Alcuni tipi di disabilità incidono sulla capacità di usare gli arti superiori e per le persone con questo tipo di disabilità è difficoltoso svolgere in autonomia anche gesti in apparenza semplicissimi, gesti come scacciare una mosca, bere un bicchiere d’acqua, sfogliare le pagine di un libro o apporre la propria firma su un documento. Ma mentre con la mosca, l’acqua e le pagine è possibile trovare soluzioni intuitive (leggi: farsi aiutare da qualcuno), la difficoltà a firmare può porre seri problemi nell’esercizio dei propri diritti.
Era nata da questa constatazione l’importante campagna di rivendicazione denominata Firmo quindi sono, ideata e fortemente voluta da Simone Parma.
Classe 1978, Simone era nato a Rimini, dove aveva conseguito il diploma di Analista Contabile Informatico Gestionale con il massimo dei voti. Egli era anche interessato dalla distrofia muscolare di Duchenne, una grave patologia genetica che provoca l’atrofia progressiva dei muscoli e una riduzione delle capacità motorie e cardiorespiratorie della persona.
Nell’ottobre 2014, dovendo rinnovare la propria carta d’identità scaduta, si era presentato all’Ufficio Anagrafe di Rimini, ma l’impiegata – pur riconoscendo la sua totale capacità di intendere e volere – si era sentita in dovere di rinnovargli il documento specificando la sua impossibilità a firmare. Una soluzione, questa, che ha come conseguenza molti problemi burocratici, una limitazione della libertà personale e anche un aggravio di costi per esercitare i propri diritti.
Offeso da quella che aveva sempre considerato come una forma di discriminazione, Simone aveva scritto sulla sua pagina Facebook: «Ritengo che lo Stato, attraverso gli strumenti tecnologici moderni, debba fornirmi i mezzi per firmare adeguati alla situazione mia e di migliaia di disabili in Italia e non costringermi a delegare un mio diritto». Iniziava così la sua battaglia volta a semplificare la vita a chi è impossibilitato a firmare.
Simone pensò ad uno slogan – Firmo quindi sono -, realizzò un logo e aprì una pagina Facebook. Ragionando in termini pratici, avanzò tre proposte: l’impronta digitale, la firma elettronica da realizzare con l’utilizzo di sistemi informatici, e il timbro o sigillo. Tutte soluzioni che gli avrebbero permesso di formalizzare la sua volontà senza dover essere costretto a delegare un soggetto terzo all’espletamento delle azioni burocratiche.
Poiché era in grado di manifestare la propria volontà, e le nuove tecnologie consentono di superare molte delle limitazioni delle persone con disabilità motoria, auspicava un intervento legislativo che gli restituisse quell’autonomia che poteva essere mantenuta.
Nel suo percorso Simone è stato sostenuto dalla UILDM di Rimini (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e dalla UILDM Nazionale, dall’Associazione Luca Coscioni e da esponenti politici.
Purtroppo il primo successo tangibile è arrivato solo dopo la sua morte (avvenuta nel novembre del 2015), allorquando l’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) ha approvato la Circolare n. 3 del 7 luglio 2017 (Raccomandazioni e precisazioni sull’accessibilità digitale dei servizi pubblici erogati a sportello dalla Pubblica Amministrazione, in sintonia con i requisiti dei servizi online e dei servizi interni).
Con una successiva Informativa del 12 dicembre 2017, il direttore dell’AgID, Antonio Samaritani, ha poi specificato che «la Circolare ha valore giuridico e le Pubbliche Amministrazioni sono chiamate alla rimozione degli ostacoli che si frappongono alla realizzazione dell’amministrazione digitale e alla piena ed effettiva attuazione del diritto all’uso delle tecnologie ICT (Information and Communication Technologies)».
Cosa dice questa Circolare? Essa assume come paradigma di riferimento le disposizioni in tema di accessibilità contenute nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (ratificata dal nostro Paese con la Legge 18/09) e utilizza la stessa per rileggere e dare concretezza ad altre diposizioni già presenti nel nostro ordinamento giuridico, come quella che prevede, per i cittadini e le imprese, «anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, il diritto di accedere a tutti i dati, i documenti e i servizi di loro interesse in modalità digitale, nonché la semplificazione nell’accesso ai servizi alla persona, riducendo la necessità dell’accesso fisico agli uffici pubblici» (Legge 124/15, Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, articolo 1, comma 1).
La Circolare richiama i princìpi di accessibilità digitale anche a favore degli utenti che, trovandosi in uno stato di limitazione funzionale (anche temporanea), abbiano necessità di accedere alle informazioni e fruire dei servizi pubblici indipendentemente dalla modalità di erogazione a sportello e/o digitale, e raccomanda che i vari tipi di servizi siano erogati attraverso tutti i possibili canali di comunicazione, per favorire l’inclusione dei cittadini e facilitare l’uso degli strumenti disponibili.
Le disposizioni di essa si applicano ai servizi a sportello erogati da dipendenti attraverso l’utilizzo di tecnologie ICT (nei casi in cui gli utenti vi accedano fisicamente), ai servizi online erogati agli utenti attraverso tecnologie ICT, e ai servizi interni di supporto ai servizi suddetti. A ciascuna tipologia di servizi è dedicato uno specifico paragrafo che fornisce indicazioni operative molto dettagliate. In questo spazio daremo solo qualche cenno utile a farsi un’idea dell’indirizzo tracciato dalla Circolare.
I servizi a sportello forniti dalle Pubbliche Amministrazioni devono rispettare la normativa vigente ed essere accessibili, anche da un punto di vista architettonico, alle persone con disabilità motorie e senso-percettive. Qualora tali servizi non fossero accessibili, la Circolare stabilisce di predisporre quelli che, secondo l’articolo 2 della citata Convenzione ONU, sono gli «accomodamenti ragionevoli», ovvero «le modifiche e gli adattamenti necessari e appropriati che non impongano un carico sproporzionato o eccessivo, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e libertà fondamentali». Tali accomodamenti, in funzione della preventiva analisi delle reali esigenze dei soggetti fruitori potranno essere di natura tecnica (ad esempio postazioni adattate), organizzativa o di mediazione, effettuata con l’ausilio di personale adeguatamente formato. In tal senso, la Circolare fornisce molti esempi concreti degli accomodamenti ragionevoli che è possibile realizzare per rendere concretamente accessibili i servizi a sportello.
Riguardo poi alla disposizione secondo cui «la dichiarazione di chi non sa o non può firmare è raccolta dal pubblico ufficiale previo accertamento dell’identità del dichiarante. Il pubblico ufficiale attesta che la dichiarazione è stata a lui resa dall’interessato in presenza di un impedimento a sottoscrivere» (contenuta nell’articolo 4, comma 1 del Testo unico 445/00, grassetti nostri in questa e nella successiva citazione), la Circolare «raccomanda che il pubblico ufficiale, all’atto della sottoscrizione del documento, metta in atto tutto ciò che è possibile per permettere la partecipazione della persona con disabilità al procedimento amministrativo, raccogliendo l’espressione di volontà anche attraverso l’uso di strumenti diversi. Tali strumenti [descritti nella Circolare tra gli esempi di accomodamenti ragionevoli, N.d.R.] consentono all’utente di comunicare ed esprimere la propria volontà con mezzi alternativi alla scrittura su carta, senza dover necessariamente ricorrere alla sottoscrizione attraverso un segno grafico».
E ancora, la Circolare ribadisce che i servizi online erogati all’utente che interagisce direttamente con il sistema, anche in modalità multi-canale, attraverso tecnologie ICT (ad esempio, con un sito web o una app), devono essere accessibili, e richiama, a tal proposito, i requisiti tecnici di accessibilità già definiti in precedenti atti normativi.
Gli «interessati» che rilevino inadempienze in ordine all’accessibilità dei servizi digitali erogati dalle Pubbliche Amministrazioni, possono fare «formale segnalazione, anche in via telematica, all’Agenzia per l’Italia Digitale» (Decreto Legge 179/12, articolo 9, comma 8, convertito con modificazioni dalla Legge 221/12). L’AgID, quindi, è chiamata a ricevere le segnalazioni e, qualora le ritenga fondate, può richiedere al soggetto erogatore l’adeguamento dei servizi alle disposizioni in tema di accessibilità, assegnando al soggetto stesso un termine, non superiore a novanta giorni per adempiere, svolgendo in questo modo un’azione di “sorveglianza” sull’operato dei soggetti tenuti al rispetto della Circolare.
Oggi la storia di Simone Parma, quella della campagna Firmo quindi sono, e tante altre informazioni sono raccolte in uno specifico sito realizzato da Grazia Zavatta, madre di Simone, e da alcuni amici.
Da esso si apprende che è stato avviato un confronto con il Comune di Rimini per dare attuazione alle disposizioni contenute nella Circolare. Zavatta si augura che il sito diventi un punto di riferimento per le persone con disabilità, per avere sempre maggiore autonomia, e per le Amministrazioni che devono ancora adeguarsi.
Senza dubbio la Circolare dell’AgID di cui si è detto rappresenta un’importante conquista che – se applicata – può davvero semplificare i rapporti tra le Pubbliche Amministrazioni e i/le cittadini/e con disabilità impossibilitati a firmare. Ma la battaglia di Simone non è ancora vinta. Moltissime Pubbliche Amministrazioni, infatti, sono inadempienti e chi è impossibilitato a firmare si ritrova, suo malgrado, a dover ancora affrontare problemi burocratici che alle altre persone vengono risparmiati.
Va poi rilevato che la Circolare riguarda le Pubbliche Amministrazioni e non i soggetti privati. Pertanto, la persona impossibilitata a firmare che si dovesse recare allo sportello di una banca, o che volesse vendere/acquistare un’auto, è ancora costretta a dover fare procure (che solitamente comportano costi aggiuntivi), o a sperare nel buonsenso del soggetto che si trova davanti.
Si potrebbe, questo è vero, fare ricorso all’amministratore di sostegno (figura introdotta dalla Legge 6/04), ma è comprensibile che le persone con disabilità che hanno fatto propri i princìpi della vita indipendente siano poco inclini a delegare una funzione ad un’altra persona, quando oggi, grazie all’impiego delle tecnologie assistive, quella stessa funzione possono continuare a svolgerla personalmente. Eppure non dovrebbe essere complicatissimo, ad esempio, trovare un modo per legare la firma a dispositivi di identificazione già esistenti e comunemente utilizzati (come, sempre ad esempio, la tessera sanitaria, o le “chiavette” – token key – delle banche), per consentire, attraverso essi, di formalizzare la propria volontà, e perfezionare gli atti tra soggetti privati, senza dover demandare a qualcun altro/a anche quando – ed è questo l’umiliante paradosso – la persona con disabilità in questione è in grado di esprimere una lucida volontà, ed è fisicamente presente nel luogo in cui si sta predisponendo l’atto.
Anche su questo fronte c’è ancora molto da fare. Lo dobbiamo a Simone Parma. Lo dobbiamo a noi stessi/e.
Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente approfondimento è già apparso. Viene qui ripreso, per gentile concessione, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore.
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