«In questi anni sta diventando sempre più difficile giudicare le città poiché stanno raggiungendo livelli impensabili all’inizio. In particolare, uno degli elementi che stanno emergendo nelle città stesse è l’applicazione di un approccio olistico, cioè l’attenzione non solo all’accessibilità degli edifici e dei trasporti, ma anche alla fruibilità di tutti gli àmbiti di vita di un centro urbano, compresi i beni e i servizi. Abbiamo inoltre rilevato una forte partecipazione degli utenti nella programmazione e progettazione dei processi di accessibilità e anche questo sta facendo la differenza».
Sono parole quanto meno significative, quelle pronunciate dal presidente della giuria Shadi Abou-Zahra, all’atto conclusivo di Bruxelles dell’8° Access City Award, l’iniziativa lanciata nel 2010 dalla Commissione Europea, in partnership con l’EDF (European Disability Forum), allo scopo di dare visibilità e di premiare quelle città che abbiano preso iniziative esemplari, per migliorare l’accessibilità nell’ambiente urbano alle persone con disabilità, e in un contesto di popolazione in età sempre più avanzata.
Non meno importanti, poi, sono stati i concetti espressi da Razia Daniels, sindaco di Chester, la città inglese vincitrice del premio lo scorso anno. «L’accessibilità – ha dichiarato – è stata una vera sfida per la nostra città dalle origini antiche, una sfida che è stata raccolta e che ci ha portato a vincere il premio nel 2016. Tale evento ha suscitato l’interesse degli organi d’informazione anche nazionali, con servizi intitolati ad esempio Una città per tutti. Chester, insomma, è stata al centro delle discussioni sul tema specifico dell’accessibilità ed è stata invitata a parlare delle proprie prassi in importanti conferenza sul tema svoltesi in diverse parti del mondo. Il percorso, dunque, continua e tuttora le strutture pubbliche stanno aumentando la loro accessibilità. Il premio, inoltre, ha influito decisamente anche sul settore privato, che molto più di prima vede l’accessibilità non come un onere, ma come un’opportunità».
Infine, le parole di Ana Peláez Narváez, in rappresentanza dell’EDF, che si è dichiarata «orgogliosa di questa iniziative e dei grandi risultati cui essa ha contribuito». «Stiamo facendo comprendere – ha aggiunto – che l’accessibilità non è solo fisica, ma coinvolge tutti gli àmbiti di vita dei cittadini con disabilità. Addirittura questo premio spinge le città a considerare l’accessibilità come elemento di attenzione a tutte le diversità umane e non solo a quelle delle persone con disabilità».
Tutte queste affermazioni sono perfettamente in linea con l’atteggiamento di Milano, che nel 2015 si era aggiudicata l’Award – unica città italiana, finora – ritenendolo non certo un traguardo raggiunto, ma un prezioso punto di partenza, per diventare sempre più accogliente e accessibile non solo alle persone con disabilità, ma a tutti, grazie anche alla continua e costante pressione delle Associazioni impegnate nel settore. Un atteggiamento che a quanto pare sta portando ad ottenere buoni risultati anche nelle altre città finaliste di questi anni, se non in tutte quelle 280 comunità dell’Unione Europea (26 quest’anno), che decidendo di partecipare, hanno sostanzialmente messo in discussione la loro stessa idea di accessibilità, puntando a renderla sempre più ampia.
È quanto accadrà certamente anche a Lione, la grande città della Francia Centro-Orientale, capoluogo della Regione Alvernia-Rodano-Alpi, aggiudicatasi l’Access City Award 2018, davanti a Lubiana, capitale della Slovenia e a Lussemburgo, capitale dell’omonimo Granducato.
Una menzione speciale per l’accessibilità nelle città storiche è andata invece a Viborg, una delle più antiche della Danimarca.
Lione succede ad Ávila (Spagna), Salisburgo (Austria), Berlino (Germania), Göteborg (Svezia), Borås (Svezia) e, come detto, Milano e Chester. (S.B.)
Ringraziamo per la collaborazione Luisella Bosisio Fazzi.
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