Era stata una manifestazione pacifica e di grande dignità civile, quella che aveva visto scendere in piazza a Palermo, nei giorni scorsi, centinaia di persone con disabilità gravi, gravissime e i loro familiari, per manifestare tutta la propria preoccupazione nel sentirsi abbandonate dalle Istituzioni Locali e guardando con timore all’iter della Finanziaria Regionale Siciliana, che dovrebbe garantire la continuità delle prestazioni dell’assegno di cura, attualmente inesistente.
Poco dopo, però, come denunciato in una nota dalla Federazione FIRST, il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci, commentando l’iniziativa, si è così pubblicamente espresso nell’Aula Assembleare: «È colpa del Governo Musumeci se in Sicilia ci sono oltre 12.000 disabili gravissimi? È colpa del Governo Musumeci se per assisterli ci vogliono oltre 200 milioni di euro? Se non ci fossero stati i disabili gravissimi, molte famiglie non avrebbero dovuto subire un colpo in fronte e avremmo potuto disporre di qualche decina di milioni in più per collocarle in settori attualmente carenti di disponibilità finanziaria».
«Come a dire – viene sottolineato da FIRST, che ha stigmatizzato duramente tali affermazioni, ritenendole “ingiustificabili” da parte di chi ricopre un’importante carica istituzionale – prendetevela con loro, le persone con disabilità gravissima, se non abbiamo potuto finanziare altri settori e non con me! Di fatto il Presidente della Regione ha contrapposto la condizione di vita difficile, per molti aspetti drammatica, delle persone con disabilità, ad altre persone, facendo intendere che la colpa sarebbe dei primi e non certamente dello stesso e della politica se non vi sono risorse sufficienti o se non sono in grado di reperirle!».
Sull’episodio diamo spazio all’opinione di Tonino Urgesi.
Parlando dunque in Aula Assembleare delle coperture finanziare dedicate all’assistenza ai disabili, il presidente della Regione Sicilia Musumeci le ha definite come una spesa. Sono state queste, esattamente, le sue parole: «Se non ci fossero stati disabili gravissimi avremmo avuto più soldi per altri settori».
Personalmente questo discorso non mi scandalizza e non mi indigna più di tanto, a differenza di molte altre persone con disabilità, sentitesi invece offese, così come i loro familiari, sconvolti e arrabbiati.
A me infatti, in quanto persona con disabilità, questa infelice uscita del Governatore della Sicilia mi lascia abbastanza indifferente, perché se analizziamo gli ultimi vent’anni della vita sociale e politica di questo Paese, quello che ha detto è già stato fatto: con tagli in ambito di Sanità, e altri tagli sull’assistenza alle persone con disabilità, fino a quello ancora più grave sui trasporti di bambini con disabilità che avrebbero il diritto di recarsi a scuola.
Il pensiero di Musumeci è questo, nulla di più. Ma come detto, tutto ciò è già stato fatto, adducendo di volta in volta diverse giustificazioni, finanziarie, politiche o altro.
Quello che invece mi preoccupa veramente – e questo sì lo ritengo molto grave – è che Musumeci fa un altro passo, pericolosissimo. Un passo culturale, se così si può dire, e antropologico.
Provando a interpretare le sue parole, egli dice chiaramente che le persone con disabilità sottraggono soldi ad altri settori, e precisamente 220 milioni di euro. Ed è questo il pericolo culturale che innesca un nuovo pensiero perverso, ovvero che le persone con disabilità portino via denaro, diventando il “peso” di una società moderna, il “peso” di un’economia moderna.
Non esiste più, quindi, un pensiero antropocentrico, centrato sulla persona, ma un pensiero “moneta-centrista”, ovvero una società basata sulla moneta: se tu, come persona, mi fai guadagnare, hai diritto di vivere, mi servi; ma se invece non mi fai guadagnare nemmeno un euro, non servi a nulla e non hai motivo di vivere. È questo, in sintesi, il pericolo insito nell’infelice affermazione di Musumeci.
È dunque qui che ci dovremmo veramente scandalizzare e non servono le scuse del Governatore della Sicilia. Piuttosto dovremmo saperci inasprire e gridare non solo come persone con disabilità, ma come persone che hanno ancora la capacità di pensare e di indignarsi veramente per una frase come questa, che va oltre il pensiero stesso di chi l’ha saputa pronunciare.
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