«Chiediamo alle forze di governo di superare finalmente tutti gli ostacoli che rendono impossibile attuare processi inclusivi e che dimostrano l’incongruenza della situazione attuale nella quale riaffiora tra l’altro, specie in alcune Regioni, la convinzione persistente, pure inconfessata, che le persone disabili costituiscano soprattutto un problema, non una risorsa cui attingere coniugando solidarietà e giustizia sociale. Dal canto nostro continueremo ad operare a livello nazionale e in tutte le nostre Sezioni affinché l’inclusione delle persone disabili diventi realtà»: sono questi alcuni dei principali passaggi della mozione conclusiva approvata all’Assemblea dei Delegati dell’ANIEP (Associazione Nazionale per la Promozione e la Difesa dei Diritti delle Persone Disabili), svoltasi a Bellaria (Rimini) il 27 e 28 maggio scorsi.
Nata nel 1957 come Associazione Nazionale Invalidi per Esiti di Poliomielite, nel 1999 – pur mantenendo il proprio acronimo come ragione di profonda radice, contrassegnata dall’attività di una figura come quella di Gianni Selleri, che ne fu presidente per oltre quarant’anni, e delle persone con poliomielite che si battono da sempre per tutte le persone con disabilità – l’ANIEP divenne Associazione Nazionale per la Promozione e la Difesa dei Diritti Civili e Sociali degli Handicappati, fino a trasformarsi ulteriormente, nel 2013, in Associazione Nazionale per la Promozione e la Difesa dei Diritti delle Persone Disabili.
Non sono invece mai cambiati gli obiettivi, per questa organizzazione da sempre aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che, come ha spesso avuto occasione di ribadire l’attuale presidente Lia Fabbri, «forte proprio del pensiero di Gianni Selleri, ha scelto da tanto tempo di non rivolgersi ad un’unica patologia, ma all’affermazione della cultura dei diritti, così difficile e diversa da Regione a Regione».
Ben volentieri, qui di seguito, diamo spazio al testo integrale della citata mozione assembleare. (S.B.)
Il rapporto annuale dell’ISTAT sulla situazione del Paese e sulle disuguaglianze presenti in Italia, recentemente presentato a Roma [se ne legga anche nel nostro giornale, N.d.R.], non indica dati statistici sulle persone con disabilità tali da rendere possibile una valutazione sul livello di applicazione delle norme esistenti, quindi della stessa Convenzione ONU, sui loro diritti. Una mancanza, questa, da sanare al più presto, in quanto soltanto l’approfondimento della conoscenza statistica permetterà alle forze politiche di organizzare efficacemente il processo di inclusione.
Già in precedenza, comunque, dai dati ISTAT era emersa una situazione economica di grave svantaggio nelle famiglie con persone con disabilità, specialmente nelle regioni meridionali. Forte aumento della spesa sanitaria e assistenziale e difficoltà – a volte impossibilità – di mantenere o iniziare un lavoro, sono le cause di questo disagio, cui le stesse recenti norme a contrasto della povertà, come la Carta SIA (Sostegno per l’Inclusione Attiva) non danno risposte adeguate.
In quest’ultimo anno, tuttavia, molti sono stati gli interventi positivi a livello legislativo, segnatamente la “Legge sul Dopo di Noi” [Legge 112/16, N.d.R.], i Nuovi LEA Sanitari (Livelli Essenziali di Assistenza), il nuovo Nomenclatore Tariffario, i provvedimenti per il sostegno di coloro che si prendono cura dei familiari con disabilità, quelli rivolti all’inclusione delle persone con sindrome di Down e di chi soffre di un disagio derivante dallo spettro autistico e altri ancora.
Pur apprezzando l’impegno profuso, abbiamo però segnalato più volte, sui suddetti interventi, criticità diffuse, occasioni mancate e impegni disattesi, tanto che la mozione conclusiva della nostra Assemblea dei Delegati del 2016 rimane valida ancora oggi.
Gli ostacoli alla mobilità, alla cultura, al lavoro permangono decisamente come fattori di esclusione sociale, ma il continuo dialogo fra il nostro Associazionismo e le forze politiche è una realtà che permette di sperare, anche se il nostro welfare stenta molto a maturare.
La spesa sociale rimane troppo scarsa e lontana dal fabbisogno, i servizi di assistenza socio-sanitaria dipendono ancora da decisioni e stanziamenti diversi da Regione a Regione, mentre gli interventi per la Vita Indipendente sono spesso aleatori nel tempo o inadeguati per impreparazione dei responsabili.
Chiediamo alle forze di governo di superare finalmente questi ostacoli che rendono impossibile attuare processi inclusivi e che dimostrano l’incongruenza della situazione attuale nella quale riaffiora fra l’altro, specie in alcune Regioni, la convinzione persistente, pure inconfessata, che le persone con disabilità costituiscano soprattutto un problema, non una risorsa cui attingere coniugando solidarietà e giustizia sociale.
Proprio per questa ragione è evidente che la prima dura barriera da abbattere per il rispetto dei nostri diritti costituzionali continua ad essere l’ignoranza, quella becera mentalità di antiche origini contro cui la nostra Associazione, come grande movimento culturale, si batte da sessant’anni.
Chiediamo quindi alle forze politiche dei vari livelli un serio impegno al fine di effettuare processi di educazione permanente, segnatamente nel Servizio Civile e nelle realtà del Terzo Settore, e di reintrodurre nelle scuole l’educazione civica: azioni necessarie per combattere l’individualismo egoista che è il maggiore ostacolo a quel sentimento di partecipazione che salda il patto sociale.
Contemporaneamente chiediamo – riguardo alle leggi esistenti, e segnatamente a quelle contro le barriere architettoniche e urbanistiche – controlli seri e sanzioni pesanti, tali da scoraggiare il ripetersi continuativo di disubbidienza alle norme.
In questo quadro continueremo ad operare a livello nazionale e in tutte le nostre Sezioni affinché l’inclusione delle persone con disabilità diventi realtà, nel rispetto dei loro diritti costituzionali e nel progresso civile e morale del nostro Paese.