«Abbiamo scelto simbolicamente questa data, per consolidare l’impegno di noi tutti nel promuovere l’informazione e l’attenzione su questa patologia»: così l’Associazione UniPhelan, nata come L’abbraccio di Uma e impegnata sul fronte della sindrome di Phelan-McDermid – rara malattia genetica, caratterizzata tipicamente da un ritardo dello sviluppo motorio e intellettivo e che costituisce ad oggi una delle cause note di autismo (se ne legga anche nel box in calce) – presenta la scelta di lanciare la giornata di oggi, 7 dicembre, come Giornata Nazionale per la Sindrome di Phelan-McDermid.
In occasione dell’iniziativa, tra l’altro, andrà in scena questa sera, al Teatro Ghione di Roma, lo spettacolo di magia Abracadabra, la notte dei miracoli (a questo link c’è un approfondimento), che vedrà i vari artisti presenti devolvere parte degli incassi a UniPhelan.
«Ad oggi – spiega Stella Di Domenico, presidente di UniPhelan – sono stati identificati relativamente pochi casi di Phelan-McDermid (monosomia 22q13), in Italia sono circa un centinaio. La reale frequenza della sindrome è però ancora sconosciuta e verosimilmente sottodiagnosticata, poiché non identificabile alla sola osservazione clinica. I principali sintomi che si manifestano nella prima infanzia (basso tono muscolare, ritardo dello sviluppo motorio e cognitivo, assenza del linguaggio, malformazioni a carico di alcuni organi e in alcuni casi epilessia farmacoresistente) sono sovrapponibili a quelli di altre sindromi genetiche note. Si aggiunga poi il fatto che in alcuni pazienti la delezione 22q13 può essere molto piccola, quindi non identificabile all’analisi del cariotipo tradizionale e questo, fino a pochi anni fa, ha costituito un grande ostacolo alla corretta diagnosi. Oggi invece, grazie ai progressi della tecnologia, è disponibile un nuovo metodo di analisi del genoma, chiamato array-CGH, che rappresenta il test genetico d’elezione per la diagnosi di Phelan McDermid». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: presidenza@uniphelan.it.
La sindrome di Phelan-McDermid
A identificare per primi questa rara malattia genetica sono stati una trentina d’anni fa da Katy Phelan e Heather McDermid, che individuarono la prima delezione (perdita) cromosomica 22q13 in un neonato sofferente per lo scarso tono muscolare. La delezione comporta appunto la perdita di una copia del gene SHANK3, che codifica per l’omonima proteina, espressa nel cervello, nel cuore, nel rene e in altri organi. Il ruolo più importante di SHANK3 lo si osserva in particolare nel cervello, essendo espresso nelle aree cerebrali coinvolte nei processi delle funzioni cognitive.
Nella maggior parte dei casi, la delezione 22q13 insorge spontaneamente nel paziente, cioè non è ereditaria, ovvero trasmessa dai genitori. Accade semplicemente che nell’uovo o nello spermatozoo si “rompa” un cromosoma 22. Tuttavia, in circa il 10% dei casi avviene una traslocazione, cioè sul cromosoma 22 deleto viene trasportato un pezzo di materiale proveniente da un altro cromosoma, e circa la metà di questi possono essere ereditati da un genitore sano.
Ad oggi, sono stati identificati relativamente pochi casi di Phelan-McDormid. Nella letteratura scientifica ne sono riportati oltre 100, mentre secondo i dati raccolti dalla Fondazione Americana per la Sindrome di Phelan-McDermid nel mondo, ne sono noti più di 600. In Italia ne sono stati sicuramente diagnosticati oltre 70. La reale frequenza della sindrome è perciò ancora sconosciuta.
Le persone che hanno ricevuto una diagnosi di Sindrome di Phelan- McDermid sono per la maggior parte bambini. Il primo sintomo che si osserva nei neonati è un basso tono muscolare: non sorreggono bene il capo come gli altri bambini, imparano a sedersi più tardi, a volte non camminano. Entro i primi anni di vita si osserva poi un ritardo dello sviluppo motorio e cognitivo. I bambini colpiti regrediscono nella capacità di comunicare (smettono di parlare), possono manifestare comportamenti autistici (tendono a isolarsi), disturbi del sonno, sono spesso agitati o iperattivi oppure manifestano problemi di attaccamento emotivo. Possono inoltre mostrare caratteristiche al volto particolari (ciglia molto lunghe e folte, orecchie grandi, gonfiore intorno agli occhi e alle guance, orecchie grandi, mani carno-se, un aumentato spazio fra i denti). Le loro unghie, infine, sono poco sviluppate e in alcuni casi soffrono di crisi epilettiche.
Ringraziamo per la collaborazione Maria Clara Bonaglia, ricercatore biologo dell’Istituto Scientifico Eugenio Medea, responsabile del Comitato Scientifico del’Associazione UniPhelan.