Un caso specifico verificatosi in un’ospedale del Tarantino, risoltosi fortunatamente in modo positivo, di cui riferisce l’Agenzia «Redattore Sociale», ha dato la possibilità al Comitato 16 Novembre (Associazione Malati SLA e Malattie Altamente Invalidanti) di tornare a dare grande visibilità a una delle proprie battaglie, quella cioè per far sì che i reparti di terapia intensiva consentano ai familiari e ai caregiver di persone con SLA (sclerosi laterale amiotofica) o con altre gravi disabilità, di stare accanto ai propri cari, naturalmente secondo regole e orari stabiliti, permettendo loro di comunicare con medici e infermieri.
Secondo il Comitato, infatti, si tratta di una necessità fondamentale, ritenuta tale, per altro, anche da molti altri genitori di bambini, ragazzi e adulti con gravi disabilità.
In tali termini si è rivolta al Direttore Generale dell’ASL di Taranto Mariangela Lamanna, vicepresidente del Comitato 16 Novembre, dopo avere vissuto personalmente i gravi problemi legati al recente ricovero della sorella, persona malata di SLA.
«L’importanza fondamentale di questa possibilità per i malati di SLA e per le persone con gravi disabilità – ha scritto Lamanna – deriva dalla loro impossibilità di comunicare con medici e infermieri, in assenza dei familiari e degli ausili di cui hanno bisogno per esprimersi. Per legge, infatti, nelle rianimazioni si entra mezz’ora al giorno, per una questione di sterilità e tutela degli altri pazienti. Il problema è che queste persone, passata la fase acuta, sono completamente lucide, ma restano lì, sicuramente monitorate e curate da infermieri e medici, che però non sanno interagire con loro, non capiscono cosa chiedono, non sanno come vogliono essere posizionati nel letto. Dal punto di vista psicologico, quindi, vivono una condizione di totale abbandono. Di qui la necessità di avere accanto i propri familiari, come pure di ricevere il supporto degli psicologi della “Rete SLA”».
Concreta è la successiva proposta avanzata dalla rappresentante del Comitato 16 Novembre: «Creare una stanza dedicata e attrezzata per la permanenza dei malati di SLA o con altre gravi disabilità, dotando la stanza stessa dei necessari ausili per la comunicazione, e consentendo l’accesso al familiare per più ore al giorno, da concordarsi con il reparto, oltre alla presenza del supporto psicologico della “Rete SLA”, nella quale dovrebbero essere inseriti gli stessi rianimatori».
La positiva risposta ricevuta dal Direttore Generale dell’ASL di Taranto potrebbe aprire presto la possibilità di avere quella stanza attrezzata nell’ospedale coinvolto, con l’auspicio espresso con forza da Lamanna, che «tale esempio possa diffondersi in tutto il resto d’Italia, anche con l’aiuto e il supporto delle grandi Associazioni, diventando una realizzazione concreta in tutti i reparti di terapia intensiva del Paese». (S.B.)
Ringraziamo per la segnalazione Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa).
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