Tramite la Sentenza n. 427/2018 del 12 giugno scorso, la Prima Sezione del TAR delle Marche (Tribunale Amministrativo Regionale) ha accolto il ricorso dei familiari di una persona ricoverata presso una residenza protetta psichiatrica, intentato nei confronti del Comune di Ascoli Piceno, che si era rifiutato di integrare la retta con la motivazione della mancanza di risorse e facendo riferimento al proprio Regolamento Comunale, nel quale si era stabilito il coinvolgimento dei parenti tenuti agli alimenti.
La vicenda aveva preso avvio a seguito delle Deliberazioni della Giunta Regionale delle Marche n. 1195 del 2013 e n. 1331 del 2014, che avevano stabilito le ripartizioni degli oneri tra settore sanitario e sociale nei servizi sociosanitari. A tal proposito, in alcuni servizi residenziali, riguardanti la disabilità e la salute mentale, erano state introdotte quote di compartecipazione di tipo sociale precedentemente assenti.
Alla luce, dunque, di quelle Deliberazioni, il Comune di Ascoli Piceno si era rifiutato di compartecipare al costo del servizio, scaricando l’intero onere sul reddito dell’utente e dei suoi familiari.
La Sentenza prodotta dal TAR delle Marche dichiara invece che i Comuni sono obbligati a compartecipare alle spese nel caso in cui i redditi dell’assistito non siano sufficienti e a questo fine devono applicare la normativa nazionale sull’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), riguardante la compartecipazione al costo del servizio. Una normativa, secondo il Tribunale marchigiano, che i Comuni devono appunto applicare e «non modificare attraverso i propri regolamenti con l’illegittimo coinvolgimento di soggetti che non costituiscono nucleo di riferimento ai sensi della normativa ISEE (DPCM 159/2013)».
Inoltre, per negare la compartecipazione, i Comuni non possono addurre la scarsità di risorse.
Infine, la Sentenza obbliga i Comuni stessi (come disposto dalla normativa regionale) a lasciare nella disponibilità dell’utente per le spese personali una quota non inferiore a 250 euro al mese.
«Considerata la giurisprudenza – è il commento del Gruppo Solidarietà – si tratta di una Sentenza abbastanza scontata, effetto dell’ostinazione dei Comuni di non voler rispettare le leggi vigenti e dunque di non voler contribuire all’integrazione della retta nel caso in cui i redditi dell’assistito non siano sufficienti. La stragrande maggioranza dei Comuni, infatti, si rifiuta di assumere gli oneri di spettanza, scaricando illegittimamente sui parenti, che invece non sono coinvolgibili, le spese per il pagamento delle rette».
«Va inoltre ricordato – aggiungono dall’organizzazione marchigiana – che il contenuto della Sentenza non riguarda i soli Servizi per i quali nelle Marche è scattata la compartecipazione degli utenti, a seguito delle citate delibere, ma tutti i servizi sociali e sociosanitari rivolti a soggetti non autosufficienti (anziani, disabili, salute mentale), la cui contribuzione al costo non è prevista, seconda la corretta applicazione della vigente normativa in tema di compartecipazione (Decreto del Presidente del Consiglio-DPCM 159/13). Auspichiamo pertanto vivamente che la Sentenza sia l’occasione per i Comuni di rispettare le leggi vigenti e di provvedere alla modifica di regolamentazioni illegittime che in molti casi impediscono l’accesso a servizi essenziali e come tali obbligatori, in riferimento alla normativa sui nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), fissata dal DPCM del 12 gennaio 2017». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: grusol@grusol.it.
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