Il Ministero salvi i Centri Territoriali di Supporto

di Gianluca Rapisarda*
«Non si riesce a comprendere - scrive Gianluca Rapisarda - come mai un tesoro inestimabile di professionalità, di qualità e di “rete” tra il mondo della scuola, le famiglie e le associazioni delle persone con disabilità, quale quello dei Centri Territoriali di Supporto (CTS), possa di fatto essere stato dimenticato dal Ministero. L’auspicio è che quest’ultimo cambi rotta, rendendo organica al sistema di istruzione e formazione l’azione di quei Centri, attraverso ulteriori investimenti in risorse umane e strumentali e creando, al loro interno, sportelli dedicati alle singole disabilità»

Particolare di alunno con disabilità in aula scolasticaRecentemente, presso la prestigiosa sede romana della Fondazione Besso, si è tenuta la presentazione del libro edito da Erickson, Storie di scuola. L’inclusione raccontata dagli insegnanti: esperienze e testimonianze [se ne legga già ampiamente nel nostro giornale, N.d.R.].
A tale iniziativa, organizzata dal CTS (Centro Territoriale di Supporto) dell’Istituto Edmondo De Amicis di Roma, tra i cui operatori figurano molti degli autori del volume di cui sopra, chi scrive ha avuto l’onore di essere invitato insieme ad altri esperti di inclusione.
Innanzitutto, quindi, vorrei congratularmi con coloro che hanno contribuito a Storie di scuola, alla luce dell’ottima fattura del libro, rammaricandomi tuttavia di non averlo potuto leggere autonomamente, in quanto l’opera manca di formato accessibile. Al riguardo, durante la presentazione di Roma, ho colto l’occasione per offrire agli Autori la mia disponibilità a coinvolgere le Istituzioni Pro Ciechi perché trascodifichino il loro libro in braille, in nero-braille e in formato elettronico, al fine di renderlo inclusivo a trecentosessanta gradi e farlo conoscere all’intero mondo della disabilità.

Nel corso del mio intervento, ho sottolineato che varie pagine di quel testo dimostrano come non basti insistere soltanto sulla centralità del docente per il sostegno, né che ciò sia di giovamento al processo di inclusione scolastica, poiché la deriva verso la delega al solo insegnante specializzato (tra l’altro sin troppo spesso desolatamente impreparato o inadeguatamente formato) dell’alunno con disabilità rappresenta una delle principali “distorsioni” del nostro attuale sistema educativo.
Il Ministero dell’Istruzione, abbandonando finalmente posizioni “conservative”, dovrebbe invece ritrovare i princìpi autentici e originari della “scuola per tutti e per ciascuno”, dell’UDL (Universal Design of Learning, ovvero, letteralmente, “Progettazione universale dell’apprendimento”), dell’individualizzazione e della personalizzazione degli insegnamenti/apprendimenti e del sostegno diffuso in tutto il contesto, sanciti dall’ICF [la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, fissata nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.], da tutta la nostra legislazione inclusiva e dall’articolo 24 (Educazione) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

In quest’ottica – come dimostrato d’altra parte dal libro in questione e concordando con il recente, stimolante articolo di Salvatore Nocera, intitolato Lunga vita al lavoro dei Centri Territoriali di Supporto e pubblicato qualche giorno fa su queste stesse pagine – chi scrive non riesce a comprendere come mai un tesoro inestimabile di professionalità, di qualità e di “rete” tra il mondo della scuola, le famiglie e le associazioni delle persone con disabilità, quale quello dei Centri Territoriali di Supporto (CTS), possa essere stato dimenticato tout court dal Ministero e relegato ad “ectoplasmatiche” Scuole Polo dal recente Decreto Legislativo 66/17 sull’inclusione, attuativo della Legge 107/15 (cosiddetta La Buona Scuola).
Pertanto, l’auspicio è che il Ministero cambi rotta e assuma una volta per tutte una visione “strategica” e non solo “emergenziale” sull’inclusione scolastica, rendendo organica al sistema di istruzione e formazione l’azione dei CTS, attraverso ulteriori investimenti in termini di risorse umane e strumentali e creando, al loro interno, sportelli dedicati alle singole disabilità.
Infatti, solo l’attenzione alle differenze individuali di tutti gli alunni da parte dell’intero contesto, senza più considerare la didattica inclusiva esclusivamente “un affare del docente per il sostegno e dello studente con disabilità”, potrà garantire al sistema scolastico del nostro Paese quel cambio di paradigma raccomandato lo scorso anno dal Comitato delle Nazioni Unite, che ha esaminato lo stato di applicazione della Convenzione ONU da parte dell’Italia [a questo link le Osservazioni Conclusive di quel Comitato, N.d.R.].

Direttore scientifico dell’IRIFOR (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione) dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti). Per informazioni: direttorescientifico@irifor.eu.

Share the Post: