Sono, per prima cosa, bambini e come gli altri avrebbero il diritto di crescere in famiglia o in un ambiente il più possibile simile a una famiglia. Sono i 4.000 minori in Italia nati con disabilità e abbandonati alla nascita, il cui destino è, nella maggior parte dei casi, una lunga ospedalizzazione o il ricovero in una struttura residenziale sanitaria.
Ma nel Lazio, dove i bimbi con gravi disabilità e senza la famiglia di origine sono circa 250, la situazione sta finalmente per mutare: manca soltanto l’ultimo scatto per tutelare a pieno i diritti di questi minori che, nel momento in cui non accedono all’adozione o all’affido familiare, possono essere accolti in case famiglia socio assistenziali e non essere “abbandonati”, per una seconda volta, in una corsia d’ospedale.
Come dimostra infatti l’esperienza più che ventennale della Cooperativa Sociale L’Accoglienza – nata a Roma nel 1990 e che oggi cura la gestione di tre case famiglia socio assistenziali per minori con disabilità e in stato di abbandono – è possibile e auspicabile accogliere bambini con disabilità gravi in una casa famiglia, dove l’affettività, l’intimità, le cure personalissime di operatori professionali creano quel “calore di casa” fondamentale per ogni bimbo, come si evince anche dalle Convenzioni Internazionali sui diritti dell’infanzia.
Ciò è emerso in piena luce anche dal convegno svoltosi a Roma e intitolato Anzitutto bambini: verso un modello di integrazione socio-sanitaria nell’accoglienza di minorenni, con disabilità ad alta complessità e al di fuori della famiglia di origine, in sistemi di tipo familiare, promosso presso la Sala Tirreno della Regione Lazio dalla stessa Cooperativa L’Accoglienza, con il patrocinio della Regione Lazio, dell’Associazione Casa al Plurale e dell’Istituto degli Innocenti [se ne legga la presentazione nel nostro giornale, N.d.R.].
Proprio qualche mese fa, dunque, con la Delibera n. 884 del 19 dicembre 2017, la Regione Lazio ha introdotto una serie di rilevanti novità, stabilendo che «nel caso di accoglienza di minori con bisogni assistenziali complessi riferiti a situazioni di disabilità, le tariffe/rette minime dovranno essere maggiorate in ragione del maggior carico assistenziale necessario per l’esecuzione del piano personalizzato, secondo le direttive che verranno emanate con specifico Decreto del Commissario ad Acta che ne definirà anche il costo a carico della ASL competente».
Per la prima volta, quindi, si istituisce come competenza regionale un sistema di tariffazione ad hoc per quelle case famiglia che accolgono bambini in situazione di disabilità complessa, prevedendo un aumento a carico del sistema sanitario locale e superando la storica scissione fra prestazioni sociali e sanitarie, tra loro non comunicanti.
Attualmente, infatti, anche se potrebbero essere dimessi dall’ospedale, i bambini con disabilità e senza famiglia restano nel letto di un reparto, con ripercussioni negative su di loro e anche sulle finanze pubbliche, dati i costi di ricovero ospedalieri molto più elevati rispetto a quelli delle case famiglia socio-assistenziali. Né va nemmeno dimenticato che è ancora molto difficile per un bambino con disabilità trovare una famiglia o un genitore adottivo.
Nel documento di sintesi (Position Paper) intitolato Anzitutto bambini. Il bambino con disabilità ad alta complessità assistenziale e in stato di abbandono, elaborato anch’esso dalla Cooperativa L’Accoglienza, con il patrocinio del Comitato Italiano per l’Unicef e della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e approfondito durante il convegno, si indica la strada per l’applicazione del diritto inalienabile ad essere accolti in un contesto quanto più possibile familiare, anche per quei bambini in stato di abbandono e con una disabilità “complessa”, cioè tale da richiedere un livello di assistenza molto elevato per mantenersi in vita: diffondere cioè il modello di accoglienza delle “piccole case”, che in questi anni ha permesso ai bambini accolti di essere anzitutto bambini e non pazienti.
«È stato compiuto un passo significativo – dichiara Marco Bellavitis, responsabile dell’Accoglienza – per la tutela dei diritti dei bambini con disabilità e al di fuori della famiglia d’origine, forse i più vulnerabili tra i vulnerabili. Ma adesso bisogna procedere all’attuazione, perché si approdi finalmente a una regolamentazione della compartecipazione sanitaria e dell’effettiva ripartizione della spesa, per offrire continuità di cure e definitiva certezza del diritto ai nostri bambini».
Al convegno presso la Regione Lazio, coordinato dal giornalista Paolo Bustaffa, hanno partecipato Rita Visini, assessore alle Politiche Sociali della Regione Lazio, Silvia Taviani, componente del Coordinamento del Gruppo CRC (Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza), Alessio Musio, professore di filosofia morale, Alessandra Battisti, ricercatrice ISTAT, Antonio Mazzarotto, dirigente dell’Area Politiche per l’Inclusione della Direzione Regionale Laziale Salute e Politiche Sociali, Paolo Mariotti, psicoterapeuta consulente dell’Accoglienza e neuropsichiatra infantile del Policlinico Universitario Gemelli di Roma e Luigi Vittorio Berliri, presidente dell’Associazione Casa al Plurale. (C.C. e S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: coopaccoglienza@gmail.com (Carmela Cioffi).