La vicenda – che nelle scorse settimane ha avuto le prime pagine dei giornali locali – riguardante la riduzione di organico della scuola speciale dell’Infanzia e Primaria del Centro Bignamini di Falconara Marittima (Ancona) della Fondazione don Gnocchi, ci sembra meritare alcune riflessioni. Lo facciamo anche in relazione alle tante prese di posizione sulla necessità di sostenere realtà come questa.
Nessun giudizio sulle scelte e sulle richieste dei genitori coinvolti: è legittimo che ognuno compia per i propri figli le scelte che ritiene migliori per loro. Ma, a seguito del dibattito pubblico che è scaturito sulla “vicenda Bignamini”, vi sono, in particolare, due questioni che riteniamo fondamentale mettere all’attenzione.
La prima è che l’inclusione delle persone con disabilità nella scuola di tutti è una conquista di civiltà irrinunciabile che dev’essere perseguita con rinnovato impegno, assicurando a tutti gli alunni il diritto all’educazione e istruzione.
La ricorrenza dei quarantuno anni della Legge 517/77 (“Legge Falcucci”), che sancisce il diritto di tutti i bambini con disabilità all’integrazione scolastica e la chiusura delle classi differenziali, va celebrata rimuovendo tutte le difficoltà che impediscono la piena inclusione nella scuola di tutti. Enormi sono i problemi che la scuola si trova ad affrontare al fine di garantire un’inclusione non formale ma sostanziale (adeguatezza di personale docente: curricolare e di sostegno, formazione degli insegnanti, numero alunni per classe, continuità didattica ecc.), ma non può e non deve essere messa in discussione la scelta dell’inclusione nella scuola di tutti.
La seconda questione è che va respinta con forza ogni equazione volta a identificare grave disabilità con scuola speciale (ricordiamo in proposito la sentenza della Corte Costituzionale 215/87). Ciò segnerebbe infatti l’inaccettabile ritorno ad una logica di esclusione e separazione che deve irrevocabilmente appartenere al passato. Non è una questione ideologica: lo dobbiamo innanzitutto alle tante persone (familiari, insegnanti, educatori, dirigenti) che in questi quarant’anni hanno consentito a tantissime persone con disabilità complessa di crescere insieme ai loro coetanei, frequentando le stesse scuole. Quello che sappiamo è che ogni scuola può (deve?!) divenire una scuola inclusiva ovvero in grado di offrire una proposta educativa all’altezza dei bisogni e dei diritti di ogni bambino e ogni ragazzo, con e senza disabilità.
Se dunque è comprensibile la difficoltà e il disorientamento delle famiglie, allo stesso modo alle Istituzioni tutte è chiesto di lavorare perché nella scuola di tutti vengano date le risposte di cui ogni alunno ha necessità e diritto. È per altro auspicabile che l’impegno dei tanti rappresentanti istituzionali venga assunto anche per assicurare gli alunni con disabilità che frequentano la scuola di tutti il pieno diritto allo studio. Una responsabilità, auspichiamo, che tutti gli attori in gioco, vorranno assumere, senza esitazione.
Suggeriamo anche la lettura dell’ampio contributo, sul medesimo tema, prodotto per il Gruppo Solidarietà da Andrea Canevaro, professore emerito di Pedagogia all’Università di Bologna, dal titolo Alleanze virtuose per una prospettiva inclusiva (a questo link).
Per eventuali ulteriori approfondimenti: grusol@grusol.it.