«Spesso le stanze e i servizi igienici non sono pensati per persone con disabilità, e neppure la somministrazione delle medicine per via orale. Quanto poi al consenso informato, è troppo poco il tempo impiegato per spiegare di che si tratta e per attendere la risposta. Si deve dunque puntare al concetto di “accomodamento ragionevole”, riferito alle modifiche e agli adattamenti necessari per garantire qualità e appropriatezza dei servizi, assicurando anche a queste persone l’esercizio e il godimento su base di uguaglianza con gli altri del loro diritto alla salute. E in tal senso il primo accomodamento potrebbe riguardare un assistente personale in grado di interpretare i silenzi e i “non detti” della persona. Infine, servono anche suggerimenti per l’accoglienza e le linee guida per operatori e genitori, che debbano affrontare l’accesso in ospedale, in occasione di analisi da parte di persone con autismo».
Questi, in sintesi, i concetti espressi da Luisella Bosisio Fazzi del Consiglio Direttivo della LEDHA (la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, che costituisce la componente lombarda della FISH), intervenuta sul tema Il diritto alla cura delle persone con disabilità intellettiva e accomodamento ragionevole, durante il recente convegno intitolato Il diritto negato. Persone con disabilità e Salute, svoltosi al Policlinico Gemelli di Roma. (S.B.)
Ringraziamo Simona Lancioni per la segnalazione.
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