Caregiver: la conferma di un ruolo strategico

di Daniela Bucci*
I caregiver familiari - lo ricordiamo - sono coloro che si prendono cura, al di fuori di un contesto professionale e retribuito, di una persona, generalmente un familiare, assicurandole l’assistenza e il supporto necessari a causa dell’età, di una menomazione o di una patologia. Su tali figure annotiamo la pubblicazione di uno studio del CENSIS, che al pari di precedenti ricerche, conferma come l’attività di cura determini impatti significativi nella vita lavorativa e sociale, nell’uso del tempo libero e nello stato di salute dei caregiver intervistati
Muli da soma
Alcuni muli da soma, al cui lavoro Giorgio Genta, sulle pagine del nostro giornale, ha spesso paragonato efficacemente quello dei caregiver familiari che assistono persone con grave disabilità

I caregiver familiari – lo ricordiamo – sono coloro che si prendono cura, al di fuori di un contesto professionale e retribuito, di una persona, generalmente un familiare, assicurandole assistenza, supporto e sostegno necessari a causa dell’età, di una menomazione, di una patologia, in un quadro di assenza o carenza di servizi pubblici adeguati e sufficienti alla situazione.
Su tali figure annotiamo in questo giorni la pubblicazione di uno studio del CENSIS, intitolato La gestione della cronicità: il ruolo strategico del caregiver. Il quadro generale ed un focus sul Parkinson, che ha coinvolto un campione di 203 caregiver familiari, in prevalenza donne (il 76,4% contro il 23,6% degli uomini).

Anche tale ricerca – al pari di altre precedenti – ha confermato come l’attività di cura abbia determinato degli impatti significativi nella vita lavorativa e sociale, nell’uso del tempo libero e nello stato di salute dei caregiver intervistati.
Il 36,9%, ad esempio, ha dichiarato che il lavoro di cura ha prodotto degli impatti sulla propria occupazione, che vanno dai problemi per le ripetute assenze sul lavoro, alla necessità di chiedere il part-time, fino alla scelta di andare in pensione o alla perdita del lavoro.
Il 55,7% ha evidenziato come i compiti assistenziali abbiano determinato un’interruzione, per mancanza di tempo, di tutte le attività extralavorative, come lo sport, i viaggi, gli hobby, il volontariato.
E ancora, il 31% ha segnalato il crescente isolamento, causato dall’allontanarsi delle amicizie per l’impossibilità di frequentarle assiduamente.
Addirittura il 79,2%, poi, ha affermato di aver subito almeno un effetto sulla propria salute. In particolare, di questi ultimi, il 65,3% ha riconosciuto di sentirsi fisicamente stanco e il 41,1% di non dormire a sufficienza. A ciò si aggiunge, con percentuali intorno al 10%, chi ha problemi di peso, chi si ammala più spesso e chi soffre di depressione. Infine il 6,9% ha fatto ricorso al supporto psicologico e il 4,5% è stato ricoverato in ospedale.

Tali ripercussionI non sorprendono affatto, se si tiene conto dell’impegno che il lavoro di cura impone. I caregiver intervistati dedicano infatti in media 8,8 ore della propria giornata all’assistenza diretta (igiene personale, preparazione e somministrazione dei pasti, somministrazione dei farmaci e delle medicazioni) e in media 10,2 ore quotidiane alla cosiddetta “sorveglianza” (intesa come il tempo trascorso con la persona in concomitanza con lo svolgimento di altre attività). Valori che crescono all’aggravarsi delle condizioni di salute.

A fronte di tale impegno, il 70% dei caregiver intervistati ha riferito di ricevere aiuti nelle attività di cura. Di questi, però, solo il 2,5% riceve un supporto pubblico e lo 0,5% l’aiuto di volontari; per il resto si ricorre a parenti e amici; mentre il 21,7% si rivolge al mercato di cura privato (badanti 17,3% e colf 4,4%). Ma c’è anche un 30% del campione che non riceve alcun aiuto nelle attività di cura, soprattutto nel Sud e nelle Isole (37%).

Tra i servizi ritenuti più utili, la maggioranza degli intervistati (66%) ha individuato al primo posto l’aiuto economico e/o gli sgravi fiscali, seguiti dall’assistenza di un infermiere a domicilio in caso di necessità (29,1%), mentre il 36% vorrebbe usufruire di ricoveri temporanei di sollievo, per qualche settimana durante l’anno (26,1%) o durante i weekend (9,9%).

Dando infine uno sguardo complessivo ai problemi principali incontrati dai caregiver, il 50,5% ha parlato di difficoltà psicologiche ad accettare e a convivere con la situazione, il 36,5% ha denunciato la difficoltà di orientarsi tra i servizi sociali e sanitari e il 25,5% le difficoltà economiche legate ai costi dell’assistenza e delle terapie.

Responsabile del portale «Condicio.it – Dati e cifre sulla condizione delle persone con disabilità», spazio di comunicazione che è il frutto di un progetto della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e nel quale il presente contributo è già apparso (con il titolo “Il ruolo strategico del caregiver”). Viene qui ripreso – con alcuni riadattamenti e modifiche, alla luce del diverso contenitore – per gentile concessione.

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