) – passando per l’esperienza del Comune di Alessandria – dove i professionisti operano nei campi dell’urbanistica e dell’accessibilità in genere, del trasporto, della logistica e del potenziamento dei servizi a sostegno delle famiglie e della domiciliarità, adoperandosi per abbattere le barriere architettoniche e mentali, in modo tale da favorire la piena integrazione della persona con disabilità nella città (4) – si arriva alla recente vicenda del Comune di Latina, che nello scorso mese di gennaio, volendo istituire la figura del disability manager, ha cercato tra i suoi dipendenti e le Associazioni di volontariato persone che a titolo gratuito ricoprissero tale incarico, ignorando le caratteristiche di tale professionalità (5).
Tutto ciò premesso, in assenza di una precisa normativa e di un ordine professionale di riferimento, sono preziose le indicazioni di Rodolfo Dalla Mora, presidente della SIDIMA (Società Italiana Disability Manager), la prima e unica Associazione di categoria in Italia: «Il disability manager è una competenza aggiunta ad una professionalità di base già consolidata che può spaziare dai campi dell’ingegneria e dell’architettura alla fisioterapia, alla giurisprudenza, e non ultimo il settore delle HR [Risorse Umane, N.d.R.], parlando sia di consulenza che di HR Manager. Attraverso poi un percorso formativo dedicato di perfezionamento o un master, il professionista assume tali nuove competenze che gli consentono di svolgere questo innovativo ruolo. Il disability manager deve avere conoscenze di normativa sul lavoro in ambito di valutazione della disabilità, di bioetica, di accessibilità di inserimento nel mondo del lavoro e della formazione, di definizione dei piani di Disability Management e una sensibilità su una serie di temi relativi al terzo settore e all’inclusione sociale» (6).
Aggiungo inoltre che non necessariamente il disability manager dev’essere una persona con disabilità, seppure questa condizione potrebbe (ma non è appunto condizione necessaria) dare alla figura professionale un maggiore coinvolgimento.
Le funzioni specifiche
Un esempio di funzioni specifiche che un disability manager potrebbe svolgere in un’azienda sono quelle previste dal citato accordo con l’azienda Merck Serono:
° essere primo referente di supporto del lavoratore con disabilità, sia in fase di accesso all’impiego che per lo svolgimento delle sue mansioni o per ogni altra situazione di possibile conflitto o disagio;
° elaborare, con il coinvolgimento del lavoratore, soluzioni operative a situazioni di disagio che condizionino negativamente la piena inclusione lavorativa nello specifico contesto aziendale e favorire soluzioni e processi che permettano l’inserimento nel contesto aziendale e il mantenimento nel tempo del posto di lavoro;
° relativamente all’adeguamento delle postazioni di lavoro, degli strumenti di lavoro, dei luoghi di lavoro, pianificare e promuovere interventi che consentano l’adeguata formazione del lavoratore ad eventuali dispositivi adattati e l’accesso, ove possibile, da parte dell’azienda, ai rimborsi attivabili presso l’INAIL o presso il Fondo Regionale per l’Occupazione dei Disabili;
° monitorare costantemente le singole situazioni, i cambiamenti del contesto lavorativo e delle caratteristiche individuali, al fine della prevenzione e della rimozione di eventuali problematiche, della costruzione di opportunità di valorizzazione professionale e della definizione di soluzioni organizzative e adattamenti ragionevoli da adottare;
° fornire ogni elemento necessario e/o utile per l’espletamento dell’attività dell’Osservatorio Aziendale sull’Inclusione Lavorativa, in particolare gli elementi utili per la valutazione dell’andamento dei singoli percorsi dei lavoratori disabili e delle complessive condizioni dei lavoratori con disabilità nell’azienda; verificare l’efficacia delle azioni intraprese, nonché ricercare ogni elemento utile a valutare l’accessibilità da parte di tutti i lavoratori, compresi quelli con disabilità, delle prassi e opportunità aziendali in essere;
° mettere in atto, sentito il parere del lavoratore, le indicazioni dell’Osservatorio, coordinando e interagendo con le strutture aziendali interessate;
° esercitare un ruolo di coinvolgimento delle figure aziendali preposte alla gestione delle risorse umane, degli addetti alla sicurezza e alla prevenzione degli infortuni;
° applicare e/o agevolare l’applicazione delle indicazioni vincolanti espresse dall’Osservatorio e cogenti per l’azienda, entro i limiti della propria competenza.
Gli strumenti necessari
Gli strumenti che un disability manager può utilizzare per garantire un adeguato inserimento delle persone con disabilità e per creare una reale cultura inclusiva, sono legati in primis alle dimensioni aziendali e poi ai diversi passaggi di cui si compone un efficace piano di Disability Management.
Nella prima fase – dedicata all’analisi organizzativa – si possono utilizzare questionari, interviste, focus group ecc., allo scopo di rilevare e analizzare i valori, gli atteggiamenti, il clima, le regole, la prassi, per poter capire come e dove intervenire. Successivamente si possono sia utilizzare gli strumenti di natura informatica, tecnologica, ergonomica, economica o altro, sia intraprendere iniziative formative di tutoraggio, di mentoring ecc.
Tra gli strumenti di tipo economico ricordiamo i seguenti incentivi:
– Per l’anno 2017, l’INAIL prevede (Circolare 51/16 e Delibera n. 2 del 22 febbraio 2017) una serie di contributi per gli interventi volti alla conservazione del posto di lavoro presso lo stesso datore di lavoro, per il quale il lavoratore, assicurato all’INAIL, svolgesse attività al verificarsi dell’infortunio, della malattia professionale o al momento del relativo aggravamento che l’abbiano portato alla disabilità: contributo fino a 95.000 euro per l’abbattimento di barriere architettoniche quali rampe, scale, ascensori, bagni, porte ecc.; fino a 40.000 euro per interventi di adeguamento delle postazioni di lavoro (arredi, dispositivi informativi, attrezzature lavoro ecc.); fino a 15.000 euro per la formazione dei lavoratori con disabilità.
– Decreto Legislativo 151/15, articolo 10 (Jobs Act): contributi all’assunzione per la durata di 36 mesi, con un bonus pari al 35% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, in caso di una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67 e il 79% e invece pari al 70% della suddetta retribuzione, se il lavoratore è in possesso di una riduzione superiore al 79%.
Oppure, nel caso di lavoratori con disabilità intellettiva e psichica dalla quale derivi una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, l’incentivo spetta per un periodo di 60 mesi, in caso di assunzione a tempo indeterminato, o di assunzione a tempo determinato di durata non inferiore a dodici mesi, per tutta la durata del rapporto a termine.
– Fondo Regionale per l’Occupazione dei Disabili (articolo 14 della Legge 68/99): contributo a carico del Fondo Regionale Disabili in favore dei datori di lavoro, quale rimborso parziale delle spese sostenute allo scopo di adeguare il luogo di lavoro alle esigenze della persona, purché si parli di soggetti con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%. Lo stesso contributo è concesso anche per agevolare il telelavoro delle persone con disabilità.
Altri strumenti innovativi
Si parla innanzitutto delle politiche attive del lavoro locali dedicate alla disabilità: alcuni esempi sono dati dalla Dote Lavoro Disabili Lombardia, dal Programma Garanzia Giovani Disabili del Piemonte, da Giovani Sì della Toscana (7), o dalla Legge della Provincia Autonoma di Trento 19/83, che rappresentano soltanto alcuni esempi i quali – come tutti i programmi di politica attiva del lavoro dedicati – prevedono l’utilizzo di strumenti (non solo incentivi e tirocini) e la collaborazione di operatori specializzati per favorire l’inserimento e il reinserimento delle persone con disabilità.
Vi è poi il cosiddetto Smart Working (il relativo Disegno di Legge approvato dalla Camera è ora all’esame del Senato), ossia la possibilità di lavorare in parte o totalmente fuori dalla sede aziendale negli orari concordati, grazie al supporto di una serie di strumenti quali laptop, cellulare aziendale ecc.
Ai vantaggi tipici dello strumento, che consente di ottimizzare il costo del lavoro e le politiche retributive orientate maggiormente al merito e al raggiungimento effettivo degli obiettivi, si aggiungono i vantaggi dell’abbattimento dei costi di gestione e di adeguamento dello spazio fisico per il personale con disabilità e della reale integrazione lavorativa, ciò che vede nelle strutture di Co-Working (che supera le caratteristiche alienanti del telelavoro) un possibile spunto innovativo per i piani di Disability Management.
Lo Smart Working, inoltre, determina anche una riduzione dei costi dell’assenteismo, specie quello relativo alla disabilità, il tutto a beneficio dell’efficienza produttiva. E in attesa che venga promulgato il relativo provvedimento normativo, ci sono già dei casi consolidati di buone prassi (8).
Infine, il Welfare Contrattuale di Previdenza e la Sanità Integrativa specificatamente rivolti alle persone con disabilità, così come tutti gli altri strumenti di Work-Life Balance, ovvero di equilibrio tra vita personale e professionale (oltre allo Smart Working, vi è la cessione di permessi a colleghi disabili o con parenti disabili; la priorità nell’accesso al part-time; i permessi orari o giornalieri per motivi di cura o di percorsi terapici), che consentono non solo di incidere sul cuneo fiscale, ma anche di creare reale integrazione e valorizzazione delle persone con disabilità o con gravi patologie, dal momento dell’inserimento sino al termine della loro vita professionale (9).
Le competenze
Da quanto detto finora emerge che il disability manager dovrebbe avere competenze di tipo manageriale ed economico, oltreché psicologico-sociali. Nello specifico, competenze nella gestione delle risorse umane, di politiche organizzative aziendali di Change Management (“gestione del cambiamento”), di normativa del lavoro, di natura informatica, tecnologica e medica. Ovviamente non è possibile trovare tutto ciò in una singola persona e pertanto, a livello pratico, si può dire che il disability manager sia un “facilitatore” che coordina e gestisce diverse altre figure professionali e che pertanto deve poter guidare un gioco di squadra da parte di:
° Istituzioni, e in particolare quelle locali, per regolare e facilitare gli interventi necessari.
° Sindacati, i quali svolgono un ruolo fondamentale non soltanto nel promuovere progetti e azioni, come ad esempio quello citato della Merck Serono (10), ma che in sede di contrattazione collettiva aziendale possano introdurre – oltre agli istituti di welfare aziendale – gli strumenti di Work-Life Balance e di Smart Working di cui si è prima detto. Possono inoltre intervenire in altre aree, quali le modifiche nella disciplina del comporto o della copertura retributiva della malattia, i percorsi formativi, il sostegno alla carriera, quello economico (implementazione delle causalità per anticipo del Trattamento di Fine Rapporto TFR ecc.) e battersi per un calcolo della produttività rispettoso delle specificità, creando condizioni di vantaggio e di benessere, sia per l’azienda che per i lavori con disabilità.
° Professionisti, quali architetti, medici, informatici, consulenti del lavoro, specialisti HR (Risorse Umane) (11), recruiters [“reclutatori”, N.d.R.] (12), agenzie per il lavoro (13). Queste ultime hanno il vantaggio di poter lavorare a stretto contatto con le realtà aziendali e attraverso la pluralità dei servizi offerti – comprese le missioni in somministrazione di durata pari o superiori ai 12 mesi, utili per l’adempimento ai fini del collocamento obbligatorio – possono costruire soluzioni dedicate di Disability Management. Le agenzie per il lavoro, del resto, sono l’unico settore ad avere il Fondo di Formazione di categoria (Forma.Temp), con un linea formativa dedicata esclusivamente all’inserimento delle persone con disabilità del mondo del lavoro (14).
In ogni caso il disability manager deve avere una formazione di base adeguata e a tal fine la SIDIMA – anche in convenzione/collaborazione con altri operatori specializzati – è in grado di supportare, formare e aggiornare professionisti sia del settore pubblico che quello privato.
Il ruolo
In sostanza, quindi, il disability manager è una persona che definisce, coordina e gestisce diverse altre figure professionali, con l’obiettivo di soddisfare i bisogni delle persone con disabilità e contemporaneamente di valorizzarle, apportando vantaggi e opportunità a beneficio dell’intero contesto aziendale e non del solo disabile.
Può essere un dipendente oppure un consulente esterno e deve ricoprire un ruolo aziendale adeguato ad incidere in maniera significativa sulle strategie e sulle politiche dell’azienda stessa. La coincidenza della figura professionale con il responsabile delle Risorse Umane (HR Director), come avvenuto per la Merck Serono, è un’ottima scelta, ma non l’unica possibile. Molto, infatti, dipende dalle dimensioni aziendali, per cui mentre grandi aziende saranno magari maggiormente portate a creare un soggetto interno, piccole e medie imprese potrebbero avere più facilità a rivolgersi a un professionista del settore.
L’istituzione di tale figura professionale, in alcuni casi, viene incentivata a livello economico da iniziative locali, come ad esempio quella del Piano Provinciale di Mantova per l’inserimento delle persone con disabilità.
Le prospettive
Nel rimarcare alcuni elementi indispensabili della professione del disability manager, non si vuole né pubblicizzare l’attività di qualcuno né sminuire una figura professionale ad alto valore aggiunto nelle moderne organizzazioni aziendali. Si vuole soltanto mettere dei punti fermi ed evidenziare iniziative e azioni concrete da parte dei sindacati, degli operatori specializzati e dell’associazione di categoria, intensificatesi dal settembre dello scorso anno, a partire dalla Quinta Conferenza Nazionale sulle Politiche della Disabilità di Firenze.
Nonostante il vuoto normativo lasciato dalla mancata pubblicazione delle nuove linee sul collocamento mirato e dal dubbio messaggio del Decreto Milleproroghe, che ha rinviato al 2018 la nuova disciplina del collocamento obbligatorio per le piccole imprese, negando così a tante persone con disabilità l’opportunità di accedere al mondo del lavoro (15), l’auspicio è che si stia assistendo a un’inversione di tendenza all’approccio dell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità e che si stia formando un mercato del lavoro focalizzato sempre più sulle persone e sulla loro valorizzazione. In tale contesto la figura del disability manager, con la sua professionalità, può giocare un importante ruolo nel processo di cambiamento del mercato del lavoro e delle realtà aziendali.
Si spera inoltre che il più volte citato progetto pilota di Merck Serono possa rappresentate un importante punto di riferimento per altri accordi da siglare in altre aziende e non solo dello stesso settore.
Note:
(1) Palma Marino Aimone, Gioco di squadra e una nuova cultura, per garantire l’inclusione lavorativa, in «Superando.it», 25 gennaio 2017 (testo già apparso in «Network e Lavoro», con il titolo Il Disability Mangement: spunti di riflessione per consulenti del lavoro e specialisti HR).
(2) Cúram Solution for Disability Management, in sito di IBM; TIM: al via la “TIM Equity & Inclusion Week”, per un’azienda sempre più inclusiva, in sito di Telecom; Diversity, in sito di Intesa San Paolo; Disabilità e lavoro. Opportunità e diritti per il lavoratore disabile e per il lavoratore che assiste disabili, in sito di Gruppo Hera.
(3) C’è il primo disability manager nominato in un ospedale, in «Superando.it», 15 settembre 2010.
(4) Alessandria alla fase finale del premio Access City Award 2017. La city manager Paola Testa: “Il risultato di un costante lavoro di squadra negli anni”, in «Corriere AL», 1° novembre 2016.
(5) Giusy Cavallo, Disability manager, il Presidente di SiDiMa: “A Latina sbagliano, serve un professionista e va pagato”, in «LatinaQuotidiano.it», 14 marzo 2017.
(6) Quel che dev’essere un disability manager, in «Superando.it», 17 ottobre 2016; Rodolfo Dalla Mora, Contro ogni strumentalizzazione del disability manager, in «Superando.it», 4 ottobre 2012.
(7) Dote Lavoro Disabili Lombardia (Piani Provinciali Disabili Triennali) a questo link; Garanzia Giovani Disabili Regione Piemonte (Rifinanziamento dal 31 marzo 2017) a questo link; Tirocini Disabili Giovani Sì Toscana a questo link.
(8) Se ne legga in: Francesco Moroni, Smart Working, e il mondo può diventare il tuo ufficio, in «La Stampa», 13 giugno 2016.
(9) Si veda il Contratto Collettivo Aziendale di Intesa San Paolo.
(10) Un’Osservatorio sull’Inclusione e un disability manager in un’azienda farmaceutica, in «Superando.it», 17 marzo 2017.
(11) La Società Diversity Opportunity coniuga talento e innovazione per la valorizzazione della diversità e della disabilità e per una nuova cultura organizzativa aziendale. Page Personnel ha una divisione dedicata alla disabilità e così via.
(12) Jobmetoo è ad esempio un’agenzia di recruting esclusivamente dedicata alle categorie protette.
(13) Tra le principali agenzie per il lavoro con divisioni dedicate alla disabilità, vanno citate: Fondazione Adecco per le Pari Opportunità, Randstad Hopportunities, Articolo 1 Categorie protette, Quanta Diversity e Openjobmetis Diversity Talent.
(14) Forma.Temp (Fondo per la Formazione dei Lavoratori Temporanei), Vademecum. Note operative per la gestione delle attività formative finanziate dal Fondo, ottobre 2008, p. 44.
(15) Se ne legga in Palma Marino Aimone, L’inclusione lavorativa non funziona a colpi di rinvio delle norme, in «Superando.it», 27 febbraio 2017.