No al trattamento coatto e all’istituzionalizzazione delle persone con disabilità!

Numerose autorevoli organizzazioni che lavorano per i diritti delle persone con disabilità e tanti noti esperti di salute mentale, stanno conducendo una dura battaglia contro la proposta di protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Oviedo sulla bioetica, dedicato alla “Protezione dei diritti umani e della dignità delle persone con disturbo mentale in relazione al ricovero e al trattamento coatto”, ritenendo che esso violi la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, autorizzando, di fatto, il trattamento coatto e l’istituzionalizzazione delle persone con disabilità

Disegno di omino che segna lo stopEra stato il Consiglio d’Europa, tramite il lavoro di una commissione scientifica di esperti, a redigere la Convenzione di Oviedo (Convenzione sui Diritti Umani e la Biomedicina), firmata il 4 aprile 1997, per regolare la delicata materia della bioetica.
Al Trattato – vera e propria pietra miliare per lo sviluppo di regolamenti internazionali volti a orientare eticamente le politiche della ricerca di base e applicativa in ambito biomedico, e a proteggere i diritti dell’uomo dalle potenziali minacce sollevate dagli avanzamenti biotecnologici – sono stati successivamente aggiunti tre protocolli, il primo dei quali (Parigi, 12 gennaio 1998) ha vietato la clonazione umana, il secondo (Strasburgo, 4 dicembre 2001) si è soffermato sull’adozione di regole per il trapianto i organi e tessuti tra umani, mentre il terzo (Strasburgo, 25 gennaio 2005) si è occupato della ricerca biomedica.
È però il nuovo protocollo aggiuntivo, attualmente in discussione e dedicato alla Protezione dei diritti umani e della dignità delle persone con disturbo mentale in relazione al ricovero e al trattamento coatto, che sta suscitando dure reazionida parte delle principali organizzazioni impegnate sul fronte della disabilità, tenendo conto di quelle che vengono definite come violazioni della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

È della metà di maggio, ad esempio, la lettera inviata al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, da parte dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, insieme all’ENUSP (Rete Europea degli (ex-) Utenti e Sopravvissuti alla Psichiatria), ad Autism Europe, a Inclusion Europe, all’MHE (Mental Health Europe e all’IDA (International Disability Alliance), nella quale si esprimevano «le più profonde preoccupazioni e contrarietà» all’adozione di quel progetto di protocollo aggiuntivo, sottolineando che «qualsiasi autorizzazione al trattamento coatto e all’istituzionalizzazione delle persone con disabilità costituisce una violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, in particolare degli articoli 14 (Libertà e sicurezza della persona), 15 (Diritto di non essere sottoposto a tortura, a pene o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti), 17 (Protezione dell’integrità della persona) e 25 (Salute)».
«Inoltre – proseguiva la lettera – andando avanti con il suo progetto, il Consiglio d’Europa trascura le preoccupazioni sollevate dalla sua stessa Assemblea Parlamentare, la quale ha affermato che “la violazione della Convenzione ONU da parte del suo organismo di monitoraggio, istituito dal diritto internazionale, non solo minerebbe la credibilità del Consiglio d’Europa come organizzazione regionale per i diritti umani, ma rischierebbe anche di creare un conflitto esplicito tra le norme internazionali a livello globale ed europeo».
E da ultimo, ma non certo ultimo, l’EDF e gli altri organismi avevano ritenuto «preoccupante che le organizzazioni di persone con disabilità non fossero state consultate in modo significativo in questo processo, così come prevede l’articolo 4.3 della Convenzione ONU in merito ai “processi decisionali riguardanti le questioni relative alle persone con disabilità”».

Più recentemente, un’analoga ferma presa di posizione sul protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Oviedo, è arrivata da Trieste, in occasione della conferenza su Democrazia e salute mentale di comunità. Partecipazione, cittadinanza e processi di riforma in Italia e nel mondo a 40 anni dalla legge 180, alla quale hanno partecipato numerosi autorevoli esperti di salute mentale, provenienti da ben trenta diversi Paesi (a questo link è disponibile il programma dell’evento).
In tale occasione, è stata approvata all’unanimità una mozione (a questo link è disponibile il testo integrale in inglese), con la quale sono state ribadite le posizioni espresse dall’EDF e dalle altre organizzazioni, aggiungendo ulteriormente che quel protocollo «rischierebbe di creare gravi contraddizioni in àmbito di legislazione sui diritti umani, mettendo a repentaglio le riforme già avviate in molti Paesi», senza contare che anche organismi come il Commissariato per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa o il Comitato ONU per i Diritti delle Persone con Disabilità, che mnonitora l’applicazione della Convenzione, ne hanno già sottolineato l’incompatibilità con l’approccio della Convenzione stessa.
Alla luce di tutto ciò, la mozione ha chiesto di: «rispettare i diritti umani delle persone con disabilità psicosociali; ritirare il progetto di protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Oviedo, relativo alla protezione dei diritti umani e della dignità delle persone con disturbo mentale in relazione al ricovero e al trattamento coatto; concentrarsi sull’attuazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità in tutto il lavoro e i processi del Consiglio d’Europa».

Alla Conferenza di Trieste era presente tra gli altri anche Giampiero Griffo, membro del Consiglio Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International), presidente della RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo), nonché uno dei “padri italiani” della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, il cui intervento (intitolato Perché rifiutare il protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Oviedo), ben volentieri mettiamo a disposizione dei Lettori (a questo link). (S.B.)

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