C’era una volta una famiglia. E l’imperfetto non è per l’incipit classico dei racconti. Ahinoi!
Siamo in un piccolo paese non troppo distante da Roma. Protagonista una famiglia con due ragazzi con disabilità grave che per varie problematiche lo scorso anno non hanno potuto frequentare con continuità, come tutti i loro compagni, la scuola.
Citiamo alcune di queste “problematiche”, così come ci sono stata riferite dai genitori: «La bambina, inserita in una classe piccola e troppo numerosa (contravvenendo alla normativa vigente), lasciata a terra a sbattere la testa contro un termosifone, indicata come capricciosa solo perché, durante il ciclo, esprimeva la volontà di volersi lavare con acqua calda; il bambino con un’insegnante non qualificata sempre fuori classe, che lo rimproverava se non capiva, sempre impegnata al telefono».
A queste e a molte altre situazioni, come la mancata applicazione del progetto individuale, hanno fatto seguito, da parte della famiglia, azioni eclatanti, forse esagerate, o meglio, esasperate, a cui sono seguite anche denunce, pubbliche e formali, da una parte e dall’altra, riguardanti sia le inadempienze da parte delle Istituzioni, che le reazioni dei genitori.
Non siamo nelle condizioni di giudicare sulla situazione specifica: abbiamo potuto ascoltare solo una “campana”, ma per ovvi motivi non nascondiamo che, come genitori che giornalmente si scontrano con le inadempienze delle Istituzioni, siamo di parte.
Prima che la situazione degenerasse, si auspicava un intervento teso a rendere esigibili i diritti dei due bambini. Ci auguravamo insomma un intervento del Tribunale Ordinario, invece di quello dei Minori, teso a «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana», come previsto dall’articolo 3 della nostra Costituzione. Ma soprattutto auspicavamo che prevalesse il buon senso. Purtroppo così non è stato!
La soluzione che è stata trovata è forse la più semplice o forse la più banale: l’ostacolo da rimuovere sono i genitori. Ebbene sì! Avete letto e capito bene! Ecco infatti cosa recita il verdetto del Tribunale per i Minorenni di Roma: «[…] Limita la responsabilità genitoriale dei genitori disponendo che le scelte maggiormente rilevanti per la vita dei predetti minori vengano effettuate nel loro esclusivo interesse dal responsabile del Servizio Sociale con riferimento, in particolare, alle decisioni di maggiore rilievo inerenti la scuola, la salute e lo sport, mentre le responsabilità connesse alle decisioni di ordinaria amministrazione potranno essere di pertinenza dei genitori, ovvero, in caso di mancato accordo, dai servizi affidatari».
Questo il verdetto di un processo per altro mai celebrato!
Ancora una volta i genitori tornano ad essere l’anello debole o, se si preferisce, sacrificale, dell’autismo: nella disposizione del Tribunale, infatti, non vi è traccia dei doveri del Comune che dovrebbe provvedere a redigere il progetto di vita per i ragazzi, supportando la famiglia con competenza e umanità, né della necessità che gli insegnanti di sostegno assegnati debbano essere opportunamente formati.
Abbiamo lottato a lungo in questi anni, anche con i genitori oggi vittime di questo provvedimento, per fare scomparire il concetto di “mamma frigorifero” e di “genitori anaffettivi”, ma non immaginavamo che l’evoluzione fosse il “genitore ostacolo” all’interesse dei figli!
Presidente dell’ANGSA Lazio (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici). L’ANGSA aderisce alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
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