Tanta roba la disabilità in TV, su YouTube e dove c’è un dominio a disposizione! Siamo pure nei banner, con l’onnipresente Bebe Vio. Affolliamo i pixel, ma non i posti di lavoro, la scuola come si deve, i negozi d’abbigliamento, le case senza lo stress dei genitori – quello che comportiamo ai nostri caregiver familiari, non quello dei genitori rompiballe qualunque. Qualcosa non va.
È diventato virale Carrozzati’s karma, parodia delle sorelle Elena e Maria Chiara Paolini sulle note di Occidentali’s Karma, che ha vinto Sanremo senza essere canzone sanremese. L’allegoria ha un suo messaggio netto: va bene, vedete noi persone disabili come marziani o eroi, vi commuovete e ci date una pacca sulla spalla, ma nella realtà?
C’è poi Checco Zalone, con il nuovo spot per l’Associazione Famiglie SMA (atrofia muscolare spinale). Divertentissimo e dissacrante. Da lui non è costituzionale desiderare altro. Dopo il primo spot dello scorso anno, che aveva suscitato perplessità anche al sottoscritto – perché se metti a fuoco il soggetto invece del panorama finisce che ti perdi il panorama pure se il soggetto ti conduce dentro -, al secondo siamo preparati. Nuovamente il panorama dei bambini con le loro peculiarità – non tutte, ma quanto basta a creare lo sfondo. E nuovamente il soggetto che sfuoca il tutto. Ma qui c’è un soggetto ancora più soggetto di Zalone: il denaro, l’assegno e la donazione da fare all’Associazione. Lo scopo, che azzecca i migliori meccanismi emozionali, è raggiunto: allora, mollate la lira o siete generosi da chiacchiera? Toglieteci il farmaco a questo (che mi ruba l’assegno)!
E ancora, due esempi a Tu sí que vales, campione d’ascolti del sabato sera a botte di oltre 4 milioni di telespettatori, Canale 5. Prima puntata ed esibizione che si può vedere cliccando qui (non inquietatevi se vi parte il banner con Bebe Vio, a me è successo). Sono quelli di PizzAut in studio per presentare la loro meravigliosa intuizione di creare una pizzeria gestita da ragazzi con autismo. Applausi, emozioni, consensi a scena aperta, tanto da ricevere l’approvazione del 100% del pubblico in sala e l’accesso diretto in finale.
Puntata del 14 ottobre e Sonia, frizzante trentacinquenne con sindrome di Down che proclama il suo fidanzamento con «un bellissimo ventiseienne che non deve essere geloso dei ballerini poiché lei balla per lavoro», si esibisce in una coreografia di Grease. Consensi dalla giuria per il talento e di buona parte del pubblico. La manifestazione sentimentale per il suo ragazzo le vale la crociera che a ogni puntata viene regalata a uno dei protagonisti.
Infine, capitolo Bebe Vio. Ci sto riflettendo, l’impressione è sgargiante. Valutare a posteriori è facile, in corso d’opera si rischia d’esprimere un parere incompleto. Sa di essere sovraesposta, ma ha scelto di esserlo. Il successo si cavalca quando c’è. È un personaggio internazionale, non dobbiamo dimenticarcelo. È il “Bolt della disabilità”. E come lui varca il confine dello sport.
Veniamo al punto. Finché la disabilità sta sul video fa figura, una bella figura, per gli altri. Plausi, elogi e like a palate. Donazioni, anche. E apprezzamenti per una pizzeria dove ti promettono che si mangerà lentamente, noi che andiamo di fretta e la lentezza la cerchiamo nell’esclusività a caro prezzo dello slow-food. Non è però che poi se la pizza ci arriva in ritardo ci inc…amo? Non lì, che non sarebbe l’unico luogo dove mangiare una pizza lentamente nelle mani di persone con disabilità, ma in un qualunque posto dove vai per mangiare con calma.
E non è che della ragazza che dichiara il suo amore, che a noi non ce ne può fregare di meno, ci sorridiamo su, amaramente, perché tanto e lì, in TV, nel mondo dei “pagliacci” e delle “risate perse”? A me quel 100% di consensi per la pizzeria di persone autistiche mi rode.
Mi rode perché poi nella realtà non è così. Di quel 100% di pubblico che ha approvato la pizzeria quanti tornano a casa e non parcheggiano negli stalli per persone con disabilità? Quanti accettano una gita accessibile per i loro figli, invece che Barcellona per portarci il compagno di classe con disabilità? E di quelli che mollano la lira a Zalone o altri – e fanno bene, sia chiaro – quanti poi rispettano le persone con disabilità ogni giorno, anche solo pulendo accuratamente le deiezioni dei loro cani sui marciapiedi?
Fra il mondo delle immagini e quello della realtà c’è una verità che non immaginiamo. O che immaginiamo benissimo perché la conosciamo.
C’è dell’ipocrisia da telecomando. Anzi, da mouse. Da touchscreen. Da virtuale con ricadute concrete. Più coerenza, please!
P.S.: da qualche settimana in video c’è anche Andrea Bocelli, a promuovere un celebre caffè italiano. Disabilità da degustazione!
Testo già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “L’ipocrisia del consenso facile”) e qui ripreso – con alcuni minimi riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.
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