I bambini con disturbo autistico possono trovare nella musicoterapia e soprattutto nell’improvvisazione musicale, un aiuto per esprimersi e per comunicare con gli altri: è quanto verrà ribadito nel convegno in programma per il 4 novembre all’IRCCS Fondazione Stella Maris di Calambrone (Pisa), appuntamento medico-scientifico nel corso del quale gli specialisti faranno il punto sulla relazione tra musica e linguaggio, presentando i risultati di TIME-A, progetto di ricerca internazionale che ha indagato appunto gli effetti della musicoterapia sull’autismo, e che per l’Italia è stato coordinato da Filippo Muratori, direttore dell’Unità di Psichiatria dello Sviluppo della Stella Maris e da Ferdinando Suvini, musicoterapeuta.
I primi dati pubblicati nell’agosto scorso dall’autorevole rivista scientifica «JAMA» («Journal of the American Medical Association») e alla cui elaborazione aveva partecipato Enzo Grossi dell’Istituto Santa Maria di Milano, potevano apparire scoraggianti: la musicoterapia, infatti, non sembrava avere effetti sulla gravità dei sintomi di autismo. «Ma non è questa la direzione in cui vanno letti i risultati della ricerca e non potrebbe nemmeno essere altrimenti – afferma Christian Gold dell’Università di Bergen in Norvegia, da dove ha diretto questo progetto di ricerca -, infatti, i 400 bambini tra i 4 e i 7 anni che hanno aderito allo studio hanno partecipato in media ad appena diciannove sedute di musicoterapia».
Quel che dunque appare molto interessante si trova nei “risultati collaterali” del progetto: l’entusiasmo nella partecipazione dei bambini e delle famiglie sono infatti elementi importanti per migliorare il loro benessere, se è vero che il coinvolgimento del bambino con autismo in un’attività sociale per lui piacevole costituisce un passo importantissimo.
In tal senso, la motivazione sociale dei piccoli partecipanti a TIME-A è aumentata, mentre sono diminuiti i classici manierismi autistici, i movimenti stereotipati e ripetitivi di questi bambini. «Ed è migliorata – aggiunge Filippo Muratori – anche la regolazione emotiva, che è una premessa per lo sviluppo delle abilità di interazione sociale. L’effetto è stato più evidente nei casi in cui è stato possibile “improvvisare”, da parte dell’adulto e del bambino, brevi brani musicali che sono indice di una migliore sintonizzazione affettiva».
Continuare a lavorare in questo àmbito è poi importante perché spesso le persone con autismo hanno una sensibilità e una predisposizione particolare alla musica. Come per altri interventi, per altro, anche la musicoterapia va modulata in base alla specificità di ciascun paziente: a fronte infatti di bambini che non parlano, ma comunicano, ce ne sono altri che parlano, ma hanno evidenti deficit comunicativi. Il percorso va quindi personalizzato, evitando ogni aspettativa “magica” o prodigiosa. L’esperienza musicale può però costituire una delle chiavi per entrare nel mondo delle persone con autismo e comunicare con loro.
Da dire infine che anche una recente revisione degli studi su questo tema svolta da Cochrane Collaboration, noto e accreditato ente di ricerca indipendente, ha dimostrato come il suono e la musica possano aiutare i bambini autistici, migliorando la comunicazione, anche verbale, favorendo un contatto emotivo, incrementando le capacità di adattamento sociale e facilitando la relazione con i genitori. Tutto questo a patto che il musicoterapeuta abbia seguito un’opportuna formazione, sia musicale che clinica, e lavori all’interno di un team specialistico, come è avvenuto in TIME-A. L’obiettivo della musicoterapia, infatti, non è far “guarire” dall’autismo, ma aprire nuove forme di comunicazione. E la musica ha questo potere. (R.R. e S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa IRCCS Fondazione Stella Maris di Calambrone (Pisa) (Roberta Rezoalli), r.rezoalli@gmail.com.
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