Secondo i dati ISTAT del 2015, in Italia ci sono 391.000 ragazzi fra i 15 e i 24 anni che si prendono cura sistematicamente di un familiare, con ripercussioni sul loro percorso scolastico, sul tempo libero, sulle scelte di vita. Fra loro ci sono anche bambini, adolescenti, ragazzi che non hanno ancora compiuto 18 anni, ma forniscono cura, assistenza o sostegno a membri della propria famiglia affetti da malattie croniche, terminali, con disabilità, dipendenze o patologie psichiatriche.
La scuola ha per la prima volta alzato il velo su questa realtà, con un protocollo d’intesa siglato dal Ministero per l’Inclusione Università e Ricerca con alcune organizzazioni impegnate a favore dei giovani caregiver, quali la Cooperativa Sociale ANS (Anziani e Non Solo), le Associazioni di Promozione Sociale CARER (Caregiver Familiari Emilia-Romagna) e COMIP (Children of Mentally Ill Parents) e l’Associazione continentale EUROCARERS, rete fra le organizzazioni europee di caregiver.
«Le ricerche fatte sino ad oggi – dichiara Licia Boccaletti, project manager della Cooperativa Sociale ANS – indicano che l’assunzione di responsabilità di cura durante l’infanzia e l’adolescenza rappresenta un fattore di rischio rilevante, sia per lo sviluppo psicofisico sia per l’inclusione sociale di questi ragazzi. Le responsabilità di cura possono inoltre rappresentare un fattore di rischio sul rendimento scolastico, traducendosi in frequenti assenze, ritardi, incapacità di concentrazione, impossibilità di rispettare le scadenze di compiti e verifiche, problematiche relazionali a scuola, fino al vero e proprio abbandono scolastico».
A tal proposito, basti pensare che il tempo dedicato alla cura viene sottratto a quello dedicato allo studio, ma anche allo svago e al tempo libero, per cui i giovani caregiver sono spesso costretti a rinunciare alle attività a cui si dedicano normalmente i coetanei, come gite, uscite, attività sportive…
«I giovani caregiver – conferma Boccaletti – sarebbero maggiormente a rischio di essere vittime di bullismo rispetto ai coetanei non caregiver. Per contrastare tali impatti negativi e definire rapporti di sostegno è necessario, in primo luogo, raccogliere le segnalazione di studentesse o studenti caregiver»: ecco quindi il protocollo d’intesa, per cercare innanzitutto di diffondere nelle scuole una sensibilità al tema e poi di costruire interventi utili a conciliare successo scolastico e problematiche familiari.
«Il protocollo d’intesa – spiega ancora Boccaletti – nasce nell’àmbito di un progetto europeo iniziato nel 2018, EDY-CARE, che riguarda proprio i giovani caregiver e l’àmbito scolastico e mira ad attuare interventi nelle scuole, dando a insegnanti e operatori scolastici gli strumenti per comprendere questa figura, identificare gli studenti caregiver e poi attivare un supporto. Dal canto suo, il Ministero si è impegnato a diffondere materiale informativo sul tema dei giovani caregiver in tutte le scuole e il primo materiale che verrà veicolato sarà proprio quello prodotto nel quadro del citato progetto europeo. Le realtà partner, invece, hanno dato la propria disponibilità ad accogliere le segnalazioni che arrivano dalle scuole e a dare supporto per attivare un sostegno pertinente, oltre che a fare azioni formative per le scuole che volessero approfondire. È un primo passo, ma l’importanza del protocollo è che per la prima volta si è riconosciuto il tema, con gli impatti rilevanti che esso può avere sull’àmbito scolastico».
La Cooperativa ANS si occupa da alcuni anni della realtà scolastica sconosciuta dei giovani caregiver e ha già realizzato diversi interventi nelle scuole. Dal punto di vista della ricerca, inoltre, è in corso un importante progetto europeo della durata di quattro anni, MeWe, con focus sugli adolescenti fra i 15 e i 17 anni. La prima azione del progetto ha previsto la somministrazione di un questionario (in Italia il campione è di mille studenti, distribuiti in Emilia Romagna e nelle Marche) per capire se ci siano, quanti siano e che tipo di problematiche abbiano i giovani caregiver. I relativi dati verranno diffusi all’inizio del 2019.
Il presente testo è già apparso in «Vita.it» e viene qui ripreso – con minimi riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.
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