La sfida vinta insieme da Loredana e Francesca

di Alessandra M. Straniero e Lavinia D'Errico*
Caso probabilmente unico in Italia, il 19 luglio Loredana e Francesca, madre e figlia, quest’ultima con sindrome di Down, si sono laureate all’Università della Calabria in Teoria delle Relazioni Sociali, sul tema “Critica della predestinazione sociale”, realizzando un progetto comune - la cui relazione è molto lontana dalle forme di curatela e procede, invece, nella direzione dell’autonomia e dell’autodeterminazione -, vincendo la propria sfida ai protocolli medici, pedagogici e ai pregiudizi sociali che, al momento della nascita, avevano decretato come già fissato il loro destino comune

Cappelli di laurea lanciati in ariaNel pomeriggio del 19 luglio, Loredana Ambrosio e Francesca Pecora, madre e figlia, quest’ultima giovane con sindrome di Down, hanno discusso le loro tesi di laurea in Teoria delle Relazioni Sociali (relatore Ciro Tarantino), presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università della Calabria di Cosenza (Aula Alcaro).
La loro storia rappresenta probabilmente l’unico caso in Italia in cui una madre e una figlia – entrambe iscritte al Corso di Laurea in Comunicazione e DAMS – hanno affrontato insieme gli studi universitari e raggiunto l’obiettivo del loro completamento in un percorso parallelo, autonomo e complementare.

Le tesi, che hanno in comune il significativo titolo di Critica della predestinazione sociale, analizzano il percorso di studi di Francesca con un duplice sguardo: l’esperienza viene infatti ricostruita sia dal punto di vista della mamma che della figlia, nei successi e nei momenti critici, a partire dalla scelta di Loredana di intraprendere una strada verso il riconoscimento del diritto allo studio di Francesca senza discriminazioni e su base di pari opportunità, in linea con il 24° articolo (Educazione) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, e di farle frequentare quindi la scuola secondo l’età stabilita dalla legge, di non posticiparne l’ingresso – come spesso avviene secondo una prassi che consiglia di “tardare” l’inizio per consentire una maturazione intellettiva adeguata – di acquistarle i libri, contro l’opinione che Francesca non li avrebbe mai usati, fino alla decisione di rifiutare alla scuola primaria un sostegno non inclusivo e non qualificato, per consentire autonomia nell’approccio allo studio.

Francesca, nonostante si sia scontrata con chi, come scrive, «non credeva in me e mi guardava come se fossi un pesce fuor d’acqua», nel ricostruire la propria esperienza scolastica, parla dello studio come il mezzo per raggiungere due obiettivi: dare uno scopo al proprio tempo, senza che questo fosse impegnato esclusivamente in attività di puro intrattenimento; occupare un posto consapevole nella società, perché, come afferma, «riesco a capire molto di quello che mi circonda e a conversare con i miei amici alla pari».

La discussione della tesi del 19 luglio ha rappresentato la realizzazione di un progetto comune a madre e figlia – la cui relazione è molto lontana dalle forme di curatela e procede, invece, nella direzione dell’autonomia e dell’autodeterminazione -, e la concretizzazione di una sfida ai protocolli medici, pedagogici e ai pregiudizi sociali che, al momento della nascita, decretarono come già fissato il loro destino comune.

Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università della Calabria / CeRC – Centre “Robert Castel” for Governmentality and Disability Studies.

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