L’amore, assieme alla morte, è una delle più grandi suggestioni per chi scrive. In attesa di decomposizione, scrivo d’amore, perché per noi con disabilità è una questione viva e sempre vegeta. Abbozzo quindi un decalogo di suggerimenti, per favorire l’intreccio di relazioni. Un prontuario a modo mio non solo per disabili, tenendo conto che la pratica per un approccio dipende dalla scaltrezza di ognuno e per quella non c’è decalogo che tenga. Sono consapevole che la disabilità non è uguale per tutti. Ci saranno lettori sulla pelle dei quali scivolerà via ininfluente.
Punto uno, nessuna pietà: la regola è fondamentale e non c’entra nulla con quello che cantava Marco Ferradini in Teorema. Più rivolta alle persone non disabili che a queste ultime, si mette in pratica imparando a considerare le persone come esseri umani e non come alieni, come altro da noi. Ci vuole una bella fatica, e qui mi domando se un tal retrogrado meriti di essere corrisposto, però ce la si può fare. Aiuta immaginare che le persone con disabilità non sono la loro disabilità e magari serbano sorprese molto sorprendenti.
Punto due, sesso libero: in tutta franchezza è meglio chiarire subito che la sessualità non è preclusa alle persone con disabilità. Dipende da cosa si intende per sessualità. Se la consideriamo come complicità corporale della coppia e non ci concentriamo sulla metafora dell’ape che impollina i fiori, per fare sesso basta un dito messo nel punto giusto.
Punto tre, creare intesa: ascoltare, parlare, conoscersi sono tutte azioni necessarie più che mai a stabilire quella complicità esclusiva di ogni coppia che fa stare bene in maniera impareggiabile. Cercare di capire quali sono i desideri dell’altro. Individuare affinità e confrontarsi sulle divergenze per tentare di superarle. L’amore è meraviglioso, se sappiamo renderlo meraviglia. E se l’altro vuole solo portarci a letto e magari è proprio quello che vogliamo noi, intendendosi si capisce prima.
Punto quattro, accelerare i preliminari: creando una relazione è bene raccontarsi subito. Mettere in chiaro il prima possibile gli aspetti salienti della nostra personalità, ma anche della disabilità. È una forma di cortesia verso la controparte che così può decidere più in fretta se darci il due di picche ed evitare illusorie relazioni oniriche. Attenzione, però, perché scaricare addosso all’altra persona di primo acchito tutte le proprie sventure, come non esistesse altro argomento sulla terra, assicura un repentino rifiuto nella maggior parte dei casi.
Punto cinque, non aver paura: non concentrarsi sui propri limiti giova. Non avere paura di accostare una persona solo perché si pensa che quella possa rifiutarci a prescindere. Bisogna provare, forzarsi di provare. Che mai può succedere? Essere respinti. Succede a tutti.
Punto sei, volare alto: viviamo in una società ancora impregnata di pregiudizi, quindi può capitare che la nostra relazione con una persona disabile non venga accettata dai familiari. Oppure dai colleghi, amici, compagni di scuola ed esemplari vari di sociale ignoranza. Si può diventare bersaglio di sfottò, di lezioni di vita non richieste, ma si rischia anche di sottovalutare preziosi consigli. Valutare le parole degli altri, parlarne con il partner e pensare all’amore. Può essere richiesta una grande forza d’animo, ma l’amore porta nel suo destino di trovare avversari e avversità.
Punto sette, fiducia in se stessi: credere in se stessi, puntare su ciò che si ha invece che su quello che manca è una delle indicazioni privilegiate per riuscire nelle relazioni. Se non si ha fiducia in se stessi non si può pensare che ce l’abbia la persona che vogliamo amare.
Punto otto, non strafare: presentarsi come “superdotati”, come capaci di prodigi che agli altri umani non è consentito neppure concepire fa passare per smargiassi e questo non a tutti piace. Ma se l’obiettivo è quello di seguire il modello dei tronisti, che pure hanno il loro codazzo di amanti, allora va bene. A una condizione, però: non scimmiottare; gli arroganti piacciono, le imitazioni molto meno.
Punto nove, essere se stessi: è un bel dire, perché se uno ha un brutto carattere ha un brutto carattere, non c’è niente da fare. La naturalezza, però, aiuta. Mai cercare di replicare qualcuno perché si finisce per apparire finti, costruiti. E poi c’è il rischio di sbagliare. Meglio ispirarsi, questo sì. Guardare agli esempi di amori e di approcci che funzionano e trarre il meglio. La visione di Casablanca aiuta. Anche se non finisce tanto bene…
Punto dieci, la buona educazione prima di tutto: cercare la gentilezza, la cortesia. Essere brillanti e rendersi interessanti. Vestirsi decorosamente, allargare i temi della conversazione, tenere le mani a posto sono regole che dovrebbero venirci naturali.
Punto dieci bis, sappiatelo: la galanteria aiuta. E tutto il nostro impegno a dare il meglio di noi agevola. Ma loro, le persone che amiamo, tante volte poi si innamorano degli stronzi!
Testo già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Dieci regole per amare e non fare all’amore da soli”) e qui ripreso – con minimi riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.
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