Merita tutte le nostre congratulazioni e il nostro sostegno il Movimento Umbro per la Vita Indipendente, che con determinazione e costanza è riuscito a portare in Regione il tema del diritto alla vita indipendente delle persone con disabilità, ora in discussione per l’attuazione di Linee Guida volte alla regolamentazione di esso [se ne legga già ampiamente nelle nostre pagine a questo link, N.d.R.].
Un tema che, per fare chiarezza, riguarda tutte le persone con disabilità in grado di esprimere, con ogni forma della personale autodeterminazione, scelte che attengono alla propria vita, con l’esercizio del bene più prezioso, la libertà.
Parallelamente rendiamo merito al Consiglio Regionale Umbro e al suo assessore alla Sanità, Coesione Sociale e Welfare, Luca Barberini, per avere colto l’occasione di ascoltare, discutere, mediare e portare a termine una serie di decisioni riguardo a un tema purtroppo ancora poco conosciuto, riconosciuto e affermato in Italia.
Come ENIL Italia (European Network on Independent Living), la Rete Europea per la Vita Indipendente, ci occupiamo di questo sin dalla fine degli Anni Ottanta. Oggi il concetto di vita indipendente si è arricchito di altri contenuti, grazie anche all’approvazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ma per le persone con gravi disabilità l’assistenza personale continua ad essere l’elemento principale per la realizzazione della vita indipendente stessa. Senza di essa, infatti, serve a poco abbattere le barriere architettoniche, rendere accessibili i mezzi pubblici, costruire abitazioni a norma, adattare ai bisogni delle persone con disabilità le scuole, i luoghi pubblici, quelli di lavoro e di svago: ci sarà sempre chi non potrà fruirne per mancanza di assistenza personale o che potrà farlo solo con modalità di fortuna, cioè discriminanti, soprattutto se quell’assistenza non sarà autogestita.
Fanno bene la FISH e la FAND dell’Umbria [rispettivamente Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap e Federazione tra le Associazioni Nazionali di Persone con Disabilità, N.d.R.] a chiedere che la quota massima prevista dalla Regione sia fissata almeno a 1.600 euro mensili, ma si sappia che per alcune persone questa cifra è insufficiente a pagare tutta l’assistenza che loro necessita, in quanto più gravemente compromesse. Queste persone, infatti, continueranno ad essere discriminate, se non sarà previsto di personalizzare il finanziamento anche in funzione della loro vita indipendente. È un passo avanti, questo, che ci aspettiamo avvenga presto, prevedendo delle tappe messe per iscritto.
Trattandosi poi di un provvedimento in fase di avvio, ci sembra un comprensibile compromesso anche il richiedere che nel progetto personale tale quota, da prevedere sulla base di un ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) fissato oltre un tetto di 25.000 euro, sia inversamente progressiva. Tuttavia riteniamo che continui ad essere una grave discriminazione la compartecipazione alla spesa per un’assistenza personale necessaria ad essere messi in condizioni di uguaglianza con gli altri cittadini. Noi riteniamo infatti che per le persone con disabilità che non possono vivere senza assistenza personale non si debba chiedere l’ISEE.
Per quanto poi riguarda la figura del consulente alla pari in materia di disabilità, quest’ultimo è senza dubbio di grande utilità per coloro che necessitano di un aiuto su tutti gli aspetti inerenti il progetto di vita indipendente, se dotato di esperienze comprovate nello specifico contesto. E tuttavia la decisione di rivolgersi all’Agenzia o alla figura del consulente alla pari, come già ribadito anche dalle Federazioni FISH e FAND, dev’essere una volontà espressa della persona con disabilità, secondo il principio della libertà di scelta e non una condizione necessaria per accedere al finanziamento.
Il consulente alla pari, forte di una maggiore esperienza nella soluzione di situazioni specifiche, contribuisce ad accrescere la consapevolezza della persona (empowerment) rispetto alle scelte della stessa. Per tale ragione la funzione di modello di ruolo del consulente rappresenta una risorsa disponibile per qualsiasi persona, a prescindere dall’età e dalla specifica condizione di disabilità, il tutto con l’intento di porre fine all’istituzionalizzazione forzata, attivando percorsi di autonomia e di inclusione, oggi troppo spesso erroneamente ritenuti impraticabili.
Per questi motivi riteniamo sia profondamente sbagliato che nel documento istruttorio a corredo delle Linee Guida Umbre si sottraggano 120.500 euro dalla quota complessiva del finanziamento, già per altro esiguo, da destinare «al sostegno della funzione dei consulenti alla pari». Occorre invece assegnare tutto l’importo alla realizzazione dei progetti personalizzati e definire con un provvedimento a parte l’avviamento del servizio di consulenza alla pari con la relativa formazione.
E ancora, in merito al Centro o Agenzia per la Vita Indipendente, di cui anche l’Umbria dovrebbe dotarsi, è fondamentale che esso abbia caratteristiche e ruolo ben definiti, così come indicato dal Movimento Internazionale per la Vita Indipendente e dettagliatamente descritto in un documento redatto dall’Associazione AVI Toscana.
In un suo articolo pubblicato su queste stesse pagine, Raffaello Belli, cofondatore di ENIL Italia e dell’AVI Toscana, si è espresso così sulla triste vicenda di Roberto Guerri: «Come avviene in Paesi meno arretrati, Roberto aveva bisogno – e pienamente diritto – del sostegno di un’Agenzia per la Vita Indipendente. Purtroppo la Regione Toscana non l’ha voluta finanziare. Nella mia coscienza so bene che questo è stato uno dei motivi fondamentali per cui Roberto non ha potuto vivere più a lungo».
È però fondamentale che per queste organizzazioni siano trovate specifiche risorse aggiuntive affinché, come già indicato nelle Linee Guida del Ministero sulla vita indipendente, attraverso le previste «azioni di sistema» sia garantito «il supporto al contestuale rafforzamento del diritto del cittadino con disabilità e del dovere del sistema dei servizi di elaborare in accordo e condivisione una progettazione personalizzata che coinvolga in modo diretto la persona con disabilità (e, ove opportuno, la sua famiglia), ponendo anche attenzione al valore della motivazione della persona a partecipare a percorsi di vita indipendente, e tenendo conto, altresì, della sfera delle disabilità intellettive e relazionali», liberando il vincolo del limite di età.
Nelle stesse Linee Guida del Ministero si ribadisce inoltre che «parte importante possono rivestire i Centri o Agenzie per la Vita Indipendente e/o figure di consulenti alla pari (o peer counseling), nonché ulteriori figure professionali, in sinergia con l’attività condotta dalle UVM [Unità di Valutazione Multidisciplinari, N.d.R.]».
Noi crediamo pertanto che la figura del consulente alla pari debba essere parte integrante dell’Agenzia per la Vita Indipendente, in sinergia con la persona disabile che all’Agenzia per sua scelta si rivolga, al fine di ricevere il supporto atto a realizzare il proprio progetto di vita indipendente, anche in riferimento all’attività condotta dall’UVM.