In questi giorni siamo venuti a conoscenza dell’ennesimo caso di ordinaria “disamministrazione” del nostro sistema d’inclusione, che conferma come la “supplentite” sia forse il male scolastico più diffuso dell’attuale modello del sostegno italiano.
Mi riferisco all’incomprensibile e paradossale mancata assunzione dei docenti specializzati vincitori dell’ultimo concorso del 2016 per la scuola secondaria di secondo grado in Toscana.
Come è noto, la Legge 107/15 (cosiddetta della Buona Scuola), per la prima volta nella storia italiana aveva indetto un concorso pubblico per l’assunzione degli insegnanti di sostegno specializzati. Apparentemente ciò si configurava quale definitivo riconoscimento dell’importanza della loro figura professionale, parendo preludere alla volontà di investire realmente nell’inclusione scolastica degli alunni don disabilità.
Tra la primavera e l’estate del 2016, si è dunque tenuto tale concorso e ai primi di settembre dello stesso anno erano già pronte le graduatorie dei vincitori. Per quanto riguarda il sostegno nelle scuole superiori della Toscana, la graduatoria era composta da novanta vincitori.
Ebbene, ad oggi, quarantacinque di questi docenti vincitori attendono ancora inspiegabilmente la stabilizzazione, nonostante l’enorme quantità di posti disponibili sul sostegno.
In altre parole, al solo fine di risparmiare, il Ministero ha preferito continuare a utilizzare gli insegnanti specializzati vincitori del concorso 2016 con incarichi precari e contratto a tempo determinato. Questo, sfortunatamente, è avvenuto in tutta l’Italia e non solo in Toscana, e malgrado il Governo uscente abbia ripetutamente dichiarato “solennemente” di volere eliminare per sempre la “supplentite”.
A conferma poi di certe “promesse da marinaio”, il 29 marzo scorso, con la Nota n. 16041, il Ministero ha stabilito che non effettuerà alcuna nuova assunzione in ruolo sul sostegno in tutta Italia, mentre stabilizzerà 3.530 cattedre su posti comuni.
A questo punto, insieme ai predetti docenti specializzati vincitori del concorso 2016 della Toscana, mi chiedo: «Perché questa disparità di trattamento? La classe di concorso del sostegno è meno importante delle altre? I vincitori di questo concorso non dovevano essere tutti assunti nel triennio di validità delle graduatorie di merito?». E ancora: «gli alunni con disabilità hanno per caso meno diritti dei loro compagni normodotati? Sono forse “figli di un dio minore”»?
Insomma, sembra proprio che l’esperienza di questi ultimi quarant’anni non abbia affatto insegnato al Ministero dell’Istruzione che precarietà e scarso investimento sulla formazione degli operatori non giovano ai ragazzi con disabilità e ricorrere a tanti insegnanti per il sostegno “senza titolo” non è garanzia di qualità dell’inclusione scolastica.
L’auspicio, dunque, è che il Governo che verrà metta concretamente al centro della propria agenda i diritti e i bisogni formativi degli alunni con disabilità, smettendola finalmente di considerarli delle semplici “voci di costo” e, soprattutto, realizzando davvero una scuola inclusiva “per tutti e per ciascuno”.