È il 13 dicembre 1986, quando iniziano i lavori del primo tratto della Metropolitana di Catania, che vanno poi avanti per tredici anni tra vari stop.
Il 23 ottobre 1991 viene abbattuto l’ultimo diaframma della galleria del primo tratto dalla Stazione di Borgo a quella di Galatea.
Nel frattempo, il 5 febbraio 1992 viene prodotta la Legge Quadro sulla disabilità 104/92, nella quale, in particolare, è l’articolo 26 a parlare di mobilità e trasporti collettivi.
Successivamente, con il Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 503/96, prende vita il Regolamento recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici, ove l’articolo 24 riguarda le tranvie, le filovie, le linee automobilistiche e le metropolitane, stabilendo che sui mezzi di trasporto tranviario, filoviario e metropolitano debbano essere riservati posti a persone con limitate capacita motorie deambulanti e che nelle stazioni metropolitane debbano essere agevolati l’accesso e lo stazionamento su sedia a ruote, anche con l’installazione di idonei ascensori e rampe a seconda dei dislivelli, al fine di consentire alle persone non deambulanti di accedere con la propria sedia a ruote al piano di transito della vettura della metropolitana; infine, che i veicoli adibiti al trasporto in comune di persone su strada ad uso pubblico debbano rispondere alle caratteristiche costruttive di cui al Decreto del Ministro dei Trasporti del 18 luglio 1991.
Tutto ciò premesso, torniamo alla “storia” della Metropolitana di Catania, inaugurata il 27 giugno 1999 e in servizio un paio di settimane dopo, ovvero dall’11 luglio 1999.
Nel 2000 cominciano i lavori per la tratta dalla Stazione di Galatea a quella di Giovanni XXIII, che prevede lo scambio con la Stazione Centrale delle Ferrovie. Si tratta di un nuovo percorso, in quanto la tratta entra nel centro della città, dove precedentemente non vi era il passaggio dei treni della Circumetnea.
Ebbene, tra stop e riprese dei lavori, oggi ci ritroviamo una metropolitana non a norma per la prima parte e inutilizzabile nelle nuove tratte da parte delle persone con disabilità e in generale con ridotta mobilità.
Viaggiando in Metro, si potranno notare delle targhette con la sigla FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale), un Programma Operativo che è strumento di attuazione delle politiche di coesione dell’Unione Europea, previste dal Trattato della stessa, che hanno l’obiettivo di ridurre le disparità nello sviluppo tra le diverse aree territoriali che dell’Unione fanno parte. All’interno del Programma Operativo FESR, uno spazio speciale è occupato dall’Asse VI (Sviluppo urbano sostenibile), in base al quale è richiesto alle città di pensare, programmare e progettare uno sviluppo territoriale sostenibile, equo e duraturo.
Ecco, ad “equo e duraturo” dobbiamo necessariamente fermarci: equo per chi? Dopo più di trent’anni, infatti, la Metropolitana di Catania ancora non è fruibile da tutti! Le persone con disabilità e ridotta mobilità, nonché le mamme con i passeggini, gli anziani, le persone obese e chiunque sia temporaneamente inabile, ad oggi non possono prendere la tanta decantata Metro e tutto ciò è realmente disarmante.
Nella tratta più vecchia (Galatea-Borgo) esistono le opere per allocare gli ascensori, ma questi non sono stati mai installati e comunque ad oggi sono fuori norma, tanto è vero che stanno appaltando quelli nuovi.
Per quanto riguarda poi le nuove tratte, al momento non sono ancora fruibili da tutti, ma quando funzioneranno – a quanto pare – saranno off-limits per le persone in carrozzina; e in alcuni punti le scale mobili sembrano mal progettate…
Ci chiediamo: nel 2018 ci saranno gli ascensori funzionanti e fruibili da tutti? Eppure, le persone con disabilità sono sempre esistite, così come le citate norme del 1992 e 1996. La domanda sorge spontanea: quando le persone con disabilità o ridotta mobilità, turisti o cittadini che siano, potranno sentirsi come tutti e prendere la metropolitana come in un Paese civile? E per fortuna che la progettazione dovrebbe essere, come detto, equa e accessibile per tutti, e soprattutto duratura!
Siamo nel 2017 e dovremo impegnare altri fondi per rivedere lavori passati?
Barriere Architettoniche per arrivare alla metropolitana, quindi, ce ne sono a volontà. Per non parlare delle infinite barriere culturali: pensiamo ai marciapiedi con rampe occupate da “selvaggi cittadini” non attenti alle necessità altrui; o all’inosservanza di chi dovrebbe fare sgomberare quelle aree di transito o sosta per i disabili; e anche percorsi per ciechi che finiscono a muro o non ci sono proprio… Almeno l’accesso ai mezzi pubblici lo vogliamo rendere autonomo per tutti?
Le nuove tratte, a parte la solita targhetta sulle locomotive con la sigla FESR, riportano anche quella delle varie stazioni “amiche e non amiche dei disabili”. Ma siamo sicuri che quelle nuove saranno veramente “amiche dei disabili”?
Penso agli ascensori fuori uso, all’“aggancio” per la carrozzina dentro alle locomotive che invece è per biciclette: o meglio, dovrebbe essere usato sia dal ciclista che dal disabile; bene il ciclista, ma se il disabile non può usare le mani, come si potrà staccare da li?
E tra le locomotive e la banchina c’è un vuoto che se non affrontato con una certa tecnica, dimestichezza e velocità, rischia di far volare i disabili…
Tutto ciò che è stato scritto può dare l’impressione che si sia contro questa grande opera. Al contrario, siamo favorevoli, e la vorremmo pure usare! La vorremmo però usare per conto nostro e invece mi chiedo: siamo veramente autonomi? Siamo inclusi o ancora esclusi (come negli Anni Sessanta) da questa società? Ci viene chiesto tempo, dopo oltre trent’anni, ma quanto ancora? Non è bastato tutto questo tempo, per mettere la nostra Catania al pari delle altre città europee?
E per capirci meglio, provate a prendere una carrozzina e per potervi meglio mettere nei panni degli altri, restateci per un giorno e immaginate come si possa veramente sentire a Catania una persona con disabilità!
Senza contare altre criticità ancora, quali la biglietteria della Metro, la viabilità esterna (rampe, marciapiedi, strade, ostacoli, segnaletica verticale e orizzontale ecc.)…
Meglio fermarsi qui e dire che non possiamo più attendere. La nostra vita è oggi, non domani, e se vogliamo, dobbiamo pensare anche al futuro per i più piccoli. Perché dire «Catania non per molti, ma per tutti» è come dire la qualità di vita per tutti.
Presidente dell’Associazione Come Ginestre di Catania. Testo elaborato con il contributo di Giuliana Agati e Carmelo Gulisano.
Segnaliamo anche ai Lettori il sit-in per la dignità delle persone con disabilità, promosso proprio in questi giorni a Catania dall’Associazione Come Ginestre, di cui abbiamo riferito anche nel nostro giornale.
Articoli Correlati
- Dopo di noi da creare “durante noi“* L'organizzazione del futuro di una persona con disabilità: quali sono le tutele giuridiche esistenti? In quali ambienti si potrà svolgere la vita di quella persona? E con quali fondi? Un…
- Integrazione scolastica: le nuove linee d'azione della FISH I tagli alla spesa, uniti al disinteresse governativo per il mancato rispetto della normativa, hanno determinato negli ultimi anni forti arretramenti nella qualità dell'integrazione degli studenti con disabilità realizzata precedentemente.…
- Il quarto ponte di Venezia Ripercorriamo passo dopo passo la tormentata vicenda del nuovo ponte sul Canal Grande di Venezia, progettato dal celebre architetto spagnolo Santiago Calatrava. Già nel 2002, «DM», il giornale della UILDM…