È scomparso nei giorni scorsi Aldo Pacifici, già docente universitario di Storia e Politica Monetaria, che fondò il Centro di Audiofonologopedia di Roma, oltre ad essere stato, nella prima metà degli Anni Novanta, uno dei fondatori della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo qui di seguito il ricordo di Pietro Barbieri.
Ci sono cose di cui non si vorrebbe mai pensare. Figuriamoci scriverne. Si vorrebbe semplicemente chiudersi nella gentile disperazione dei ricordi con i pochi amici che sanno. Che hanno vissuto ciò che oggi è una fotografia sfocata dei fax con i quali ci mandavamo le bozze dello statuto della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e del CND (Consiglio Nazionale sulla DSisabilità), i primi comunicati contro l’attacco all’indennità di accompagnamento (!), le proposte per la formazione degli insegnanti curricolari (!!), e l’articolato delle prime proposte per il superamento dell’interdizione (!!!).
Aldo Pacifici era uno di noi. Di quel gruppo che fu etichettato come quelli che «in tre nun ne fanno uno bono». Di quel gruppo che mise assieme culture, territori e disabilità diverse, nel nome dei diritti delle persone con disabilità alle quali dare una voce unitaria e forte.
Aldo era un liberale borghese che non faceva un passo indietro, che rispettava le altre culture dei leader di allora, la cattolica democratica, la radicale libertaria, la socialista riformista, la comunista migliorista e quella operaista. I leader che vivevano la disabilità in prima persona o come familiari, che non avevano tessere in tasca, ma una decisa e autentica ispirazione culturale e politica, grazie alla quale era possibile superare il “manuale cencelli” della disabilità, talvolta preda persino di curvature conflittuali della più squallida guerra plebea.
È stato un privilegio ascoltare le disquisizioni dotte di quei dibattiti, anche quando si accendevano come tra Aldo e Bruno [Bruno Tescari, N.d.R.]. È stato tenero giocare all’ironia con Aldo, un omone in carrozzina con una cultura aulica profonda e una capacità di ridere di se stesso e ipso facto di noi altri. Mai prendersi troppo sul serio. Con i compagni di viaggio non c’era alcuna barriera sociale. Era l’obiettivo che ci accomunava e con l’obiettivo il rigore culturale dell’approccio. Ci si accontentava di un pezzo di pizza fredda e stantia, e poi generosamente si andava avanti.
Fu il precursore per il diritto alla vita indipendente delle persone con disabilità uditiva che non volevano vincoli, senza l’interprete dei segni, bensì semplicemente parlare e ascoltare come chiunque altro. Fu tra i primi che posero con forza l’intero tema del “Dopo di Noi”, del cosa fare delle persone con disabilità cognitive quando le energie dei genitori vengono a esaurirsi, dei loro patrimoni e della loro tutela legale. Fu tra i primi a vedere l’immensa occasione della strategia dei diritti umani e del susseguente dibattito europeo che diede poi vita al Trattato di Nizza e alle clausole antidiscriminatorie.
Fu anche e soprattutto un complice, dal momento stesso in cui dichiarò lealmente il suo voto contrario alla mia prima candidatura alla presidenza della FISH, e lealmente fu al mio fianco dal giorno dopo in ogni battaglia. Altra stagione, altra cultura.
Fummo complici sul mal d’India e del Kerala, un’insana passione per quei luoghi, quelle persone, quei sapori e quegli odori. Un luogo dell’anima, la nostra carezza antropologica, in fondo un vezzo e un sentimento.
Grazie Aldo, magister vitae.
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