A quarant’anni anni dalla sua emanazione, la Legge 517/77 continua ad essere una “pietra miliare” della nostra legislazione, rappresentando una disposizione che ha segnato una svolta profonda per il diritto allo studio di tutti e che ha formalizzato la volontà di costruire e garantire l’inclusione scolastica anche per le persone con diverse disabilità.
Ma a quarant’anni di distanza quel percorso appare ancora incompleto e discontinuo e, malgrado il recente Decreto Legislativo 66/17 sull’inclusione, attuativo della Legge 107/15 (cosiddetta La Buona Scuola), 66della Buona Scuola n. 66/17, conserva dei coni d’ombra importanti.
Nel sistema attuale notiamo i seguenti punti deboli: la carente e insufficiente formazione specifica di molti insegnanti specializzati; la diffusa impreparazione dei docenti curricolari, del personale ATA (Ausiliario Tecnico Amministrativo) e del contesto scolastico nei confronti degli allievi con disabilità. A ciò si aggiunga l’ormai consolidata e “perversa” delega al solo docente per il sostegno degli stessi alunni e studenti con disabilità.
Occorrerebbe invece promuovere finalmente un’adeguata e specifica azione formativa di massa di tutto il personale scolastico e non solo dei docenti specializzati. I focus sono la Didattica Inclusiva e la Pedagogia Speciale, una reale continuità didattica, che passi però da un piano serio e strutturale di assunzione dei docenti di sostegno, con un loro definitivo transito nell’organico di diritto.
In tal senso, noi che scriviamo condividiamo in toto quanto evidenziato in una nota prodotta congiuntamente il 30 ottobre scorso dalla Consulta delle Società Pedagogiche, composta da SIRD (Società Italiana di Ricerca Didattica), SIPES (Società Italiana di Pedagogia Speciale) e SIREM (Società Italiana di Ricerca sull’Educazione Mediale), ove si sottolinea la necessità che «nel primo àmbito dell’Allegato A del recente D.M. 616/2017 [sulla formazione degli insegnanti] – “Pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione” – la Pedagogia Speciale e la Didattica dell’inclusione trovino spazio adeguato e dignitosa collocazione, nel rispetto delle proprie specificità epistemologiche e, come tutte le discipline dei nostri settori, vengano proposte, curate e insegnate – in àmbito universitario – da docenti competenti, al fine di formare insegnanti che possano anche accedere al concorso per i corsi di specializzazione sul “sostegno didattico”».
Con queste nostre riflessioni, tuttavia, intendiamo ribadire con forza che non basta solo un’adeguata formazione universitaria specifica sulla Didattica Inclusiva e sulla Pedagogia Speciale dei docenti per il sostegno e curricolari, ma, soprattutto, è indispensabile realizzare contesti “flessibili”, dotati di ambienti, strumenti e materiali resi accessibili anche grazie alla presenza costante di figure educative di riferimento.
Proprio per tale motivo, una delle Associazioni storiche aderenti alla FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), vale a dire l’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), insieme ai suoi Enti collegati, riuniti nel NIS (Network per l’Inclusione Scolastica), ha ultimamente elaborato una proposta formativa basata su Master Universitari di Primo e Secondo Livello, per fornire un’efficace ed appropriata preparazione rispettivamente agli assistenti alla comunicazione e ai pedagogisti esperti in Scienze Tiflologiche.
Guardiamo dunque con molto favore alla ripresa dell’azione della predetta Consulta delle Società Pedagogiche che, dopo un breve periodo di pausa, si riunirà domani, 22 novembre, a Roma. In tal senso, auspichiamo che al suo interno, sin dai prossimi incontri, possa partecipare a pieno titolo pure una realtà scientificamente ormai consolidata del mondo della disabilità, come l’ IRIFOR dell’UICI. Soltanto insieme, infatti, potremo garantire un sempre più proficuo processo di inclusione agli allievi con disabilità del nostro Paese.