Ti riconosco come persona e non solo come diagnosi: è possibile guardare l’altro per quello che è, attivando fiducia e valorizzando l’essere umano nella sua complessità: è questo in sintesi l’obiettivo di Un posto per essere, percorso per ragazzi con disturbi del neurosviluppo che la Cooperativa Sociale Progetto Crescere di Reggio Emilia ha sperimentato in questi anni sul territorio della propria Provincia e che presenterà nella mattinata del 26 settembre, con contributi scientifici ed esperienziali, in un seminario all’interno della XIII Settimana della Salute Mentale, intitolato Un posto per essere. Decostruire le diagnosi di disabilità e abilitare le relazioni: resoconto, riflessioni e prospettive di una esperienza.
«Il seminario – spiega Patrizia Fantuzzi, presidente di Progetto Crescere – sarà l’occasione per raccontare un’esperienza concreta e per confrontarsi con il territorio e con l’AUSL, con cui collaboriamo da anni, avendo alcuni servizi in accreditamento. Un posto per essere nasce da una sperimentazione di inclusione svolta dalla nostra Cooperativa per fronteggiare la solitudine e il disagio che ragazzi con disturbi del neurosviluppo possono sperimentare a livello scolastico e sociale».
«Quando parliamo di condizioni del neurosviluppo – afferma dal canto suo Ciro Ruggerini, neuropsichiatra infantile e direttore sanitario di Progetto Crescere – ci riferiamo a persone con disabilità intellettiva, disturbi dello spettro autistico e disturbi del linguaggio e dell’apprendimento. Tali condizioni in psichiatria sono elencate come disturbi, ma oggi il dibattito scientifico è molto acceso sul concetto di neurodiversità e il punto centrale della neuropsicologia è il riconoscimento dell’unicità assoluta del cervello della persona, oltre la sua diagnosi. Questa discussione scientifica che si è creata in parallelo alla rivisitazione della classificazione diagnostica, ha portato i neuropsichiatri ad interrogarsi sul significato della nozione di sviluppo, mettendo in campo nuove azioni che propongano non solo training delle abilità e terapie, ma la promozione dell’identità personale. Questa può svilupparsi solo in contesti concreti nei quali un soggetto sia riconosciuto per quello che è e non solo per la diagnosi che ha. In questa ottica è nato il percorso Un posto per essere, che ha visto l’impegno dell’équipe scientifica ed educativa di Progetto Crescere e la collaborazione dei ragazzi e delle loro famiglie. L’esperienza fatta di incontri e relazioni autentiche tra operatori e ragazzi, ha permesso di superare insieme il concetto di classificazione diagnostica, per concentrarsi sull’identità personale, sul benessere e sul desiderio del racconto di se stessi. Quello che abbiamo sperimentato con i ragazzi è che se un contesto “ti prende sul serio”, accogliendo i tuoi significati in qualità di persona, è possibile realizzare situazioni che una certa letteratura definisce come “fine della disabilità”».
Per Angela Scarano, neuropsichiatra infantile di Progetto Crescere, «tutto è iniziato da un’esperienza messa in campo dagli educatori della Cooperativa che, nei confronti di ragazzi con diagnosi di disturbo del neurosviluppo, in un percorso di doposcuola proposto dalla Cooperativa stessa, hanno deciso di attivare una nuova modalità di relazione che si concentra non tanto sull’etichetta diagnostica, quanto sullo stare insieme partendo dall’accoglienza della persona in quanto tale. In questa dimensione che come équipe medica abbiamo accolto e stimolato, i dati ci hanno confermato, con soddisfazione delle famiglie, quanto avevamo già ipotizzato a livello scientifico, ovvero il fatto che si può attuare un sistema di cura più ampio, che prenda in considerazione non tanto la mancanza di abilità della persona come esito di una diagnosi, quanto il bisogno di esprimersi dell’essere umano, dello stare insieme agli altri e del costruire un luogo di amicizia e di ascolto reciproco in cui si è pensati e voluti. Questo approccio ha portato ad un miglioramento relazionale da parte dei ragazzi con disturbi dell’apprendimento, permettendo loro di accedere con autonomia ad uno spazio dell’essere che ha potenziato prima di tutto le loro capacità personali, anche a livello scolastico».
«Lo sguardo iniziale che noi educatori poniamo su questi ragazzi – conclude Luca Zizzi, educatore di Progetto Crescere – non segue un protocollo con domande specifiche e non si rivolge tanto al profilo funzionale della persona, quanto al suo desiderio. Se in un intervento educativo incontro un bambino, non mi fermo inizialmente a chiedere se sa leggere o se ha particolari difficoltà, che certamente potrebbe anche avere, ma gli domando prima di tutto che cosa desidera fare e perché. C’è quindi una domanda che non ha confini e che risponde a un desiderio e non al bisogno. L’elemento di novità del percorso è anche quello di porre domande di questo tipo in un luogo in cui siamo soliti fare domande specialistiche. La dimensione dell’apprendimento, della crescita e dello sviluppo, infatti, se non parte da una domanda sul desiderio non si attiva». (Alberto Sabatini)
A questo link è disponibile il programma completo del seminario del 26 settembre a Reggio Emilia e anche una scheda sulla Cooperativa Progetto Crescere. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: info@progettocrescere.re.it.
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