Qualche settimana fa, il Gruppo Solidarietà, organizzazione delle Marche, aveva promosso un appello – aperto alla sottoscrizione sia da parte di singole persone che di enti – con l’obiettivo di porre l’attenzione su alcuni temi riguardanti i servizi sociosanitari (e non solo) diurni e residenziali, nel momento in cui la Regione Marche sta per ridefinirne la regolamentazione.
L’appello stesso – ripreso anche dal nostro giornale – ha già potuto contare sull’adesione di dodici organizzazioni e di oltre centoventi persone, tra cui molti operatori, volontari e familiari e oggi il Gruppo Solidarietà torna a rilanciarlo, ribadendo in una nota le motivazioni che hanno portato a tale iniziativa.
«I nuovi Regolamenti della Regione Marche – spiegano dall’organizzazione di Moie di Maiolati (Ancona) – andranno a definire il “funzionamento” di quei servizi: le caratteristiche strutturali, organizzative, funzionali. Ad esempio, quanto e che tipo di personale, il numero di posti e altri aspetti che ne definiranno, come indica il titolo stesso del nostro appello, anche la “qualità e l’inclusione nelle società”. Le questioni che vengono poste sorgono dunque dal bisogno di vedere finalmente realizzato un sistema di servizi inclusivi, caratterizzati da un’alta qualità, leggibile nella loro organizzazione e nella vita che sono in grado di garantire alle persone».
«In sostanza – proseguono dal Gruppo Solidarietà – questo appello intende porre l’interrogativo se la Regione Marche voglia salvaguardare, sostenere e potenziare i servizi di tipo comunitario, inseriti nei normali contesti abitativi, o se invece li consideri soltanto l’eredità di un passato che va definitivamente superato a vantaggio di scelte di tipo esclusivamente economico. I modi, per farlo, possono essere diversi: l’aumento del numero minimo di posti per ogni struttura, standard organizzativi inadeguati, tariffe troppo basse. Oppure incentivando la cosiddetta “soluzione modulare”, che permette di accorpare servizi anche diversi. Il rischio, che riguarda anche i servizi diurni, è quello di promuovere contenitori indifferenziati, nei quali si assottiglia la puntualità delle risposte, per fare posto invece a soluzioni standardizzate ed economiciste, tramite strutture che si allontanano sempre di più dai normali contesti abitativi. Noi riteniamo invece che debbano recuperare centralità, in tutti i percorsi di “assistenza e cura”, i temi del progetto di vita, dell’autodeterminazione dei sostegni e della qualità delle condizioni di vita. In questa prospettiva chiediamo un effettivo investimento nei servizi territoriali di valutazione e presa in carico, che nella nostra Regione versano da oltre quindici anni in uno stato di sostanziale abbandono».
«È importante ricordare – conclude la nota – che questi servizi devono essere primariamente “luoghi di vita”, condizione imprescindibile per essere anche “luoghi di cura”. Ma ogni ragionamento sui singoli servizi non può che portare ad interrogarsi sulle politiche. Perché i servizi sono “atti secondi”, mentre l’“atto primo” è dato appunto dalle politiche che si intendono promuovere e percorrere, politiche che mettano le persone al centro, oppure le collochino ai margini; politiche che de-istituzionalizzino o re-istituzionalizzino; politiche che includano o separino». (S.B.)
Se condiviso, l’appello lanciato dal Gruppo Solidarietà (a questo link ne è disponibile il testo integrale) può essere sottoscritto da persone o enti, scrivendo a: grusol@grusol.it (e indicando anche il luogo di residenza).
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