Qualche settimana fa, in un articolo pubblicato su queste stesse pagine, intitolato A quarant’anni dalla 517, quale futuro per l’inclusione?, chi scrive aveva ricordato quanta importanza strategica abbia ricoperto la Legge 517/77 per il nostro sistema di inclusione scolastica, rappresentandone ancora oggi, quarant’anni dopo la sua emanazione, il pilastro portante.
E tuttavia, non si può fare a meno di rilevare che – sebbene la normativa inclusiva italiana sia oggi unanimemente riconosciuta come una delle più avveniristiche e all’avanguardia nel mondo – l’attuale nostro modello di inclusione presenti diverse criticità strutturali che, se come sembra saranno affrontate anche stavolta dal Ministero con i soliti “interventi tampone”, rimarranno tali anche per l’anno scolastico che si aprirà nei prossimi giorni.
A parere di chi scrive, anche quest’anno l’emergenza assoluta è rappresentata dal non più “eccezionale” e dallo spropositato numero di “docenti in deroga”, cui il Ministero ricorre ormai da tempo in modo continuativo, anche più volte nel corso di uno stesso anno scolastico, per coprire le tantissime cattedre di sostegno rimaste vacanti.
Al riguardo, i numeri prodotti relativamente all’anno scolastico 2016-2017 sono preoccupanti ed emblematici: se oltre 2 milioni e mezzo di alunni (il 33% dell’intera popolazione scolastica) si sono trovati con almeno un insegnante nuovo in classe, è andata ancora peggio agli alunni con disabilità, perché almeno 100.000 di loro (il 43% dei 233.000 alunni con disabilità presenti nelle classi di ogni ordine di scuola) hanno cambiato il docente di sostegno.
In tal senso la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) ha stimato lo scorso anno che quasi il 40% dei posti fossero coperti da docenti precari (47.000 su un totale di 120.000).
Questa situazione preoccupante ha determinato di fatto l’impossibilità di assicurare agli alunni/studenti con disabilità quella continuità didattica che risulta essere un fattore determinante per favorirne il successo scolastico. E credo che tale problema non cambierà affatto neppure durante il prossimo anno scolastico, perché, in base ai dati recentemente forniti dal Ministero, ad esempio in Sicilia ben 4.872 cattedre di sostegno sono già state assegnate in deroga e ne sono rimaste libere oltre un migliaio.
Le cose, per altro, non vanno meglio neanche nelle altre Regioni italiane, se si pensa che, solo a Milano, vi sarebbero ancora da affidare più di 1.400 posti e in Abruzzo le “vacanze” sul sostegno sarebbero 1.741, in Liguria 603.
Questo vero e proprio “valzer di cattedre” si abbatte ciclicamente come uno tsunami sul sostegno (e anche quest’anno, sfortunatamente, non farà eccezione), perché il Ministero, nel mese di aprile di ogni anno, quando cioè dev’essere conteggiato l’organico di diritto (il numero dei docenti necessari per l’anno successivo), preferisce sottostimarlo e calcolarlo in difetto rispetto alle esigenze effettive, al solo fine di risparmiare, evitando dunque di aumentare le immissioni di insegnanti di ruolo.
Conseguenza di questa condotta non del tutto ineccepibile del Ministero è che, quando ogni anno ad agosto si fanno i conti reali, i nodi vengono al pettine e i vari Uffici Scolastici Regionali (USR) si trovano costretti ad integrare l’organico di diritto con quello “di fatto”, coprendo le migliaia di esuberi e di posti liberi, prima con le assegnazioni provvisorie (incarichi annuali attribuiti ad insegnanti titolari che chiedono il riavvicinamento) e poi con la “deroga” a supplenti con contratto a tempo determinato che, cosa ancor più grave, sovente non sono neanche specializzati.
Ciò è dovuto anche al fatto che – di fronte alla penuria di insegnanti di sostegno di ruolo a causa dei concorsi “al contagocce” e delle loro relative tantissime non ammissioni di questi ultimi decenni, al quasi avvenuto svuotamento delle GAE (Graduatorie ad Esaurimento) e alla scarsa disponibilità di assegnazioni provvisorie – recentemente si sono susseguite decisioni ministeriali discutibili, che hanno finito con il mandare letteralmente in tilt il sistema scolastico territoriale.
A tal proposito si ricordi la Nota Ministeriale Protocollo n. 24306 del 1° settembre 2016, che recitava testualmente: «In caso di esaurimento degli elenchi degli insegnanti di sostegno compresi nelle graduatorie ad esaurimento, i posti eventualmente residuati sono assegnati dai dirigenti scolastici delle scuole in cui esistono le disponibilità, utilizzando gli elenchi tratti dalle graduatorie di circolo e d’istituto, di prima, seconda e terza fascia».
L’auspicio è quindi che il Ministero, ad anno scolastico ufficialmente ormai avviato, non riproponga nei prossimi giorni quella stessa sciagurata Circolare, perché essa – nel corso del passato anno scolastico – ha causato soltanto danni, facendo sì che in assenza di docenti di ruolo, con le GAE praticamente esaurite e con un numero irrisorio di posti destinati alle assegnazioni provvisorie, migliaia di cattedre di sostegno siano state affidate ad insegnanti senza alcun tipo di specializzazione, costringendo in tal modo le famiglie di persone con disabilità a ricorrere sempre più spesso ai Giudici, per dare un’istruzione adeguata ai proprio figli (8,2% per la scuola primaria e 5,1% per quella secondaria di primo grado, di cui al Sud rispettivamente il 12,4% e il 9,1%).
Ad esasperare ulteriormente gli animi dei genitori dei ragazzi con disabilità ci ha pensato pure il Contratto Collettivo Nazionale sulla mobilità annuale del 21 giugno scorso, sulla base del quale, ad esempio in Sicilia, quasi nessuna Provincia ha avuto per l’anno scolastico 2017-2018 molti posti destinati alle assegnazioni provvisorie e quindi chi sta provando a rientrare sul sostegno in questi giorni su quelle stesse Province, non ce l’ha fatta, o comunque non ci riuscirà così facilmente.
Ma il vero paradosso è che quei posti rimasti vacanti sul sostegno in Sicilia (ancora un migliaio, come sopra riferito), così come in tante altre Regioni, e non solo del Mezzogiorno, potranno essere coperti nel corso di questo nuovo anno scolastico non da docenti titolari, ma da laureati neppure abilitati, con le semplici lettere di “messa a disposizione”.
Insomma, l’esperienza di questi ultimi quarant’anni non sembra avere insegnato al Ministero che precarietà e scarso investimento sulla formazione degli operatori non giovano ai nostri ragazzi e che, soprattutto, il ricorso ormai quasi sistematico a una quantità pletorica di insegnanti per il sostegno in deroga, non abilitati e specializzati non è garanzia di qualità dell’inclusione scolastica.
Infine, si rammenti che le nuove modalità di formazione specifica universitaria dei docenti specializzati e del loro arruolamento, previste dai Decreti 59/17 e 66/17, attuativi della Legge 107/15 (cosiddetta La Buona Scuola), entreranno a pieno regime tra non prima di due anni. E quest’ultima non trascurabile aggravante, ci rende ovviamente ancora più preoccupati e non ci fa ben sperare per il presente e l’immediato futuro inclusivo delle studentesse e degli studenti con disabilità del nostro Paese.
A questo punto, stanti così le cose e nonostante le recenti rassicurazioni del ministro Valeria Fedeli, temo proprio che i drammatici numeri sopra riportati e l’atavica assenza di una “policy” a lungo termine del Ministero (con la previsione di un Piano di formazione obbligatoria e specifica sulla didattica inclusiva di tutto il personale scolastico e di assunzione strutturale dei docenti specializzati; con il loro mancato transito nell’organico di diritto; con il loro non avvenuto vincolo almeno al segmento formativo dell’alunno con disabilità; e con l’assenza di un sostegno “diffuso” all’allievo con disabilità, anche da parte del contesto territoriale, come confermato dalla stessa inspiegabile cancellazione dei CTS, i Centri Territoriali di Supporto, nel neonato Decreto attuativo della Buona Scuola sul sostegno) non potranno garantire agli alunni/studenti con disabilità, neppure durante l’anno scolastico 2017-2018, un processo di inclusione davvero di qualità.