Prologo: in un pungente meriggio newyorkese del dicembre di undici anni or sono, un ameno consesso poliglotta formalizzò – era ora! – il frutto di una lunga riflessione. Il consesso era l’ONU e l’atto era la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Che – in realtà – più che fissare nuovi diritti – stabiliva, in modo inequivocabile, un principio ineludibile: diritti, opportunità, politiche, programmi, prodotti e servizi rivolti alla generalità dei componenti la famiglia umana, devono essere accessibili e fruibili anche alle persone con disabilità. A dicembre 2017 erano 175 i Paesi ad avere ratificato la Convenzione, compresa l’Italia (già nel 2009 con la Legge 18) e l’Unione Europea.
Nel testo della Convenzione – come si rammentava condivisa a livello planetario – vi è un articolo che, ritornando sulla reiterata centralità della partecipazione, impegna gli Stati a garantire che le persone con disabilità «possano effettivamente e pienamente partecipare alla vita politica e pubblica su base di uguaglianza con gli altri». Garanzie articolate di elettorato attivo e passivo, quindi, ma anche indicazioni operative e stringenti quali assicurare «che le procedure, le strutture ed i materiali elettorali siano appropriati, accessibili e di facile comprensione e utilizzo». Per i cultori degli approfondimenti l’articolo è il 29.
L’intento non si limita certo ad assicurare formalmente il diritto di voto, o, altrettanto formalmente, la candidabilità di una persona con menomazioni. No: è quello di consentire e favorire una partecipazione informata e consapevole, la medesima prevista per tutti gli altri cittadini. Fine del prologo.
Veniamo a tempi più recenti. In previsione della fine legislatura e soprattutto in vista di nuove consultazioni elettorali, poi fissate per il 4 marzo venturo, il Parlamento, dopo lunga e sofferta gestazione, partorisce le Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Le potete compulsare nella Legge 3 novembre 2017, n. 165. Non smettete di leggerci ché non discetteremo di “Rosatellum”.
Ci interessa solo un articolo, il quarto, dal titolo assai evocativo: Elezioni trasparenti. Esso prevede che «in apposita sezione del sito internet del Ministero dell’interno, denominata “Elezioni trasparenti”, entro dieci giorni dalla scadenza del termine per il deposito dei contrassegni […], per ciascun partito, movimento e gruppo politico organizzato che ha presentato le liste sono pubblicati in maniera facilmente accessibile” il contrassegno depositato, lo statuto e il programma con l’indicazione con il nome e cognome della persona indicata come capo della forza politica. Successivamente devono essere pubblicate anche le liste dei candidati divise per collegi».
Dobbiamo confessare che alla lettura di quell’articolo, soffermandoci sui lemmi gemelli «facilmente» e «accessibile», un po’ di compiaciuta commozione l’abbiamo provata. E sono scorse nell’indice mentale le indicazioni della Convenzione ONU in materia di accessibilità, di fruibilità, financo di comunicazione facilità, si sono accavallati gli estremi dei numerosi provvedimenti europei e italiani in materia di accessibilità del web e dei servizi informativi, si sono rincorse le circostanziate circolari e istruzioni dell’AGID, l’Agenzia per l’Italia Digitale. Insomma sembrava un traguardo raggiunto, disposizioni di principio e tecniche finalmente radicate nella concretezza, un segnale: è lo Stato primo che rispetta e promuove le norme che ha fissato.
Oggi. E allora andiamo a visitare quell’apposita sezione. Esiste davvero ed è anche, tutto sommato, ben impostata. Ci sono “addirittura” i testi alternativi corretti e puntuali per ciascun contrassegno di ciascun partito o movimento.
Controlliamo quello che ci interessa, quello che rende davvero trasparente almeno i dati cardine: statuto e programma. La ricognizione, lo anticipiamo, è desolante.
Partito Democratico: programma del tutto inaccessibile ai non vedenti come pure, in larga misura, lo statuto di cui si ripropone la pubblicazione annidata in Gazzetta Ufficiale (stessa scelta operata da Lega Nord, Forza Italia, SVP).
Completamente inaccessibile lo statuto del Movimento 5 Stelle come anche il programma che pure evoca una «smart nation».
Lista Popolare Lorenzin: sia il programma che lo statuto altro non sono che scansioni, se non addirittura foto, quindi precluse a chiunque usi uno screen reader [applicazione che interpreta un testo tramite un sistema di sintesi vocale o di display Braille, N.d.R.]. Ciechi esclusi anche in questo caso.
Accessibile con difficoltà lo statuto di Fratelli d’Italia, mentre è ampiamente inaccessibile il programma (in comune anche graficamente con Lega Nord, Forza Italia e Noi con l’Italia – UDC). Sarebbero bastate poche attenzioni in più per garantirne una lettura agevole.
Liberi e Uguali: inaccessibile lo statuto, mentre è leggibile e accessibile il programma.
Programmi e statuti totalmente off limits per Casa Pound, Potere al Popolo, Italia agli Italiani (Forza Nuova).
Al di là del merito dei contenuti . che non sono parte di questa riflessione per nessuna forza politica – l’unico attore che ha presentato sia lo statuto che il programma in modo accessibile è l’Associazione +Europa (con Emma Bonino).
Che dire? Di chi sono le responsabilità? Sono ampiamente diffuse, ma non per questo diluite. Qualcuno potrà affermare, in modo non infondato, che la responsabilità è del Ministero dell’Interno il quale non ha controllato il rispetto della normativa in materia di accessibilità. Qualcun altro potrà giustamente evidenziare come la disattenzione e l’ignoranza siano ampiamente diffuse oppure, più diplomaticamente, che la consapevolezza non sia ancora così radicata. Ancora qualcuno, estraneo a questi temi, potrà eccepire che l’accessibilità è un costo in più, ignorando quanto possa essere semplice realizzare un documento di testo accessibile.
E infine qualcuno potrà sottilizzare, prevedendo che quegli stessi contenuti siano (saranno o potranno essere) disponibili in un altrove indefinito in modalità accessibile e magari anche comprensibile.
Ma la ferita rimane, probabilmente nell’indifferenza di chi le regole (regole!) dovrebbe rispettarle o farle rispettare. Di certo se di trasparenza vi è, è quella delle persone con disabilità.
Una trasparenza che assomiglia sovente all’invisibilità.