Circa un anno fa a Roma, numerosi rappresentanti della “comunità Huntington” provenienti da ventisei diversi Paesi, si sono ritrovati in Aula Paolo VI per un incontro con Papa Francesco, motivati dalla volontà di creare consapevolezza a livello mondiale sulla malattia di Huntington – già nota anche come “corea di Huntington” (se ne legga approfonditamente nel box in calce) -, desiderosi di superare insieme lo stigma e l’isolamento che spesso accompagnano le storie dei malati e dei loro familiari, e di attirare l’attenzione sulle difficili condizioni dei malati di Huntington in molti Paesi del Sudamerica.
Per proseguire quel cammino, l’ Associazione Huntington – nata all’inizio di quest’anno dalla fusione tra l’Associazione di Volontariato AICH Milano e l’organizzazione non lucrativa di utilità sociale Huntington (se ne legga anche sulle nostre pagine) – è presente in questi giorni al primo Latin American HD Meeting – LAHD2018 di Barranquilla in Colombia, con Maria Grazia Fusi, socia fondatrice della ONLUS, invitata a una tavola rotonda per lo sviluppo di piani di assistenza per le comunità Huntington latino-americane insieme a Claudia Perandones, genetista di Buenos Aires e a Roger Cachope della Fondazione CHDI di New York.
Nel corso del meeting, che si concluderà domani, 11 luglio, sono state affrontate tematiche mediche, scientifiche e sociali, riunendo pazienti, familiari, persone a rischio, caregiver, scienziati, associazioni e istituzioni, per condividere informazioni, problematiche ed esperienze, nel tentativo di cercare insieme modalità per migliorare la qualità della vita delle persone coinvolte dall’Huntington all’interno del Paese e non solo.
«Sono onorata – ha dichiarato prima della partenza per il Sudamerica Maria Grazia Fusi, che ha anche un passato da volontaria in Colombia e Venezuela – di poter partecipare a questo evento internazionale, sia come rappresentante di tutti quei familiari che vivono ogni giorno l’incontro con l’Huntington e gli interrogativi connessi, sia come esponente di Huntington ONLUS, che lavora al loro fianco alimentando una Rete – la Rete Italiana della malattia di Huntington – che trascenda la singola comunità locale e abbia nello scambio di competenze e nel supporto reciproco una fattiva possibilità di costruire risposte».
«Abbiamo anche voluto – spiegano da Huntington ONLUS – contribuire alla diffusione dell’evento, in segno di continuità con le iniziative promosse in occasione dell’incontro con Papa Francesco lo scorso anno a Roma. Insieme a Maria Grazia Fusi, infatti, un team di professionisti sta raccontando in questi giorni – attraverso riprese e interviste – quel senso di comunità e partecipazione che riteniamo fondamentale per far conoscere la malattia, superare la solitudine di chi la vive e generare reti virtuose al di là del singolo territorio di appartenenza. Tutta la comunità italiana sta seguendo il meeting in Colombia, collegandosi ai nostri social, dove ogni giorno narriamo attraverso testi e immagini l’incontro con le famiglie colombiane e con i ricercatori provenienti da ogni parte del mondo». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: mc@huntington-onlus.it (Federica Violanti).
La malattia di Huntington
È una patologia del cervello di origine genetica, determinata dalla perdita progressiva di cellule nervose. Anche se sono state descritte forme giovanili, si manifesta tra i 30 i 50 anni, con disturbi emotivi e del movimento. L’evoluzione della patologia comporta la perdita delle capacità cognitive e motorie.
La causa è stata individuata in una mutazione nel gene Huntington, all’interno del quale è stata identificata una sequenza di triplette CAG che si ripetono l’una dopo l’altra. La mutazione consiste nell’espansione del numero di triplette ripetute: se questo numero supera la soglia di 36, insorge la malattia.
La trasmissione del gene è indipendente dal sesso: se uno dei genitori è portatore, un eventuale figlio ha il 50% di probabilità di ereditare il gene mutato. Questo comporta che, spesso, nello stesso nucleo familiare più persone possono essere affette dalla malattia. L’Huntington diventa, quindi, una malattia della “famiglia” e la sua gestione richiede un intervento integrato di numerosi specialisti, quali il neurologo, il fisiatra, il nutrizionista, lo psichiatra, lo psicologo, l’assistente sociale e l’educatore professionale, con i relativi enti sanitari e socio-assistenziali.
Il silenziamento genico
Rappresenta uno degli approcci più innovativi per il trattamento delle malattie genetiche di base monogenica come l’Huntington. La strategia mira a “spegnere” il gene mutato, per impedire che si formi la proteina mutata e insorga la malattia.
La fase 1 del l primo studio clinico su un paziente Huntington ha preso il via nell’estate del 2015, cooordinata da Sarah Tabrizi ed Edward Wild dell’Huntington’s Disease Centre dell’University College London. La molecola silenziante (IONIS-HTT Rx), non produce effetti collaterali nei pazienti, riduce i livelli di proteina mutata nel cervello ed è recente la notizia che il trattamento migliora i punteggi in alcuni test clinici di malattia.
Sebbene preliminari perché condotti su un numero ridotto di pazienti (46 tra Regno Unito, Germania e Canada), questi risultati aprono direttamente alla fase 3 della sperimentazione, promossa dalla Roche, che includerà un numero molto più alto di malati e potrà quindi dire se IONIS-HTT Rx sarà in grado di rallentare la progressione della patologia.
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