In seguito all’approvazione da parte dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, della traduzione italiana del Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea, curata da chi scrive, insieme a Mara Ruele, per conto del Centro Informare un’h di Peccioli (Pisa), diversi enti operanti nel settore della disabilità si sono interrogati sul valore di questo documento, su come ratificarlo, e su come rendere nota la propria adesione. Considerando che tali quesiti sono ricorrenti, diventa utile rispondere pubblicamente, ma per farlo adeguatamente, è necessaria qualche premessa.
Per comprendere il valore del Secondo Manifesto è essenziale avere ben chiaro che l’essere insieme donne e disabili espone le donne con disabilità al duplice svantaggio (discriminazione multipla) di avere meno opportunità in quanto donne, e di dover far fronte alle barriere che precludono o limitano il godimento dei diritti e la partecipazione sociale in quanto persone con disabilità.
Quando nel 2006 venne approvata la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che introduceva anche a livello normativo un nuovo paradigma basato sui diritti umani delle persone con disabilità, divenne evidente che tutte le politiche, le normative, le direttive programmatiche, e tutto quanto serve a definire gli interventi rivolti alle persone con disabilità avrebbe dovuto essere rivisto e modificato alla luce dei diritti e dei princìpi enunciati dalla Convenzione stessa.
Fu così che anche il Comitato delle Donne dell’EDF decise di rimettere mano al primo Manifesto delle Donne con Disabilità – adottato dallo stesso EDF nel 1997 -, per armonizzarlo con il dettato della Convenzione. Se il Primo Manifesto aveva avuto il merito di richiamare l’attenzione, in modo molto forte e chiaro, sulla condizione delle donne con disabilità e sulle discriminazioni multiple a cui sono soggette, nonché quello di contribuire ad istituire un Comitato Permanente di Donne all’interno dell’EDF, il Secondo Manifesto (adottato dell’EDF nel 2011) ha saputo cogliere i numerosi ed espliciti richiami alle questioni di genere contenuti nella Convenzione ONU, per trasformarli in una proposta politica complessiva sulla disabilità declinata al femminile.
Sotto un profilo normativo la Convenzione ONU e il Secondo Manifesto non si pongono sullo stesso piano. La prima – che, va ricordato, è stata ratificata dall’Italia quasi nove anni fa, con la Legge 18/09 – è un trattato internazionale che vincola gli Stati che lo sottoscrivono, ponendosi a livello di fonte primaria nell’ambito della gerarchia delle fonti del diritto. Il Secondo Manifesto, invece, non ha valore normativo, ma ha l’inestimabile valore politico che scaturisce dall’essere stato elaborato in prima persona da donne con disabilità delegate dai rispettivi Paesi dell’Unione Europea a rappresentare le istanze delle persone con disabilità all’interno dell’EDF.
Se la Convenzione ONU accorda agli individui con disabilità il ruolo di protagonisti delle proprie vite, i suoi molteplici richiami alle questioni di genere fanno intendere che proprio la parola delle donne con disabilità sia l’elemento a cui accordare maggior peso nella definizione delle politiche rivolte a queste ultime.
E del resto, basta leggere con attenzione il dettato della Convenzione, per rendersi conto del grandissimo rilievo attribuito alle questioni di genere: quattro richiami solo nel Preambolo; «la parità tra uomini e donne» annoverata tra i suoi Principi generali (articolo 3, lettera g); l’articolo 6 interamente dedicato alle donne con disabilità e al contrasto delle discriminazioni multiple a cui sono soggette; altri richiami nell’articolo 8 (Accrescimento della consapevolezza), nell’articolo 16 (Diritto di non essere sottoposto a sfruttamento, violenza e maltrattamenti), nell’articolo 25 (Salute), nell’articolo 28 (Adeguati livelli di vita e protezione sociale) e nell’articolo 34 (Comitato sui diritti delle persone con disabilità).
Ce n’è abbastanza per concludere che chi vuole applicare la Convenzione ONU non può non occuparsi anche di questioni di genere. Se poi consideriamo che la Convenzione ha un valore normativo per tutti i Paesi che l’hanno ratificata (tra cui, come detto, il nostro), diventa evidente che l’applicazione di essa non compete solo a chi si occupa di disabilità, ma anche a chi si occupa di donne a livello istituzionale, di volontariato e, più in generale, di società civile. A costoro è richiesto di includere la disabilità in tutte le rivendicazioni, nella programmazione, nei provvedimenti, nei servizi, nei progetti e in qualsiasi iniziativa riguardi le donne. Anche in questa prospettiva il Secondo Manifesto diventa un punto di riferimento imprescindibile.
Date queste premesse, conseguono le seguenti risposte.
Qual è il valore del Secondo Manifesto?
L’inestimabile valore politico del Secondo Manifesto è dato dall’offrire una proposta politica complessiva sulla disabilità declinata al femminile, e dall’essere stato elaborato in prima persona da donne con disabilità delegate dai rispettivi Paesi dell’Unione Europea a rappresentare le istanze delle persone con disabilità all’interno dell’EDF, giacché non si possono elaborare/definire/realizzare interventi (qualsiasi tipo di intervento) per le donne con disabilità, senza coinvolgere le stesse nel processo decisionale.
Chi dovrebbe ratificare il Secondo Manifesto?
Qualsiasi ente, a qualunque titolo, si occupi di donne e/o di disabilità, poiché solo considerando simultaneamente le variabili del genere e della disabilità è possibile prevenire e contrastare la discriminazione multipla che penalizza le donne con disabilità rispetto alle altre donne, e anche rispetto agli uomini con disabilità.
Come ratificare il Secondo Manifesto?
Basta sottoporre il testo del Secondo Manifesto all’approvazione del direttivo dell’ente che intende ratificare il documento. L’adozione del Secondo Manifesto impegna l’ente che l’ha ratificato ad agire per dare attuazione alle disposizioni contenute in esso.
Come rendere nota la propria adesione al Secondo Manifesto?
Allo stato attuale ci risulta che l’unico soggetto che sta tenendo un elenco degli enti che hanno ratificato il Secondo Manifesto è il Centro Informare un’h. Pertanto gli enti che hanno provveduto in tal senso possono darne comunicazione al Centro stesso via mail (info@informareunh.it), ciò che consentirà loro di essere inclusi nell’elenco pubblicato nell’apposita sezione tematica denominata Tutto sul Secondo Manifesto europeo sui diritti delle Donne e Ragazze con Disabilità.
Estremi della pubblicazione
° EDF (Forum Europeo sulla Disabilità), Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea. Uno strumento per attivisti e politici, adottato a Budapest il 28-29 maggio 2011 dall’Assemblea Generale dell’EDF, in seguito a una proposta del Comitato delle Donne dell’EDF, approvato dalla Lobby Europea delle Donne. Revisione realizzata alla luce della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
° Versione in lingua italiana approvata dall’EDF, traduzione a cura di Simona Lancioni e Mara Ruele, Peccioli (Pisa), Informare un’h, 2017, pp. 70 (in formato .pdf).
Per approfondire
° Sezione del Centro Informare un’h dedicata al tema Tutto sul Secondo Manifesto europeo sui diritti delle Donne e Ragazze con Disabilità.
° Sezione del Centro Informare un’h dedicata al tema Donne con disabilità.