Ne avevamo recentemente registrato la vittoria nel Concorso di Idee Includi…AMO, con il progetto denominato La scuola per tutti con il kit per il restyling inclusivo. Ora ne annotiamo la pubblicazione di un nuovo intelligente contributo, intitolato 5 cose da non fare per avere un bagno accessibile.
Si tratta di Architutti, gruppo di lavoro composto da alcune architette, che si ispirano ai princìpi della progettazione universale (Universal Design), e che è nato, come si legge nel relativo blog, «con l’intento di diffondere, raccontare e spiegare che cosa vuol dire essere un architetto per tutti, che progetta per le persone, che non applica pedissequamente una normativa, ma attiva una sensibilità profonda e ripensa il progetto con un approccio inclusivo e olistico».
Nello specifico del contributo dedicato ai bagni accessibili, i titoli delle “5 cose da non fare” indicate da Architutti parlano da sé.
Il primo, infatti, si chiama Il terzo sesso e vi si scrive della «tipica situazione che troviamo nei bagni pubblici: uomo, donna, persona con disabilità», cosicché «spesso il bagno accessibile diventa “il terzo sesso”, qualcosa di destinato ad un uso specifico, senza pensare che, con pochi e semplici accorgimenti, un qualsiasi bagno può diventare fruibile per tutti».
Successivamente ci si sofferma sul tema Dimenticare i maniglioni, ricordando un fatto che può sembrare «impossibile ma succede: i maniglioni non ci sono o sono messi male».
E ancora, il capitolo Accessori fuori dalla portata, ove si parla di portasalviette, portarotolo di carta igienica, doccetta o pulsante per lo sciacquone, spesso «ubicati all’altezza di chi è in posizione eretta». «Altezze giuste – scrivono quindi da Architutti -, nessun ostacolo e tutti saranno in grado di essere autonomi».
Càpita poi non così di rado di Sbagliare le dimensioni di un bagno e quindi «servono gestione dello spazio e conoscenza delle necessità dell’utente», di ogni utente.
E da ultimo, ma non certo ultimo, quello che si può considerare forse come il punto concettualmente più importante (il titolo del capitolo è: Non pensare a quello che stiamo progettando), del quale vale la pena riportare un’ampia parte: «Questo punto ampio e variegato – si scrive – lo abbiamo lasciato per ultimo, ma è sicuramente il più importante. Ribadiamo sempre che l’approccio for all è quello in cui si deve inevitabilmente pensare a quello che stiamo facendo: chi è l’utente, quali sono le sue necessità e i suoi bisogni, quali sono le soluzioni per migliorare la fruibilità ambientale… Qualunque progettista ha il dovere di lavorare con professionalità, ma soprattutto “con la testa” cercando soluzioni semplici a problemi complessi. La progettazione per tutti è davvero un argomento ampio e complesso, in cui occorre competenza e sentimento, ma che attua soluzioni semplici ed efficaci». (S.B.)
Ringraziamo per la segnalazione Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa).
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