Chi per motivi personali o professionali vive il mondo della disabilità conosce l’ormai noto fenomeno del devotismo che, per semplificare, può essere definito come un’attrazione feticistica verso una specifica caratteristica della persona con disabilità, quale la presenza di arti amputati o malformazioni. In altri casi i cosiddetti devotee possono erotizzare gli ausili (ad esempio la sedia rotelle o le stampelle). Altre volte è la stessa condizione di disabilità ad attirare, venendo essa idealizzata come condizione esistenziale che determina saggezza, profondità d’animo e coraggio oppure che autorizza all’oggettivazione della persona e alla sua manipolazione.
Di fondo, sostanzialmente, non c’è un desiderio sessuale o un’attrazione sentimentale per la persona in sé e per sé, ma solo per un aspetto. Corollario di ciò, è che vige la regola dell’intercambiabilità: una persona vale l’altra, purché abbia le caratteristiche oggetto di investimento erotico.
Le implicazioni del fenomeno sono molteplici e pregne di conseguenze emotive e psicosociali che ne sollecitano una conoscenza adeguata.
Una prima implicazione è il rischio di abusi. Non tanto perché chi ha un’attrazione feticistica di questo genere potrebbe essere indotto a forzare rapporti fisici, anche se spesso l’eventualità non è così remota. Piuttosto perché più frequente e non meno problematico è l’abuso sessuale e psicologico che sta nell’inganno che fa da sfondo alla relazione tra una persona con disabilità e un persona devotee: la prima convinta di essere amata e desiderata nella sua interezza può concedersi, per poi scoprire che è stata oggetto della realizzazione di una fantasia o dello sfogo di una compulsione.
Non sempre il devotismo può essere ritenuto come una parafilia, cioè un comportamento sessuale patologico, più spesso, infatti, rientra in ciò che si definisce come “devianza sessuale”. Il discrimine sta nella capacità di gestire gli impulsi in maniera da non arrecare danno a se stessi o agli altri: uno dei criteri stabiliti dal DSM [Manuale diagnostico e statistico dei disturbi sessuali, N.d.R.], per valutare se una tendenza sessuale rientri nelle parafilie o meno, è se essa induca il soggetto a violare la legge o a mettersi in situazioni che arrecano danno a sé o agli altri.
Questo aspetto è rilevante per evitare di etichettare come patologica ogni forma di devotismo e sollecitare un comportamento che responsabilizzi i devotee. Assumere infatti un atteggiamento chiaro e trasparente, distinguendo il momento della trasgressione fine a stessa dalle relazioni sentimentali, aiuta ad evitare di cadere in situazioni che possano ferire o addirittura traumatizzare.
D’altro canto, bisogna tenere in forte considerazione il rischio di alimentare lo stereotipo dell’indesiderabilità verso le persone con disabilità e di etichettare come “perverso” chiunque provi un interesse erotico-sentimentale verso chi ha una disabilità. In altri termini, la maggior parte delle relazioni di persone con disabilità sono basate su un genuino interesse per la persona nel suo complesso, però è ancora molto forte il pregiudizio che chi ha un handicap non possa essere desiderato e si ha la tendenza a ricercare un movente nascosto, un secondo fine. Rispetto a questo, il fenomeno del devotismo fornisce una spiegazione “scientifica” che conferma e rinforza questo pregiudizio. Per evitare dunque di cadere in questa trappola è necessario conoscerne bene i tratti distintivi.
Le generalizzazioni infondate sono molto deleterie sia per le persone con disabilità che possono considerare con estrema diffidenza chi mostra interesse nei loro confronti, sia per le persone che non hanno handicap, le quali potrebbero celare un genuino sentimento per una persona con disabilità, temendo di essere additate come “perverse”.
Per trarre indicazioni utili su come proteggersi dagli abusi e vivere serenamente la sessualità, si terrà nella mattinata del 15 gennaio a Roma un incontro-dibattito dal titolo Pensavo fosse amore e invece era…?”, al quale parteciperanno, insieme a chi scrive, gli psicologi e psicoterapeuti Stefania Angeli e Alfredo De Risio (psicologo-psicoterapeuta), co-autori del libro Sesso e disabilità: un’attrazione segreta. Una devozione diversamente abile (Alpes, 2017).
Per approfondimenti sull’incontro del 15 gennaio a Roma, intitolato Pensavo fosse amore e invece era…?, cliccare qui.