Il 24 gennaio scorso l’Associazione Blindsight Project ha deliberato la ratifica del Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea, come comunicato dalla presidente Laura Raffaeli.
Blindsight Project è una ONLUS impegnata nel promuovere l’inclusione delle persone con disabilità sensoriali. Tra le sue battaglie più note, vi è la campagna per far rispettare il diritto, per le persone cieche che lo utilizzano, a spostarsi ovunque con il proprio cane guida; quella per la diffusione e l’impiego delle tecnologie informatiche, quale principale ausilio utile alle persone con disabilità sensoriali per leggere, scrivere, comunicare, lavorare, studiare; quella per l’accessibilità degli audiovisivi, degli eventi e di tutte le opere culturali, che l’ha vista anche tra i promotori del Progetto Cinemanchìo.
Importante ne è anche l’impegno sul fronte della disabilità al femminile, con la realizzazione del docufilm Donne in vista, centrato proprio sulla condizione delle donne con disabilità sensoriali [se ne legga anche su queste pagine, N.d.R.], ma anche con l’iniziativa Un giorno al buio: cecità, femminilità, accessibilità, oltreché con la traduzione dal francese, la sottotitolazione e l’audiodescrizione di Violences du silence (“Violenze del silenzio”), uno dei pochissimi documenti visivi che raccoglie testimonianze vere di donne con disabilità che hanno subito violenza [se ne legga anche su queste pagine, N.d.R.].
Proprio in ragione di questo impegno sul tema della violenza nei confronti delle donne con disabilità, abbiamo chiesto a Laura Raffaeli di commentare la mancanza, nel Secondo programma di Azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, di qualsiasi riferimento a questo fenomeno (si veda in tal senso, su queste stesse pagine, un nostro ampio approfondimento).
Osserva Raffaeli: «È grave che non si parli della donna disabile in nessuna occasione, anzi, se si prova a parlarne si viene accusate di essere “fuori tema”. Come Blindsight Project, ricordiamo in ogni occasione, ad esempio, che oltre alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità [ratificata dall’Italia con la Legge 18/09, N.d.R.], c’è anche la Convenzione di Istanbul [Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del 2011, ratificata dall’Italia con la Legge 77/13, N.d.R.] , e ricordiamo anche che i Centri Antiviolenza sono inaccessibili e impreparati all’accoglienza di donne disabili, soprattutto delle donne con disabilità sensoriali e di quelle con disabilità cognitive. Ma è sempre un “fuori tema”: quando si parla di disabilità si deve parlare d’altro!».
«Qualcuno – prosegue Raffaeli – ci ha anche detto che non dovremmo essere sempre “negativi”, ma che dovremmo parlare del “buono” che c’è in Italia. Sinceramente io non lo trovo tutto questo “buono” da raccontare, in primis quando si tratta di donne con disabilità. Più che dire che nei Centri Antiviolenza non accolgono donne cieche con cane guida, e rifiutano le donne sorde “perché nessuno saprebbe come comunicare con loro”, non saprei cos’altro aggiungere a questa tragedia sommersa».
«Oggi – continua – se un “ragazzo” o una “ragazza” disabili non stanno in TV e non vanno alle Paralimpiadi non sono nessuno, tutto pesa sulle famiglie. Le donne non esistono, esiste solo la disabilità, meglio se rappresentata da giovani atleti o personaggi famosi, possibilmente maschi o ragazzine. Cosa fare d’altronde in una nazione che privilegia ancora un genere piuttosto che un altro? Se ci fosse meno ipocrisia, forse le donne disabili riuscirebbero a cavarsela meglio da sole, visto che comunque da sole rimangono e da sole devono fare tutto, in mezzo però a mille ostacoli e pregiudizi, spesso dettati solo dall’assenza di una giusta informazione e sensibilizzazione».
«Ed è anche inutile – conclude – fare video contro la violenza sulle donne, se le donne cieche e sorde non capiranno mai cos’è, visto che non sono pensati per loro. Lo diciamo sempre, da anni, ma continuano a fare spot costosissimi e inaccessibili. Anche quando si parla di donne, noi disabili non esistiamo».
Anche chi scrive – come già rilevato su queste pagine – considera gravissima la mancanza, nel Secondo Programma di Azione biennale sulla disabilità, di riferimenti e azioni in tema di prevenzione, contrasto e risposta alla violenza nei confronti delle donne con disabilità. Rinnoviamo pertanto l’appello – ad oggi rimasto inascoltato – che abbiamo rivolto all’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità – che per Legge ha il compito di predisporre il Programma in questione – di adoperarsi in qualunque modo per colmare questa lacuna, e di intraprendere comunque, nell’immediato futuro, azioni specifiche in tema di prevenzione, contrasto e risposta alla violenza nei confronti delle ragazze e delle donne con disabilità, sebbene tali azioni non siano state incluse nel Secondo Programma.
Queste non sono cose che si possono rimandare.
Per approfondire ulteriormente il tema trattato, si può accedere al sito di Informare un’h, alla Sezione dedicata al tema La violenza nei confronti delle donne con disabilità. Per ulteriori informazioni: info@informareunh.it.
Le organizzazioni che hanno aderito finora al Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea:
° ADV (Associazione Disabili Visivi)
° Associazione Blindsight Project
° Associazione Femminile Maschile Plurale, Ravenna
° AUS Montecatone (Associazione Utenti Unità Spinale Montecatone), Imola (Bologna)
° Casa delle donne, Ravenna
° CERPA Italia (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità)
° CGIL Catania, Dipartimento Politiche di Genere
° Collagene VI Italia
° FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap)
° UDI Catania (Unione Donne in Italia)
° UILDM Nazionale (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare)